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Domenica di Pentecoste anno c Se mi amate, osserverete i miei Comandamenti

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Domenica di Pentecoste anno c

Se mi amate, osserverete i miei Comandamenti

Dal Vangelo secondo Giovanni (14,15-16.23-26)
Se mi amate, osserverete i miei Comandamenti. Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia Parola e il Padre mio lo amerà e Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio Nome, Egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che Io vi ho detto. Parola del Signore.

Sequenza
Vieni, Santo Spirito,
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.
Vieni, padre dei poveri,
vieni, datore dei doni,
vieni, luce dei cuori.
Consolatore perfetto,
ospite dolce dell’anima,
dolcissimo sollievo.
Nella fatica, riposo,
nella calura, riparo,
nel pianto, conforto.
O luce beatissima,
invadi nell’intimo
il cuore dei tuoi fedeli.
Senza la tua forza,
nulla è nell’uomo,
nulla senza colpa.
Lava ciò che è sórdido,
bagna ciò che è árido,
sana ciò che sánguina.
Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
drizza ciò che è sviato.
Dona ai tuoi fedeli,
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.
Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna.

Beata Vergine Maria di Fatima

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Era il 13 maggio 1917 quando Lucia, Francesco e Giacinta, tre ragazzi di 10, 9 e 7 anni di un paesino di nome Fatima in Portogallo, videro su un leccio «una signora tutta vestita di bianco, più splendente del sole».

Il suo volto era molto bello, dalle mani giunte in atto di preghiera pendeva il rosario. La bianca Signora chiese ai ragazzi di tornare in quel luogo ogni tredici del mese da maggio a ottobre. Nel corso delle apparizioni la Vergine, tramite i ragazzi, invitò pressantemente gli uomini alla preghiera, alla conversione e alla penitenza.

La Madonna rivelò inoltre tre segreti da far conoscere a tempo opportuno. I primi due riguardavano i ragazzi stessi, due dei quali, Francesco e Giacinta, furono presto chiamati alla casa del Padre. Il terzo segreto, invece, venne messo per iscritto da suor Lucia nel 1944 e venne reso pubblico nell’anno 2000 per volontà di Giovanni Paolo II, che all’intercessione della Madonna di Fatima attribuiva la sua sopravvivenza all’attentato del 13 maggio 1981.

Secondo quanto scriveva suor Lucia, la Madonna fece vedere ai ragazzi l’orrore dell’inferno per mostrare il pericolo che incombeva sugli uomini. Vi si poteva sfuggire diffondendo nel mondo la devozione al cuore immacolato di Maria, che sconfiggerà i persecutori della Chiesa che uccidono il Papa, i vescovi, i fedeli.

Il cuore immacolato di Maria è totalmente impregnato dell’atteggiamento di accettazione del piano di Dio. La devozione al cuore immacolato significa accogliere e far proprio il piano di salvezza di Dio. È questo, secondo quanto scrisse l’allora cardinal Ratzinger, il senso vero del segreto e delle apparizioni di Fatima.

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CONSACRAZIONE AL CUORE IMMACOLATO della B.V. MARIA di FATIMA

Vergine Santa, Madre di Gesù e Madre nostra, che sei apparsa a Fatima ai tre pastorelli per recare al mondo un messaggio di pace e di salvezza, io mi impegno ad accogliere questo tuo messaggio.

Mi consacro oggi al tuo Cuore Immacolato, per appartenere così più perfettamente a Gesù. Aiutami a vivere fedelmente la mia consacrazione con una vita tutta spesa nell’amore di Dio e dei fratelli, sull’esempio della tua vita.

In particolare Ti offro le preghiere, le azioni, i sacrifici della giornata, in riparazione dei peccati miei e degli altri, con l’impegno di compiere il mio dovere quotidiano secondo la volontà del Signore.

Ti prometto di recitare ogni giorno il Santo Rosario, contemplando i misteri della vita di Gesù, intrecciati ai misteri della tua vita.

Voglio vivere sempre da vero figlio tuo e cooperare perchè tutti Ti conoscano e amino come Madre di Gesù, vero Dio e unico nostro Salvatore. Così sia. Ave Maria Cuore Immacolato di Maria, prega per noi.

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SUPPLICA ALLA MADONNA DI FATIMA
per il 13 Maggio e il 13 Ottobre ore 12

O Vergine Immacolata, in questo giorno solennissimo, e in quest’ora memoranda, in cui apparendo per l’ultima volta nelle vicinanze di Fatima a tre innocenti pastorelli, vi dichiaraste per la Madonna del Rosario e diceste d’essere venuta appositamente dal cielo per esortare i cristiani a cambiar vita, a far penitenza dei peccati e a recitare ogni giorno il S. Rosario, noi animati dalla vostra bontà veniamo a rinnovarVi le nostre promesse, a protestarVi la nostra fedeltà e ad umiliarVi le nostre suppliche. Volgete, o Madre amatissima, su di noi il vostro sguardo materno ed esauditeci. Ave Maria

1 O Madre nostra, nel vostro Messaggio ci avete prevenuti: «Una propaganda empia diffonderà nel mondo i suoi errori, suscitando guerre e persecuzione alla Chiesa. Molti buoni saranno martirizzati. Il S. Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno annientate». Tutto purtroppo si va tristamente verificando. La S. Chiesa, nonostante le immense effusioni di carità sulle miserie accumulate dalle guerre e dall’odio, viene combattuta, oltraggiata, coperta di scherno, impedita nella sua divina missione. I fedeli con parole mendaci, ingannati e travolti nell’errore dai senza Dio. O Madre tenerissima, pietà di tanti mali, date forza alla S. Sposa del vostro Divin Figliolo, che prega, combatte e spera. Confortate il S. Padre; sostenete i perseguitati per la giustizia, date coraggio ai tribolati, aiutate i Sacerdoti nel loro ministero, suscitate anime d’Apostoli; rendete fedeli e costanti tutti i battezzati; richiamate gli erranti; umiliate i nemici della Chiesa; conservate i fervorosi, rianimate i tiepidi, convertite gli infedeli. Salve Regina

2 O Madre benigna, se l’umanità si è allontanata da Dio, se errori colpevoli e perversioni morali col disprezzo dei divini diritti e l’empia lotta contro il S. Nome, hanno provocato la Divina Giustizia, noi non siamo senza colpa. La nostra vita cristiana non è ordinata secondo gli insegnamenti della Fede del Vangelo. Troppa vanità, troppa ricerca del piacere, troppa dimenticanza dei nostri eterni destini, troppo attaccamento a ciò che passa, troppi peccati, hanno giustamente fatto gravare su di noi il pesante flagello di Dio. Diradate, o Madre, le tenebre del nostro intelletto, corroborate le nostre fiacche volontà, illuminateci, convertiteci e salvateci.

E pietà vi prenda anche delle nostre miserie, dei nostri dolori e dei nostri disagi per la vita quotidiana. O Madre buona, non guardate i nostri demeriti, ma la materna vostra bontà e venite in nostro soccorso. Otteneteci il perdono dei nostri peccati e dateci il pane per noi e le nostre famiglie: pane e lavoro, pane e tranquillità per i nostri focolari, pane e pace imploriamo dal vostro Cuore materno. Salve Regina

3 Si ripercuote nell’anima nostra il gemito del Vostro Cuore Materno: «Bisogna che si emendino, che domandino perdono dei peccati, che non offendano più Nostro Signore, che è già tanto offeso. Sì, è il peccato, causa di tante rovine. è il peccato che rende infelici i popoli e le famiglie, che semina di spine e di lacrime il sentiero della vita. O Madre buona, noi qui ai vostri piedi ne facciamo una promessa solenne e fervorosa. Ci pentiamo delle nostre colpe e siamo confusi nel terrore dei mali meritati in vita e nell’eternità. E invochiamo la grazia della S. Perseveranza nel buon proposito. Custoditeci nel vostro Cuore Immacolato per non cadere in tentazione. è questo il rimedio di salvezza che ci avete indicato. «Il Signore per salvare i peccatori, vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato».

Dunque al Vostro Cuore Immacolato Dio ha affidato la salvezza del nostro secolo. E noi in questo Cuore Immacolato ci rifugiamo; e vogliamo che tutti i nostri fratelli erranti e tutti gli uomini vi trovino asilo e salvezza. Sì, o Vergine Santa, trionfate nei nostri cuori e fateci degni di cooperare ai trionfi del vostro Cuore Immacolato nel mondo. Salve Regina

4 Permetteteci, o Vergine Madre di Dio, che noi rinnoviamo in questo momento la nostra Consacrazione e quella delle nostre famiglie. Sebbene tanto deboli noi promettiamo che lavoreremo, con l’aiuto Vostro, affinché tutti si consacrino al vostro Cuore Immacolato, che specialmente… (Trani) nostra diventi tutta un trionfo con la Comunione riparatrice nei primi sabati, con la consacrazione delle famiglie dei cittadini, con il Santuario, che dovrà sempre ricordarci le materne tenerezze della vostra Apparizione a Fatima.

E rinnovate su di noi e su questi nostri desideri e voti, quella materna Benedizione che ascendendo verso il Cielo, donaste al mondo.

Ascensione del Signore 2016 ANNO C

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Ascensione del Signore 2016 anno c

Io mando su di voi Colui che il Padre mio ha promesso

Dal Vangelo secondo Luca (24,46-53)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo Nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, Io mando su di voi Colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in Cielo. Ed essi si prostrarono davanti a Lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

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Gesù dopo la risurrezione, nei 40 giorni che rimase ancora in terra, confortò gli Apostoli e con diverse prove li convinse di essere veramente risuscitato. Li istruì intorno al regno di Dio, sul modo di come vivere, e di salvare le anime. Avvicinandosi il giorno dell’addio: «Bisogna che me ne vada, disse, perchè se io non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore». Ordinò quindi agli Apostoli che dalla Galilea si recassero a Gerusalemme.

Il momento solenne era vicino.

Fece con essi il banchetto d’addio, durante il quale apri loro maggiormente le menti, mostrando ad essi come la Sacra Scrittura parla di Cristo, della sua passione, morte e risurrezione. Comandò di predicare il Vangelo, e li mandò ad annunziare il regno di Dio a tutte le genti.

Finita la sua istruzione si incamminò, seguito dagli Apostoli e Discepoli, al monte dell’ascensione. Giunto alla vetta, diede l’addio alla Madre, alle pie donne, a tutti i presenti, e alzando il braccio li benedisse.

Mentre li benediceva, per propria virtù si alzò verso la maestà dei cieli davanti a quegli occhi che meravigliati lo guardavano, finchè una nube lo nascose.

Stavano ancora inginocchio e con gli occhi rivolti al cielo meravigliati e commossi, quando comparve un Angelo giulivo in volto e dall’aspetto maestoso dicendo: « O uomini di Galilea, che state a guardar in cielo? Quello stesso Gesù che fu tolto a voi, ritornerà nella stessa gloria con cui sali».

Gli Apostoli a quell’avviso ritornarono a Gerusalemme comprendendo le parole che Gesù aveva detto: « Vado a preparare un luogo per voi. Vi manderò il Consolatore».

Oggi la celebriamo una delle sue feste più belle del cristianesimo. Gesù non salì al cielo solo per ricevere la corona della virtù, ma anche per preparare un posto per noi. Il cielo è la nostra patria, non questa misera terra!

Alziamo gli occhi, contempliamo come è meraviglioso quel cielo! Lassù Gesù sale per prepararci un posto. Egli ci attende: non badiamo alle difficoltà, ma ricordiamo che non i pigri ma i violenti lo rapiscono, cioè quelli che lottando vincono se stessi.

Il cielo s’acquista combattendo le nostre passioni, la nostra carne, la malvagia inclinazione al male.

Nei momenti in cui ci sembrerà di esser sopraffatti dal male, quando intorno a noi sarà buio, alziamo gli occhi e le mani al Cielo, chiedendo aiuto a Colui che è la luce che rischiara le tenebre, a Colui che è nostro Re, nostro Salvatore, nostro Avvocato e nostro Mediatore; egli ci libererà.

PRATICA. Pensiamo sovente alla nostra vera, eterna patria, il paradiso.

PREGHIERA. Deh! concedi, Dio onnipotente, che come crediamo che il tuo Unigenito, nostro Redentore, è asceso al cielo, così anche noi con la mente abitiamo in cielo.

Venerdì – IV Settimana di Pasqua 2016 c

Io sono la via la verità e la vita

Venerdì –  IV Settimana di Pasqua 2016 c

Abbiate Fede in Dio e abbiate fede anche

 

TESTO: –
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate Fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono Io siate anche voi. E del luogo dove Io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la Via, la Verità e la Vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me». Parola del Signore.

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RIFLESSIONI

Sorprende la domanda di Tommaso dopo avere ascoltato per tre anni gli insegnamenti di Gesù: “Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?”. Una domanda che trova sicuramente comprensione per la sua mancata assimilazione della nuova dottrina rivelata dal Signore.

Anche Tommaso, o forse soprattutto Tommaso, non poteva in così poco tempo comprendere la rivelazione del Messia, già era tanto averlo accolto, seguito, e avere obbedito alle sue parole. Di più non riusciva a fare, anche per la poca disponibilità a mettersi in discussione e a lasciarsi prendere dalla Parola rivelata dal Figlio di Dio.

Lui aveva bisogno di tempo per elaborare tutto quello che era avvenuto in quei tre anni più intensi della sua e della vita degli Apostoli.

Però ognuno di noi è aiutato da duemila anni di storia del Cristianesimo e può conoscere le meraviglie compiute da Gesù, raccontate da milioni di scrittori e di omelie che i grandi Santi predicavano nelle piazze affollate e nelle Chiese. Omelie raccolte e negli ultimi secoli pubblicate per la nostra formazione e anche gioia.

Solo Tommaso pone questa domanda che lascia Gesù amareggiato, forse anche nei cuori degli altri dieci c’era l’incertezza del luogo e di come ricongiungersi dopo avere ascoltato queste parole: “Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono Io siate anche voi. E del luogo dove Io vado, conoscete la via”.

Se escludiamo il traditore a cui non importava più nulla del Figlio di Dio perché aveva preparato un suo piano, gli altri undici sono più o meno sorpresi, però tutti tranne Tommaso si fidano del Signore e la sua Parola è già sufficiente.

Il dubbio manifestato da Tommaso è grave ma Gesù lo perdona, però nella prima apparizione agli Apostoli mancherà proprio Tommaso, considerato da Gesù ancora non degno di vederlo insieme agli altri. Dovrà compiere sforzi personali, dovrà riflettere sulle parole degli altri, pieni di gioia per la conferma arrivata dalla visione del Maestro.

Non è grave se un dubbio sulla Parola di Dio arriva alla mente, lo è quando lo accogliamo e dubitiamo con lucida convinzione. La mancanza di Fede è rivolta in ultima analisi al Signore, ogni dubbio su qualcosa presente nel Vangelo è indirizzato a Colui che lo ha rivelato.

Chi rimane nel dubbio non solo non crescerà mai interiormente, ma cadrà di continuo e arriverà a non pregare più o a farfugliare le preghiere. Quindi, qui trionfa la mancanza di fiducia in Gesù, anche se non espressa o non ravvisata lucidamente. Ma l’anima che ha assorbito anche un solo dubbio, è spiritualmente come atrofizzata.

I Dodici dovevano rimanere tranquilli e pieni di gioia ascoltando le parole di Gesù, non solo per milioni di prove che Egli aveva dato nei tre anni di vita comune, anche per le parole introduttive che dice prima di affermare che andava e ritornava e che loro conoscevano la via.

All’inizio afferma: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate Fede in Dio e abbiate Fede anche in me”. Già queste parole sono straordinariamente sufficienti per abbandonarsi e credere che nulla è impossibile a Gesù e che Lui mantiene sempre le sue promesse.

Invece Tommaso non comprese perché si era applicato poco agli insegnamenti di Gesù.

Se noi ci fidiamo poco di Gesù, ci comportiamo da perfetti estranei e Lui non ascolta le nostre biascicate preghiere. Non le può ascoltare perché la condizione è la Fede in Lui, credere che Lui è veramente Dio e tutto quello che ha rivelato nel Vangelo è autenticamente divino!

Quindi dobbiamo conoscere bene la Santissima Umanità di Cristo, meditando con attenzione il Vangelo. Dobbiamo riprodurre la Vita di Cristo nella nostra vita. Ma ciò non è possibile se non attraverso la conoscenza di Cristo, che si acquista leggendo e rileggendo la Sacra Scrittura e meditandola assiduamente nella preghiera.

Non è sufficiente avere un’idea generica dello Spirito di Gesù; bisogna imparare da Lui dettagli e atteggiamenti. E, soprattutto, bisogna contemplare il suo passaggio sulla terra, le sue orme, per trarne forza, luce, serenità, pace.

Quando si ama una persona si desidera sapere anche i minimi particolari della sua esistenza, del suo carattere, per avvicinarsi il più possibile a lei. Per questo dobbiamo meditare la storia di Gesù, dalla nascita nel Presepe fino alla Morte e alla Risurrezione.

Per leggere e meditare il Santo Vangelo con profitto dobbiamo farlo con Fede, sapendo che contiene la Verità salvifica.

Vogliamo identificarci con il Signore, perché la nostra vita, che si svolge tra varie attività, sia un riflesso della sua!

VI DOMENICA DI PASQUA ANNO C

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VI DOMENICA DI PASQUA ANNO C

Lo Spirito Santo vi ricorderà tutto ciò che Io vi ho detto.

+Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 14.23-29

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se uno mi ama, osserverà la mia Parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la Parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio Nome, Lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che Io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, Io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che Io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto

V DOMENICA DI PASQUA ANNO C

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Vi do un Comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri.

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 13.31-35)

Quando Giuda fu uscito dal Cenacolo, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’Uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in Lui. Se Dio è stato glorificato in Lui, anche Dio Lo glorificherà da parte sua e Lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un Comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come Io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». Parola del Signore.

IV DOMENICA DI PASQUA ANNO C Dal Vangelo secondo Giovanni (10.27-30)

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Dal Vangelo secondo Giovanni 10,27-30

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e Io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola»

III DOMENICA DI PASQUA ANNO C

LA PESCA MIRACOLOSA

LA PESCA MIRACOLOSA

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 21.1-19)

In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma in quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi il camiciotto, poiché era spogliato, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: infatti non erano lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso or ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatre grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», poiché sapevano bene che era il Signore. Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce. Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti. Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, Tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Gli rispose: «Certo, Signore, Tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci le mie pecorelle». Gli disse per la terza volta: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: «Signore, Tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecorelle. In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi». Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: «Seguimi». Parola del Signore.

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In questa terza apparizione agli Apostoli troviamo molti insegnamenti che arrivano non solo dalle parole di Gesù ma anche dai suoi gesti. Questa apparizione è ancora più emozionante ed intensa delle due precedenti: avviene mentre stavano pescando ed erano intenti a lavorare.

Mi colpisce enormemente la bontà di Gesù, in questa circostanza mostra una dolcezza e una pazienza a tutti noi impenetrabili. È Dio già per questi atteggiamenti, nessun uomo avrebbe reagito allo stesso modo dopo l’abbandono degli amici più fidati e il rinnegamento di colui che era stato designato Capo di tutti gli altri.

Gesù ha pienamente perdonato il comportamento dei suoi anche se qualcosa la chiarisce con Pietro, un chiarimento che richiede le tre professioni di Fede dell’Apostolo e la comprensione che non c’è un solo momento in cui si deve rinnegare Dio, scegliendo altro.

Questa apparizione ha dei contorni che impressionano e che danno la certezza che Gesù è Risorto ed è Dio. Gli Apostoli erano impegnati inutilmente nella pesca e qui si nota l’assenza del Signore, essi contavano sulla propria esperienza e non si ricordarono di pregare e di chiedere aiuto a Dio.

Trascorrevano le ore senza pescare un solo pesciolino, quando apparve Gesù e disse cosa fare, “gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”, la pesca fu abbondantissima come mai era avvenuto prima.

Qui si nota che Gesù ci è sempre vicino anche se non si vede e che insieme a Lui si compiono grandi opere.

II DOMENICA DI PASQUA O DELLA DIVINA MISERICORDIA (ANNO C)

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Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 20.19-31

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. Parola del Signore.

Sequenza

Alla vittima pasquale,
s’innalzi oggi il sacrificio di lode.
L’Agnello ha redento il suo gregge,
l’Innocente ha riconciliato
noi peccatori col Padre.

Morte e Vita si sono affrontate
in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto;
ma ora, vivo, trionfa.

«Raccontaci, Maria:
che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente,
la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni,
il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto:
precede i suoi in Galilea».

Sì, ne siamo certi:
Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso,
abbi pietà di noi.

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Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre.

Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».

La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo.

Dio di eterna misericordia,
che nella ricorrenza pasquale
ravvivi la fede del tuo popolo,
accresci in noi la grazia che ci hai dato,
perché tutti comprendiamo l’inestimabile ricchezza
del Battesimo che ci ha purificati,
dello Spirito che ci ha rigenerati,
del Sangue che ci ha redenti.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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DOMENICA DELLE PALME Lc 22.14-23.56 2016 ANNO C

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PASSIONE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO SECONDO LUCA
(Lc 22.14-23.56)

Quando venne l’ora, Gesù prese posto a tavola e gli apostoli con Lui, e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché Io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo passare tra voi, perché Io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio».

Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».

«Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola. Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell’uomo dal quale egli viene tradito!». Allora essi cominciarono a domandarsi l’un l’altro chi di loro avrebbe fatto questo.

E nacque tra loro anche una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande. Egli disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure Io sto in mezzo a voi come colui che serve. Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e Io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me, perché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno. E siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.

Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma Io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli». E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte». Gli rispose: «Pietro, Io ti dico: oggi il gallo non canterà prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi».

Poi disse loro: «Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». Risposero: «Nulla». Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché Io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: “E fu annoverato tra gli empi”. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento». Ed essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli disse: «Basta!».

Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».

Mentre ancora egli parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?». Allora quelli che erano con Lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?». E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. Ma Gesù intervenne dicendo: «Lasciate! Basta così!». E, toccandogli l’orecchio, lo guarì. Poi Gesù disse a coloro che erano venuti contro di Lui, capi dei sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: «Come se fossi un ladro siete venuti con spade e bastoni. Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete mai messo le mani su di me; ma questa è l’ora vostra e il potere delle tenebre».

Dopo averlo catturato, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. Avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno; anche Pietro sedette in mezzo a loro. Una giovane serva lo vide seduto vicino al fuoco e, guardandolo attentamente, disse: «Anche questi era con Lui». Ma egli negò dicendo: «O donna, non lo conosco!». Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei uno di loro!». Ma Pietro rispose: «O uomo, non lo sono!». Passata circa un’ora, un altro insisteva: «In verità, anche questi era con Lui; infatti è Galileo». Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.

E intanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo deridevano e lo picchiavano, gli bendavano gli occhi e gli dicevano: «Fa’ il profeta! Chi è che ti ha colpito?». E molte altre cose dicevano contro di Lui, insultandolo.

Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i capi dei sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al loro Sinedrio e gli dissero: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi». Rispose loro: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma d’ora in poi il Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio». Allora tutti dissero: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli rispose loro: «Voi stessi dite che Io lo sono». E quelli dissero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca».

Tutta l’assemblea si alzò; lo condussero da Pilato e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re». Pilato allora lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna». Ma essi insistevano dicendo: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui». Udito ciò, Pilato domandò se quell’uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l’autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.

Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da Lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell’accusarlo. Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di Lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia.

Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: «Mi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’Uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in Lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.

Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di Lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?».

Insieme con Lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori. Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero Lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.

Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è Lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di Lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità Io ti dico: oggi con me sarai nel Paradiso».

Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.

(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)

Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest’uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo.

Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del Sinedrio, buono e giusto. Egli non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Era di Arimatèa, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio. Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. Era il giorno della Parascève e già splendevano le luci del sabato. Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto. Parola del Signore.

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Il racconto fatto da San Luca sulla Passione del Signore, al pari degli altri Evangelisti, presenta innumerevoli spunti di meditazione personale, ed è fruttuoso rivederli personalmente, quindi, soffermarsi direttamente sul Vangelo e cercare di tirare fuori suggerimenti che si devono tramutare in propositi per il cambiamento della propria vita.

La lettura attenta di questi due capitoli non può che commuovere e fa provare verso Gesù una pietà enorme, perché volontariamente si sottopose a questo supplizio, dopo che per tre anni aveva subito tante altre violenze morali e accuse inenarrabili.

In una occasione sfogò tutta la sua delusione mentre guardava dall’alto Gerusalemme e rifletteva sul disprezzo che era stato riversato su di Lui. “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco: la vostra casa vi sarà lasciata deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più finché non direte: Benedetto Colui che viene nel nome del Signore!” (Mt 23,37-39).

Ed infatti non andò più nella città per la contrarietà nei suoi confronti, considerato come un reietto per la sua Parola veritiera e non veniva accolta perché richiamava ad una vita virtuosa e interiore, mettendo da parte i rituali esteriori che nascondevano solo molta ipocrisia.

Ritornò a Gerusalemme la domenica delle Palme, quando mostrò con la sua entrata messianica la profezia di Isaia, e l’ingresso su un asino fu sorprendentemente festeggiato da innumerevoli cittadini di Gerusalemme, che avevano ritrovato la memoria… ricordando i miracoli compiuti dal Messia che umilmente faceva l’ingresso su un asinello.

Gesù conosceva molto bene la volubilità della gente, non provava alcuna gioia profonda anche davanti ai tappeti che mettevano sulle strade dove passava Lui. L’essere umano è sempre volubile fino a quando non blocca la sua esuberanza sulla Parola di Dio e comincia a vivere osservandola fedelmente.

Gesù sapeva che dopo pochi giorni Lo avrebbero crocifisso proprio questi che cantavano inni biblici inneggiando al Messia!

Non sorprendiamoci quando veniamo colpiti da attacchi imprevisti, spesso da persone insospettabili come familiari, parenti e conoscenti.

Se non hanno incontrato il Volto amabile di Gesù, essi non hanno la serenità e l’equilibrio per gestire le loro tendenze istintive. Si lasciano prendere dall’emotività del momento e mostrano sempre comportamenti ora di adulazione ora di maledizione.

Questa domenica delle Palme ci insegna che anche Dio incarnato ha patito in modo infinito l’instabilità umana e non si è abbattuto, non si è scoraggiato anche se nell’orto degli Ulivi ha sentito nella Carne quello che di tremendo avrebbe patito dopo alcune ore e superò quel pensiero spaventoso che invece avrebbe traumatizzato tutti noi.

Gesù disse al Padre che quel calice era davvero troppo pesante per la sua innocente Carne ma per amore di ognuno di noi l’accettò!

Oggi dobbiamo chiederci cosa facciamo noi per Gesù, in che modo ricambiamo l’Amore che ci ha mostrato nella sua Passione.

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DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI (Gv 4,43-54 ) ANNO C GESU’ RITORNA IN GALILEA

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DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI (Gv 4,43-54 )  ANNO C GESU’ RITORNA IN GALILEA

Va’, tuo figlio vive.

In quel tempo, Gesù partì dalla Samarìa per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei Lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa. Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafarnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da Lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea. Parola del Signore

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Dopo avere trascorso alcuni giorni a Gerusalemme, Gesù intraprende un viaggio difficile per ritornare in Galilea, nella sua terra, senza considerare che nel suo paese avevano cercato di buttarlo giù dal monte e che quasi tutti gli erano contro. Ma Gesù deve ritornare in quella zona per portare l’annuncio di salvezza a tutti.

Avviene qualcosa di sorprendente, perché in Galilea questa volta c’è euforia quando Lo vedono, sono felici e compiaciuti di averlo con loro, quindi, qualcosa nel frattempo era avvenuta.

“Lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa”.

Dalla prima visita fatta da Gesù a Nazareth è cambiato l’atteggiamento dei galilei perché a Gerusalemme avevano assistito ai suoi miracoli, avevano ascoltato i suoi meravigliosi insegnamenti ma, soprattutto, avevano assistito compiaciuti che Lo consideravano un grande Profeta e qualcuno anche il Messia atteso.

I galilei cambiano opinione su Gesù perché in qualche modo la sua missione nobilita anche loro, essendo della stessa regione.

Però Gesù lascia Gerusalemme scontento, ha trovato cuori induriti e una mancata voglia di accogliere il Messia atteso. Avverte nei suoi confronti il dubbio e già conosce quale atteggiamento avranno scribi e farisei verso Lui.

Comunque, l’accoglienza peggiore l’aveva ricevuta a Nazareth e adesso si reca lì vicino a predicare.

Qui troviamo l’Uomo Gesù che soffre per l’inizio delle persecuzioni nei suoi confronti, sono ancora tribolazioni ed angherie deboli e incerte, ma Lui coglie perfettamente l’indisponibilità di molti cuori induriti e accecati dalla lebbra del peccato.

In questa situazione Gesù cerca amici con cui confidarsi, non per trovare consolazione ma per esprimere la sua delusione ed ascoltare da qualcuno che Lo ama e crede fermamente in Lui. Questo vuole sentire Gesù dagli adoratori dell’Eucaristia, del Sacramento dell’Amore che contiene Corpo, Sangue, Anima e Divinità del Signore.

È un momento straordinario della giornata quando ci si reca davanti al Tabernacolo e si parla a cuore aperto con Gesù, innanzitutto si ringrazia e si esprime con Fede la certezza della sua presenza viva e vera, poi si ascolta in silenzio quanto Lui ci dice, anche se non si coglie immediatamente il senso. Nei momenti di necessità emergeranno le sue parole.

Gesù ha incontrato molte delusioni, il suo pane è fatto di avvilimenti e amarezze per la falsità di quanti Lo perseguitano!

È vero che tornando in Galilea trova molta accoglienza, non è però quella che desidera Lui. Non vedono in Lui il Salvatore ma è anche vero che ha iniziato da poco la sua missione. L’atto di Fede richiesto dal Signore è quello che compie “un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafarnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da Lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire”.

La richiesta dell’uomo contiene una Fede iniziale e Gesù fa presente che per credere fermamente tutti vogliono vedere segni. “Se non vedete segni e prodigi, voi non credete”. Il funzionario del re non cerca però segni, crede che Gesù può salvare suo figlio e con molta fiducia esplode in una supplica: “Signore, scendi prima che il mio bambino muoia”.

Questa è vera Fede, è la certezza che Gesù può salvare suo figlio e viene accolta pienamente perché il Signore vuole guarire tutti!

Gesù gli rispose: “Va, tuo figlio vive”. «Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: “Tuo figlio vive!”». Le stesse parole.

Basta poco per far intervenire Gesù e ricevere grandi Grazie, ma dobbiamo coltivare una forte Fede in Lui, occorre quindi fare spazio nel nostro cuore ed eliminare quanto si oppone a Lui, vincere quelle debolezze che ci fanno perdere pure l’autostima, perché Dio ci ama uno ad uno e ci vuole ricolmare di doni spirituali!

IV DOMENICA DI QUARESIMA ANNO C (DOMENICA LAETARE) DAL VANGELO SECONDO LUCA (Lc 15.1-3.11-32)

IV DOMENICA DI QUARESIMA ANNO C (DOMENICA LAETARE) DAL VANGELO SECONDO LUCA (Lc 15.1-3.11-32)

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Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita.

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”». Parola del Signore

III DOMENICA DI QUARESIMA ANNO C

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Dal Vangelo secondo Luca 13,1-9

In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest’anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai».

II DOMENICA DI QUARESIMA ANNO C

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Mentre Gesù pregava, il suo volto cambiò d’aspetto.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 9,28-36)

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con Lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con Lui. Mentre questi si separavano da Lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per Te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto. Parola del Signore

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Il Monte Tabor non ci viene presentato per descriverci solo quanto è avvenuto con la Trasfigurazione di Gesù. Non è solo questo importante quando si racconta questo elevato evento, questo è il principale e dimostrativo della Divinità del Signore.

È importante la Trasfigurazione di Gesù perché manifesta a tre Apostoli la sua vera identità, avvalorata dall’apparizione di due autorevoli personaggi del mondo antico, vissuti molti secoli prima e considerati nell’ebraismo come rappresentanti principali della Legge e dei Profeti.

Se dobbiamo focalizzare la nostra attenzione sulla Trasfigurazione di Gesù, la quale ci indica che Lui è veramente Dio con il rafforzamento dell’affermazione del Padre eterno: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!”, dobbiamo capire perché la Chiesa ci presenta questo episodio nel periodo di Quaresima.

Il cammino quaresimale non ci dice di guardare quanto è avvenuto al Signore per amore nostro mentre noi continuiamo una vita dissipata o poco attenta alla spiritualità del Vangelo. La Quaresima è l’invito ad ognuno di noi di salire il Tabor e di trasfigurarci, con uno stile di vita nuovo, improntato sulla verità e l’essenzialità.

La Quaresima deve aiutarci a salire questo Monte dove avverrà la nostra trasfigurazione, perchè non avviene nulla se si rimane sordi alla voce di Dio che ci interpella ed invita a liberarci delle zavorre che appesantiscono e a diventare spiritualmente leggeri.

Il Tabor è, quindi, il nostro obiettivo, più che cercare nel mondo la vera felicità, alziamo gli occhi in alto e guardiamo la meta santa.

In questo periodo di Quaresima molti credenti possono anche ingannarsi in buonafede, quando compiono alcuni riti di penitenza o sacrifici impegnativi, ma non si guardano dentro, non fanno l’esame di coscienza e non riescono a focalizzare quei vizi che li danneggiano e non permettono ad essi di elevarsi spiritualmente verso l’alto.

In Quaresima oltre le opere indicate da compiere, c’è l’anima da considerare meglio.

La Quaresima ci mostra il Tabor e il Calvario, due Monti importanti nella vita di Gesù e che ognuno di noi deve considerare con molta attenzione. Siamo chiamati a vivere nella gloria eterna ma dobbiamo trasfigurarci salendo il duro versante del Tabor, un cammino che è pieno di gioia ma insieme al sacrificio, alla rinuncia di qualcosa. D’altronde, quando si vogliono ottenere buoni risultati nella vita bisogna sempre fare delle rinunce.

Sul Tabor ci si arriva facendo pure delle rinunce, alleggerendoci dalla pesantezza dei peccati e delle inclinazioni negative, aiutati dalla Maestra di perfezione che è la Madonna, perché da soli è impossibile arrivare in alto.

Infatti i grandi Santi della storia sono  innamorati della Madonna, suoi imitatori e consacrati a Lei.

Mentre il Calvario lo incontriamo nella vita di tutti i giorni, perché nemici, traditori, bugiardi ed ipocriti se ne trovano a iosa!

La liturgia però ci presenta il Tabor all’inizio di Quaresima e poi nella Settimana Santa il Calvario, perché è sicuramente possibile vivere una vita nella gioia nonostante le persecuzioni, le cattiverie, i tradimenti, i bugiardi, i diffamatori, i cattivi figli di satana.

Se ci impegniamo ogni giorno nella salita del Tabor, sapremo sopportare con gioia le prove, e perdoneremo quelli che ci crocifiggono e ci fanno assaporare anche per lunghi anni l’amarezza del Calvario.

Nessuno può sfuggire dal Calvario, anzi i non credenti e quanti non pregano, hanno molte più sofferenze perché i diavoli con essi fanno quello che vogliono. Sono uomini dediti ai piaceri, alle inclinazioni più animali, si preoccupano solamente di raggiungere i loro obiettivi passando sopra i cadaveri di amici e anche dei familiari.

L’apparente e inutile illusione dei non credenti è la libertà di agire nel peccato e di non avere limiti, di non dover dare conto a nessuno della loro lussuria e l’avidità del denaro. Hanno però tante sofferenze che cercano di mascherare ma si illudono perché soffocano qualche sofferenza e fuoriescono altre forme di sofferenze.

Tutti nella vita incontriamo il Calvario e Dio non ha alcuna responsabilità, ma solo quelli che fanno l’esperienza del Tabor vincono e sono felici anche nelle dure prove, nelle sofferenze profonde, nelle persecuzioni dei nemici maliziosi.

Se vivremo come ci indica Gesù, ci riempiremo sempre della sua gioia e della pace, trasfigurandoci e Lui ci donerà la gloria eterna. Continua a leggere

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

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Domenica 7 febbraio 2016

Lasciarono tutto e lo seguirono.

+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc 5,1-11)

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la Parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Genèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e Lo seguirono. Parola del Signore

LA CONVERSIONE DI SAN PAOLO APOSTOLO

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OGGI 25 GENNAIO RICORDIAMO

LA CONVERSIONE DI SAN PAOLO APOSTOLO

Uno dei più gloriosi trionfi della grazia divina è senza dubbio la conversione di S. Paolo.

S. Paolo chiamato Saulo era ebreo della tribù di Beniamino. Apparteneva, come il padre, alla setta dei farisei: setta la più rigorosa, ma nello stesso tempo la più recalcitrante alla grazia di Dio.

I suoi genitori lo mandarono per tempo a Gerusalemme, alla scuola di Gamaliele, celebre dottore in legge. Sotto questa sapiente guida. Saulo si abituò alla più esatta osservanza della legge mosaica. Questo zelo fu quello appunto che fece di Saulo il persecutore più terribile dei primi seguaci di Gesù.

Lo vediamo nella lapidazione di Stefano custodire le vesti dei lapidatori, non potendo far altro, non avendo l’età prescritta; egli stesso però lapidava nel suo cuore, non solo Stefano, ma tutti i Cristiani, avendo in mente una sola cosa: sradicare dalle fondamenta il Cristianesimo e propagare in tutto il mondo il Giudaismo.

Con questo zelo quindi non vi è niente da stupire se fu uno dei più fieri, anzi il più terribile ministro della persecuzione che infierì contro i Cristiani di Gerusalemme e ben presto fece scomparire i Cristiani che colà si trovavano; ma non pago di ciò, chiese lettere autorizzative, per poter fare strage dei Cristiani rifugiatisi in Damasco. Qui però il Signore l’attendeva: qui la grazia divina doveva mostrare la sua potenza.

Eccolo sulla via di Damasco, accompagnato da arcieri, spirante furore e vendetta. Ma d’improvviso, mentre galoppa, una luce fulgida lo accieca; una forza misteriosa lo sbalza da cavallo ed egli ode una voce dal cielo che gli grida: « Saulo, perchè mi perseguiti? ».
— Chi sei tu? — risponde Saulo, meravigliato e spaventato ad un tempo.
Ed il Signore a lui:
— Io sono quel Gesù che tu perseguiti.
— Che vuoi ch’io faccia, o Signore?
— chiede Saulo interamente mutato dalla grazia.
— Va’ in Damasco
— gli risponde il Signore colà ti mostrerò la mia volontà.

Saulo si alza, ma essendo cieco, si fa condurre a Damasco, dove rimane tre giorni in rigoroso digiuno e in continua orazione. Al terzo giorno Anania, sacerdote della Chiesa Damascena, per rivelazione di Dio, si porta nel luogo dove si trova Saulo, lo battezza e gli ridona la vista. Da quel momento Paolo è mutato da feroce lupo in docile agnello : la grazia di Dio opera in lui per formare il vaso di elezione, l’Apostolo delle genti.

Paolo, docile ai voleri di Dio, tanto crebbe nell’amore di Gesù, che arrivò a dire: « Chi mi separerà dalla carità del mio Gesù? forse la persecuzione? la fame? i sacrifici o la morte? Ah, no, né la vita, né la morte, né il presente, né il futuro saranno capaci di separarmi da quel Gesù per cui vivo, per cui lavoro e col quale sono crocifisso. Egli sarà la mia corona perché non sono io che vivo ma è Gesù che vive in me ».

Dio, che con la predicazione del beato apostolo Paolo hai istruito il mondo intero, deh! fa’ che, mentre oggi veneriamo la sua conversione, per i suoi esempi veniamo a te.

GESU’ CHIAMA GLI APOSTOLI

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CHIAMÒ A SÉ QUELLI CHE VOLEVA PERCHÉ STESSERO CON LUI.

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 3,13-19)

In quel tempo, Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da Lui. Ne costituì Dodici -che chiamò Apostoli-, perché stessero con Lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demoni. Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè “figli del tuono”; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi Lo tradì. Parola del Signore

RIFLETTIAMO

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Diversamente da quanto accade nelle altre religioni, nel Cristianesimo è Gesù che chiama, sceglie, invia il tocco che illumina i cuori.

Gesù ha sempre bisogno di collaboratori, ma non viene richiesta solo la presenza fisica, semmai questa è secondaria, ciò che determina la vera sequela del Signore è la buona volontà, un cuore puro. Lui non ha bisogno di numeri, cerca la qualità, ma non tutti i chiamati sono sulla via della perfezione né i chiamati devono illudersi di essere già perfetti.

Duemila anni fa e oggi è sempre indispensabile la collaborazione di uomini e donne toccate dalla Grazia di Dio per annunciare il Vangelo dove è loro possibile, a cominciare dalla famiglia. Molti giovani non vivono bene perché non hanno ricevuto insegnamenti religiosi, non hanno visto buoni esempi di preghiera e di vita virtuosa.

Più delle prediche sono importanti i buoni esempi, le testimonianze di vita evangelica.

Le parole devono seguire le opere, altrimenti gli altri pensano che si predica bene e si razzola male.

La chiamata alla salvezza eterna è universale ma moltissimi si rifiutano di osservare le Leggi di Dio e si prefiggono un cammino improntato sulle ideologie inventate dagli uomini e dalla ricerca dei piaceri e dei divertimenti idolatrici.

La società è infettata dalla ricerca dei divertimenti come unico fine della vita, li trasformano in divinità nel senso che pensano solo ai divertimenti esagerati ma non trovano mai il senso della vita.

I cristiani autentici ed equilibrati si divertono eccome, ma non sono immobilizzati sulla ricerca ansiosa di soddisfare i capricci umani.

Ognuno di noi o è padrone della sua volontà o è schiavo delle sue passioni disordinate.

Molti cristiani si ritrovano a metà e non conoscono il modo per uscire dal guado. Non sono impantanati nella melma e hanno tutte le possibilità per vincere le inclinazioni al peccato. È un impegno concreto e non si può improvvisare. Nulla è irreparabile trattandosi della vita spirituale.
Non tutti i Santi erano già eroici nelle virtù prima di iniziare il cammino di santità. Anche se questo cammino che punta alla santità è nelle corde di tutti, perché è facile praticare le virtù quando c’è il buon proposito e la decisione di praticare il Vangelo per vivere bene.
Tutti noi siamo stati scelti per aiutare Gesù nell’opera di evangelizzazione, secondo le capacità, il tempo, la possibilità. Nella Chiesa ci sono persone con preparazioni e caratteri diversi, ma non c’è ancora la perfezione e questo ci dice che bisogna avere comprensione dell’altro.
Sono uniti dalla Persona di Gesù, vivono l’esperienza di essere chiamati e amati, per restare con il Signore, i Sacerdoti anche per predicare e cacciare i demoni. Ciò che deve far parte della nostra formazione religiosa è la condizione: noi siamo discepoli di Gesù Cristo Come discepoli vogliamo restare vicini a Gesù, sia con la preghiera del cuore, fatta di atti di amore in qualsiasi momento della giornata, sia con la visita in Chiesa a Lui che ci aspetta nel Tabernacolo.
Siamo discepoli e viviamo con Gesù, siamo consapevoli che rimane accanto a noi, ci conosce perfettamente, ci guarda e ascolta.
Proponiamoci di migliorare il nostro stato di discepoli con la buona volontà di compiere in tutte le circostanze un apostolato per Gesù.

NON SON VENUTO A CHIAMARE I GIUSTI MA I PECCATORI

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I SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO 2016 (ANNO C)

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 2,13-17)

In quel tempo, Gesù uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e Lo seguì. Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che Lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori». Parola del Signore

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Quando fisicamente si sta bene non c’è necessità di ricorrere dal medico, non si fa uso di medicine e quasi sempre non si pensa più a qualche malattia superata in passato. Questo succede a tutti, più o meno c’è questo atteggiamento nell’essere umano.

Riconosciamo che quando tutto sembra andare bene, quando non c’è una discreta vigilanza personale, il comportamento è più disinibito, si attua un agire disinvolto. Nel bene e nel male questo comportamento arreca degli effetti che variano secondo la spiritualità e il controllo che ha ognuno su di sé.

Quando le cose vanno bene, non si cerca Gesù con umiltà e docilità. È una verità che dispiace ma corrisponde alla verità.

Quasi tutti i credenti agiscono in buonafede, non c’è una studiata volontà di ignorare il Signore o di farsi beffa. Solitamente il cristiano si rinchiude in se stesso, disinteressato ed estraneo a ciò che succede intorno a lui.

Gesù ebbe amici, come quelli di Betania, dai quali è invitato o si fa invitare in varie occasioni. Conta amici a Gerusalemme, quelli che gli prestano una sala per celebrare la Pasqua con i suoi discepoli, ed è in tale confidenza con chi gli presta l’asinello per l’ingresso solenne a Gerusalemme, che i discepoli possono prelevarlo senza chiedere alcun permesso.

Gesù mostrò di apprezzare molto la famiglia, luogo dove specialmente si devono esercitare tutte le virtù che la convivenza richiede, e dove si vive la prima e fondamentale relazione sociale. Così ce Lo presentano gli anni di vita nascosta a Nazareth, dei quali l’Evangelista sottolinea, più che tanti piccoli avvenimenti che avrebbe potuto narrarci, il fatto che Gesù Bambino stava sottomesso ai genitori.

Gesù è un esempio luminoso per noi che dobbiamo imparare a convivere con tutti, superando i loro difetti, le idee e i differenti modi di essere. Dobbiamo imparare da Lui a essere persone aperte, capaci di vera amicizia, disposte sempre a comprendere e a perdonare.

Quindi, un cristiano, se davvero segue Gesù, non può ritirarsi in se stesso e disinteressarsi degli altri e di quanto succede intorno a lui.

IL BATTESIMO DI GESÙ 2016 ANNO C

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Mentre Gesù, ricevuto il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 3,15-16.21-22)

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». Parola del Signore

EPIFANIA DEL SIGNORE 6 GENNAIO 2016 (ANNO C)

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Siamo venuti dall’Oriente per adorare il Re.

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 2,1-12)

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è Colui che è nato, il Re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul Bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il Bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il Bambino con Maria sua Madre, si prostrarono e Lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese. Parola del Signore

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Il Vangelo che oggi meditiamo è molto commovente, essa ci fornisce indicazioni molto importanti su Gesù, sua Madre Maria, l’adorazione di tre pagani arrivati dal lontano Oriente, la persecuzione presente fin dalla nascita di Gesù, la stella che guida i tre importanti personaggi.

Per noi la Stella che ci conduce al porto sicuro, alla vera spiritualità, è Maria Sua e nostra madre, la Stella del nostro cammino spirituale.

La prima considerazione viene guardando il Bambino, Dio in un Corpo umano, lo Spirito divino agisce adesso in un Uomo.

Egli pur avendo un piccolo Corpo è in realtà l’Eterno; anche se non fa udire la voce e non parla è la Parola di Dio; anche se non cammina ancora è l’Essere infinito presente ovunque; pur non vedendo perché piccolissimo è dall’eternità Colui che tutto vede e tutto conosce.

Il Bambino appena nato potrebbe già parlare correttamente l’ebraico e tutti i dialetti della regione, ma Dio volle sottomettersi e rispettare la naturale crescita fisica, senza anticipare i tempi.

Quel visino sorridente e un po’ sorpreso, era di Colui che aveva lasciato i Cieli per partecipare alla vita umana e riportare l’amicizia tra il Padre suo e l’umanità.

Questo Bambino è di colore roseo ed è bellissimo, Lo attende il colore rosso del suo Sangue che coprirà il Volto Santo.

Questo Bambino che ride e piange perché ha fame, essendo Dio già conosce tutto, sia il suo futuro che la storia di ognuno che verrà.

Dinanzi a Lui bisogna genuflettersi come fecero i tre Magi, come hanno fatto da duemila anni tutte le anime devote. I Magi fecero un lunghissimo viaggio per vedere il Bambino, noi con gli occhi della Fede vediamo che quel Bambino è presente nell’Eucaristia e noi Lo adoriamo con piena convinzione.

Questo è il tempo di pregare con maggiore fervore, di avvicinarci a Gesù con fiducia e amore perché tra i capi delle Nazioni comincia a circolare voce sulla necessità di iniziare una grande guerra. Iniziative che non possono venire da Dio.

Non  ci rendiamo conto di quanto è vicino Gesù alla nostra vita. Cerchiamo la gioia dove non c’è e ignoriamo l’Eucaristia.

Come i Magi che adorano il Bambino perché Lo considerano il Messia, anche noi dobbiamo riconoscerlo come il Signore e Salvatore. Il Gesù presente nell’Eucaristia è lo stesso che quei saggi videro tra le braccia di Maria. Noi sappiamo che è Dio e i miracoli compiuti lo attestano.

Chiediamoci oggi, con quale devozione e riverenza lo adoriamo.

I Magi “aprirono i loro scrigni e gli offrono in dono oro, incenso e mirra”. I doni più preziosi dell’Oriente, quanto esiste di più prezioso per Dio. Gli offrono oro simbolo di regalità. Insieme a l’oro gli offriamo l’incenso, il profumo che, bruciato ogni sera sull’altare, simboleggiava la speranza del Messia.

E, insieme ai Re Magi, offriamo anche mirra, perché Dio incarnato prenderà su di sé le nostre miserie, si farà carico dei nostri dolori.

Abbiamo molti motivi per ringraziare Gesù quotidianamente. Chiediamogli tutto quello che ci necessita e preghiamo per l’Italia e per il mondo.

PRESENTAZIONE DI GESU’ AL TEMPIO

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LUCE PER RIVELARTI ALLE GENTI.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2,22-35)

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la Legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il Bambino Gesù a Gerusalemme per presentarlo al Signore -come è scritto nella Legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore»- e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il Bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli Lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da Te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».

Il Padre e la Madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di Lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua Madre, disse: «Ecco, Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione -e anche a Te una spada trafiggerà l’anima-, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». Parola del Signore

RIFLETTIAMO

“Il Padre e la Madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di Lui”.  Lo stupore di Maria e Giuseppe era di incanto verso il Bambino Gesù, perché la Vergine aveva sentito personalmente dall’Arcangelo Gabriele l’Onnipotenza del Bambino e non poteva affatto scoprire nelle parole degli altri uomini, anche di Simeone, una Verità che già conservava nel suo Cuore.

In Lei cresceva l’ammirazione verso suo Figlio, questo era lo stupore della Madonna, stupore che deve colpire anche noi quando meditiamo la vita di Gesù e consideriamo i suoi portentosi miracoli.

Se non nasce in noi questo stupore inteso come meraviglia, miracolo, bellezza, entusiasmo, sorpresa verso il Signore, c’è da migliorare.

Il Bambino che contempliamo in questi giorni nel Presepe è il Redentore del mondo e di ciascun uomo. È venuto, anzitutto, per darci la vita eterna, come preludio già della nostra esistenza terrena e come possesso pieno dopo la morte.

Si fa Uomo per convertire i cuori, per salvare ciò che era perduto, per dare la propria vita in riscatto di molti.

Il mondo oggi si trova in piena agonia morale per la lontananza da Gesù, per il rifiuto del suo Vangelo, per l’orgoglio e l’egoismo.

I grandi problemi sociali che affliggono l’umanità non potranno essere risolti senza il ricorso alla Legge di Dio, è questa l’unica soluzione.

La vera e ultima soluzione perché giustizia e pace si istaurino nel mondo risiede nel cuore umano. Infatti l’uomo, quando si allontana da Dio, costituisce se stesso in fonte di schiavitù radicale dell’altro uomo, e sottopone i suoi simili a ogni sorta di oppressione.

Pertanto non possiamo dimenticare in alcun momento che quando -attraverso l’apostolato personale- procuriamo di rendere più cristiano il mondo intorno a noi, stiamo allo stesso tempo trasformandolo in un mondo più umano.

E, quando facciamo in modo che l’ambiente in cui viviamo -sociale, familiare, lavorativo- sia più giusto e umano, stiamo creando le condizioni perché Gesù Cristo sia più facilmente conosciuto ed amato.

Può dirsi di noi che, nell’ambiente sociale e professionale, stiamo costruendo davvero, con parole e con fatti, un mondo più giusto e più umano?

LA SACRA FAMIGLA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE

Gesù cresceva in sapienza, età e Grazia davanti aDio e agli uominianta famigliaGesù dodicenne al tempio. Duccio di Buoninsegna, Duomo di Siena.

Gesù è ritrovato dai genitori nel tempio in mezzo ai maestri.

Dal Vangelo secondo Luca  (Lc 2,41-52)

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando Egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che Egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di Lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni Lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua Madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e Io, angosciati, Ti cercavamo». Ed Egli rispose Loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che Io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto Loro. Scese dunque con loro e venne a Nazareth e stava Loro sottomesso. Sua Madre custodiva tutte queste cose nel suo Cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e Grazia davanti a Dio e agli uomini. Parola del Signore.

RIFLETTIAMO

Il Figlio di Dio viene sulla terra per parlarci del Padre, per indicarci la via del Cielo, per donarci la sua Grazia e fare una nuova Alleanza con l’umanità.

Gesù, in molte circostanze precisa che Lui è vento per dare compimento all’Antico testamento. Infatti in molte occasioni prima di esprimere un concetto o precisare un insegnamento, afferma: “È stato detto…” (Lc 4,12). “Ma Io vi dico…” (Mt 5,22).

Giuseppe è stato un grande Uomo, non solo per la bontà. Grande per la sua capacità di attendere gli eventi quando si accorse che Maria era incinta e non vivevano ancora insieme. Dopo il comprensibile turbamento e la decisione di allontanarla senza comprometterla con accuse pubbliche, intervenne Dio e nel sogno comprese qual era la sua missione.

Fu Lui a ricevere il messaggio circa il Nome da porre a al Bambino: “Tu Lo chiamerai Gesù”. Anche gli avvisi riguardanti la protezione del Figlio: “Alzati, prendi con te il Bambino e sua Madre e fuggi in Egitto”. “Alzati, prendi con te il Bambino e sua Madre e và nel paese d’Israele”.

Gesù da Giuseppe imparò il mestiere, il modo di guadagnarsi la vita. E non avrà certo mancato di contraccambiarlo con l’ammirazione e l’affetto. Da Maria apprese la lingua, la cadenza e quei detti popolari pieni di saggezza che più tardi userà nella predicazione.

Fra Giuseppe e Maria c’era un santo affetto, spirito di servizio, comprensione e desiderio di rendersi felici reciprocamente.

Questa è la Famiglia ideale, il modello per ogni famiglia cristiana, e se si cominciano ad imitare le Loro virtù, diventa benedetta.

Bisogna conoscere i componenti della Santa Famiglia, ognuno è chiamato a meditare ogni giorno sul ruolo che deve svolgere, se padre, madre, figlio/a, e fissare lo sguardo interiore sul modello di riferimento e studiare le sue virtù, come parlava, come fare per rendere soprannaturale ogni opera.

Così è la Famiglia di Gesù: sacra, santa, esemplare, modello di virtù umane, disposta a compiere con perfezione la volontà di Dio.

Ogni casa cristiana deve essere a misura di quello di Nazareth: un luogo dove Dio possa essere presente, al centro dell’amore che tutti hanno l’uno verso l’altro. È così la nostra famiglia? Le riserviamo il tempo e l’attenzione che merita? Gesù è al centro? Ci dedichiamo generosamente agli altri?

Potendo scegliere, Dio Padre stabilì una Famiglia Santa, una Trinità terrena con suo Figlio che era anche Figlio di Maria.

Gesù volle iniziare la Redenzione del mondo nel seno di una famiglia semplice, normale. La prima realtà che Gesù ha santificato con la sua presenza è stata una famiglia. Nulla di straordinario accadde in quegli anni a Nazareth, dove Gesù trascorse la maggior parte della vita.

L’episodio del Vangelo di oggi bisogna valutarlo con attenzione e con un ragionamento che valuta le consuetudini osservate durante il pellegrinaggio a Gerusalemme. Si dividevano in tre gruppi: uomini, donne e bambini. Questa la ragione dell’allontanamento indisturbato di Gesù appena dodicenne, senza avvisare nessuno.

Valutiamo adesso alcune parole nel loro reale significato. La prima osservazione è la domanda della Madre: “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e Io, angosciati, Ti cercavamo”. Si comprende che la Vergine è impressionata e commossa perché Gesù mai aveva preso iniziative personali e l’allontanamento senza avvisarla è stata una sorpresa.

“…perché ci hai fatto questo?”. Qui c’è il quasi infinito amore della Madre di Dio verso l’unico interesse della sua vita: Dio!

La risposta di Gesù non viene interpretata correttamente da molti teologi, in essa vi trovano argomenti per sminuire la Maternità divina della Madonna e minimizzano il suo ruolo. “Perché mi cercavate? Non sapevate che Io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”.

Maria e Giuseppe sapevano molto bene che Gesù doveva occuparsi delle cose di suo Padre, ma non sapevano del suo allontanamento e la ricerca per alcuni giorni Li ha prostrati. Gesù vuole anche tranquillizzarli con la domanda “Perché mi cercavate?”. Secondo Lui non occorreva preoccuparsi del suo allontanamento perché non era solo un dodicenne, era l’Eterno in un Corpo di un dodicenne.

Se in questa risposta si nota una certa autonomia di Gesù dodicenne, subito dopo leggiamo che “scese dunque con loro e venne a Nazareth e stava Loro sottomesso”.  Questo grande equilibrio di Gesù, autonomia per volere del Padre e obbedienza alla Madre e a Giuseppe, ci deve far riflettere sulle opere che compiamo.

Lui agiva perfettamente perché era Dio, noi dobbiamo imitarlo nelle opere umane che ha compiuto e in ogni virtù praticata da Lui.

Chiediamo a Lui il suo Spirito Divino per compiere ogni opera nel modo e nei tempi giusti.

È molto importante il discernimento, la Luce interiore che ci indirizza verso la scelta migliore per compiere la volontà di Dio.

IV DOMENICA DI AVVENTO 2015 (ANNO C)

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A CHE COSA DEVO
CHE LA MADRE DEL MIO SIGNORE VENGA DA ME?

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 1,39-45
In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore».

Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta

Corrispondenza nell’“Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta
Volume 1 Capitolo 45 pagina 281

Sono in un luogo montagnoso. Non sono grandi monti ma neppur più colline. Hanno gioghi e insenature da vere montagne, quali se ne vedono sul nostro Appennino tosco-umbro. La vegetazione è folta e bella e vi è abbondanza di fresche acque, che mantengono verdi i pascoli e ubertosi i frutteti, che sono quasi tutti coltivati a meli, fichi e uva: intorno alle case questa.
La stagione deve essere primavera, perché i grappoli sono già grossetti, come chicchi di veccia, e i meli hanno già legati i fiori che ora paiono tante palline verdi verdi, e in cima ai rami dei fichi stanno i primi frutti ancora embrionali, ma già ben formati. I prati, poi, sono un vero tappeto soffice e dai mille colori. Su essi brucano le pecore, o riposano, macchie bianche sullo smeraldo dell’erba.
Maria sale, col suo ciuchino per una strada abbastanza in buono stato, che deve essere la via maestra. Sale, perché il paese, dall’aspetto abbastanza ordinato, è più in alto. Il mio interno ammonitore dice: “Questo luogo è Ebron”. Non so se sia “Ebron” tutta la zona o “Ebron” il paese.
Ecco che Maria entra nel paese. Delle donne sulle porte -è verso sera- osservano l’arrivo della forestiera e spettegolano fra di loro. La seguono con l’occhio e non hanno pace sinché non La vedono fermarsi davanti ad una delle più belle case, sita in mezzo del paese, con davanti un orto-giardino e dietro e intorno un ben tenuto frutteto, che poi prosegue in un vasto prato, che sale e scende per le sinuosità del monte e finisce in un bosco di alte piante, oltre il quale non so che ci sia.
Tutto è recinto da una siepe di more selvatiche o di rose selvatiche. Non distinguo bene, perché il fiore e la fronda di questi spinosi cespugli sono molto simili e, finché non c’è il frutto sui rami, è facile sbagliarsi. Sul davanti della casa, sul lato perciò che costeggia il paese, il luogo è cinto da un muretto bianco, su cui corrono dei rami di veri rosai, per ora senza fiori ma già pieni di bocci. Al centro un cancello di ferro, chiuso. Si capisce che è la casa di un notabile del paese e di persone benestanti, perché tutto in essa mostra, se non ricchezza e sfarzo, agiatezza certo. E molto ordine.
Maria scende dal ciuchino e si accosta al cancello. Guarda fra le sbarre. Non vede nessuno. Allora cerca di farsi sentire. Una donnetta, che più curiosa di tutte L’ha seguita, Le indica un bizzarro utensile che fa da campanello. Sono due pezzi di metallo messi a bilico di una specie di giogo, i quali, scuotendo il giogo con una fune, battono fra di loro col suono di una campana o di un gong.
Maria tira, ma così gentilmente che il suono è un lieve tintinnio, e nessuno lo sente.
Allora la donnetta, una vecchietta tutta naso e bazza e con una lingua che ne vale dieci messe insieme, si afferra alla fune e tira, tira, tira. Una suonata da far destare un morto.
“Si fa così, donna. Altrimenti come fate a farvi sentire? Sapete, Elisabetta è vecchia e vecchio Zaccaria. Ora poi è anche muto, oltre che sordo. Sono vecchi anche i due servi, sapete? Siete mai venuta? Conoscete Zaccaria? Siete…”.
A salvare Maria dal diluvio di notizie e di domande, spunta un vecchietto arrancante, che deve essere un giardiniere o un agricoltore, perché ha in mano un sarchiello e legata alla vita una roncola. Apre, e Maria entra ringraziando la donnetta, ma…. ahi! lasciandola senza risposta. Che delusione per la curiosa! Appena dentro, Maria dice:
“Sono Maria di Gioacchino e di Anna, di Nazareth. Cugina dei padroni vostri”.
Il vecchietto si inchina e saluta, e poi dà una voce, chiamando: “Sara! Sara!” e riapre il cancello per prendere il ciuchino rimasto fuori, perché Maria, per liberarsi della appiccicosa donnetta, è sgusciata dentro svelta svelta, e il giardiniere, svelto quanto Lei, ha chiuso il cancello sul naso della comare. E, intanto che fa passare il ciuco, dice:
“Ah! gran felicità e gran disgrazia a questa casa! Il Cielo ha concesso un figlio alla sterile, l’Altissimo ne sia benedetto! Ma Zaccaria è tornato, sette mesi or sono, da Gerusalemme, muto. Si fa intendere a cenni o scrivendo. L’avete forse saputo? La padrona mia vi ha tanto desiderata in questa gioia e in questo dolore! Sempre parlava con Sara di voi e diceva:
“Avessi la mia piccola Maria con me! Fosse ancora stata nel Tempio! Avrei mandato Zaccaria a prenderla. Ma ora il Signore L’ha voluta sposa a Giuseppe di Nazareth. Solo Lei poteva darmi conforto in questo dolore e pregare Dio, perché Ella è tutta buona. E nel Tempio tutti la rimpiangono.
La passata festa, quando andai con Zaccaria per l’ultima volta a Gerusalemme a ringraziare Iddio d’avermi dato un figlio, ho sentito le sue maestre dirmi:
“Il Tempio pare senza i cherubini della gloria da quando la voce di Maria non suona più fra queste mura”.
“Sara! Sara! È un poco sorda la donna mia. Ma vieni, vieni, ché ti conduco io”.
Invece di Sara, spunta sul sommo di una scala, che fiancheggia un lato della casa, una donna molto vecchiotta, già tutta rugosa e brizzolata intensamente nei capelli, che prima dovevano essere nerissimi perché ha nerissime anche le ciglia e le sopracciglia, e che fosse bruna lo denuncia il colore del volto. Contrasto strano con la palese vecchiezza è il suo stato già molto palese, nonostante le vesti ampie e sciolte.
Guarda facendosi solecchio con la mano. Riconosce Maria. Alza le braccia al cielo in un: “Oh!” stupito e gioioso, e si precipita, per quanto può, incontro a Maria. Anche Maria, che è sempre pacata nel muoversi, corre, ora, svelta come un cerbiatto, e giunge ai piedi della scala quando vi giunge anche Elisabetta, e Maria riceve sul cuore con viva espansione la sua cugina, che piange di gioia vedendola.
Stanno abbracciate un attimo e poi Elisabetta si stacca con un: “Ah!” misto di dolore e di gioia, e si porta le mani sul ventre ingrossato. China il viso impallidendo e arrossendo alternativamente. Maria e il servo stendono le mani per sostenerla, perché ella vacilla come se si sentisse male.
Ma Elisabetta, dopo esser stata un minuto come raccolta in sé, alza un volto talmente radioso che pare ringiovanito, guarda Maria sorridendo con venerazione come vedesse un Angelo, e poi si china in un profondo saluto dicendo:
“Benedetta tu fra tutte le donne! Benedetto il Frutto del tuo seno! (dice così: due frasi ben staccate). Come ho meritato che venga a me, tua serva, la Madre del mio Signore? Ecco, al suono della tua voce il bambino m’è balzato in seno come per giubilo e quando t’ho abbracciata lo Spirito del Signore mi ha detto altissime verità al cuore.
Te beata, perché hai creduto che a Dio fosse possibile anche ciò che non appare possibile ad umana mente!
Te benedetta, che per la tua Fede farai compiere le cose a Te predette dal Signore e predette dai Profeti per questo tempo!
Te benedetta, per la Salute che generi alla stirpe di Giacobbe!
Te benedetta, per aver portato la Santità al figlio mio che, lo sento, balza come un capretto festante, di giubilo, nel mio seno, perché si sente liberato dal peso della colpa, chiamato ad esser colui che precede, santificato prima della Redenzione dal Santo che cresce in Te!”.
Maria, con due lacrime che scendono come perle dagli occhi che ridono alla bocca che sorride, col volto levato al cielo e le braccia pure levate, nella posa che poi tante volte avrà il suo Gesù, esclama:
“L’anima mia magnifica il suo Signore” e continua il cantico così come è stato tramandato.
Alla fine al versetto: “Ha soccorso Israele suo servo, ecc.” raccoglie le mani sul petto e si inginocchia molto curva a terra, adorando Dio.
Il servo, che si era prudentemente eclissato quando aveva visto che Elisabetta non si sentiva male, ma che anzi confidava il suo pensiero a Maria, torna dal frutteto con un imponente vecchio tutto bianco nella barba e nei capelli, il quale con grandi gesti e suoni gutturali saluta di lontano Maria.
“Zaccaria giunge” dice Elisabetta, toccando sulla spalla la Vergine assorta in preghiera.
“Il mio Zaccaria è muto. Dio lo ha colpito per non aver creduto. Ti dirò poi. Ma ora spero nel perdono di Dio, poiché tu sei venuta. Tu, piena di Grazia”.
Maria si leva e va incontro a Zaccaria e si curva davanti a lui fino a terra, baciandogli il lembo della veste bianca che lo copre sino al suolo. È molto ampia, questa veste, e tenuta a posto alla vita da un alto gallone ricamato. Zaccaria, a gesti, dà il benvenuto e insieme raggiungono Elisabetta ed entrano tutti in una stanza terrena molto ben messa, nella quale fanno sedere Maria e le fanno servire una tazza di latte appena munto -ha ancora la spuma- e delle piccole focacce.
Elisabetta dà ordini alla servente, finalmente comparsa con le mani ancora impastate di farina e i capelli ancor più bianchi di quanto non siano per la farina che vi è sopra. Forse faceva il pane. Dà ordini anche al servo, che sento chiamare Samuele, perché porti il cofano di Maria in una camera che gli indica. Tutti i doveri di una padrona di casa verso la sua ospite.
Maria risponde intanto alle domande, che Zaccaria le fa scrivendole su una tavoletta cerata con uno stilo. Comprendo dalle risposte che egli Le chiede di Giuseppe e del come si trova sposata a lui. Ma comprendo anche che a Zaccaria è negata ogni luce soprannaturale circa lo stato di Maria e la sua condizione di Madre del Messia. È Elisabetta che, andando presso il suo uomo e posandogli con amore una mano sulla spalla, come per una casta carezza, gli dice:
“Maria è Madre Ella pure. Giubila per la sua felicità”.
Ma non dice altro. Guarda Maria. E Maria la guarda, ma non l’invita a dire di più, ed ella tace.

Estratto di “l’Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

III DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C) DOMENICA GAUDETE

1367022355456-Benito_ManuelE NOI CHE COSA DOBBIAMO FARE?

Dal Vangelo secondo Luca Lc 3,10-18

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
Parola del Signore.

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SANTA LUCIA VERGINE E MARTIRE

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SANTA LUCIA
VERGINE E MARTIRE

Lucia nacque a Siracusa nell’anno 281 da nobilissima e ricchissima famiglia. Rimasta orfana di padre sll’età di cinque anni venne educata nella religione cristiana dalla pia e saggia Eutichia, sua madre.

Fatta grandicella e accesa di puro amore di Dio, decise all’insaputa della madre di mantenere perpetua verginità. Ignorando questo segreto la buona Eutichia, come allora usavasi universalmente, non tardò d interessarsi per trovare alla figliuola uno sposo che convenisse. Era questi un giovane nobile, ricco e di buone qualità, però non cristiano. Lucia si turbò: ma non volendo manifestare il suo segreto alla madre, cercò pretesti per tramandare le nozze; ed intanto confidava nella preghiera e nella grazia.

Ed ecco quanto avvenne: Eutichia fu presa da una grave malattia, per cui non bastando né medici nè medicine, pér consiglio di Lucia, mamma e figlia decisero di portarsi in pellegrinaggio a Catania, alla tomba di S. Agata, per ottenere la guarigione.

Giunte a Catania, e prostratesi in preghiera presso quelle sacre reliquie, Agata fece intendere a Lucia di rimanere fedele al voto fatto e di contenere, se necessario, anche il martirio per amor di Gesù. La madre ottenne la guarigione, ma una grazia maggiore ebbe Lucia: il suo avvenire era irrevocabilmente deciso.

Tornate a Siracusa, Lucia si confidò con la madre ed ottenne che la lasciasse libera nella scelta del suo stato.

Il pretendente deluso, montò subito sulle furie e giurò vendetta, appena seppe che il rifiuto di Lucia proveniva dal fatto di essere cristiana. Si presentò quindi al proconsole romano Pascasio e accusò la giovane come seguace della religione cristiana e perciò ribelle agli dèi ed a Cesare. Tradotta davanti al proconsole, si svolse un dialogo drammatico, nel quale rifulsero la fermezza e costanza della martire. Neppur la forza valse a smuoverla, poiché Gesù rese impotenti i suoi nemici. Fu martirizzata il 13 dicembre del 304. La festa cade in prossimità del solstizio d’inverno (da cui il detto “santa Lucia il giorno più corto che ci sia”).

La salma fu posta nelle Catacombe, dove sei anni dopo sorse un maestoso tempio a lei dedicato.

Si dice che a S. Lucia venissero cavati gli occhi e che le fossero immediatamente restituiti dal Signore. Per questa ragione e per lo stesso suo nome che significa Luce, essa è invocata come protettrice degli occhi.

Recitiamo un atto di dolore per i nostri peccati. 

Esaudiscici, o Dio, nostro Salvatore, affinchè, come ci rallegriamo per la beata Lucia vergine e martire, così siamo ammaestrati nel’affetto della pia devozione.

II DOMENICA DI AVVENTO

seconda
DAL VANGELO DI GESÙ CRISTO SECONDO LUCA 3,1-6
Nell’anno decimoquinto dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sia riempito, ogni monte e ogni colle sia abbassato; i passi tortuosi siano diritti; i luoghi impervi spianati. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!

GESÙ RACCONTA LA PARABOLA DELLE MINE

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I DSCEPOLI DI GESU’ PENSAVANO CHE IL REGNO DI DIO DOVESSE MANIFESTARSI DA UN MOMENTO ALL’ALTRO
DAL VANGELO SECONDO LUCA (Lc 19,11-28)

In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il Regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”. Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”. Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”». Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Parola del Signore

COMMENTO

Erano molti ad immaginare con la venuta di Gesù la realizzazione del Regno di Dio ma di natura temporale. Anche tra gli Apostoli era periodicamente presente questa convinzione, probabilmente per l’influenza di qualcuno del gruppo molto interessato a creare un vero esercito per sconfiggere i dominatori romani.

Il Signore, ripetevano, dopo avere abbattuto il potere oppressore di Roma, avrebbe fatto ingresso trionfante nella città santa. Essi, inoltre, speravano che, quando fosse arrivato quel momento, avrebbero occupato dei posti di prestigio nel Regno.

Questa loro speranza, così lontana dalla realtà, esprimeva una mentalità diffusa in molti ambienti ebraici dell’epoca. Per sradicare questo errore, Gesù espose questa parabola.

La parabola tratta di un uomo di nobile stirpe che partì per un paese lontano per ricevere l’investitura regale. I re dei territori dipendenti dall’Impero Romano ricevevano il potere regale dalle mani dell’imperatore e spesso erano costretti a recarsi a Roma.

Nella parabola l’illustre personaggio lasciò l’amministrazione del paese a dieci uomini di sua fiducia e partì per ricevere l’investitura. Consegnò loro dieci mine e la mina non era una moneta di conio, ma un’unità di conto: il suo valore equivaleva a trentacinque grammi d’oro.

Un vero tesoro consegnò ad ognuno dei dieci. Questi uomini ricevono un mandato: “Impiegatele fino al mio ritorno”.

Si trattava di far fruttare quel tesoro che avevano ricevuto ed essi adempirono all’incarico: si prodigarono per il loro signore per anni…

E questo è quanto continua a fare il cristianesimo dal giorno della Pentecoste, dopo che ebbe ricevuto il dono immenso dello Spirito Santo, inviato da Gesù e con esso l’infallibile Parola di Dio …

In questi venti secoli è stato fatto molto nella, si è lavorato anche bene, ma non sono mancati errori e cedimenti. Sempre ci sono stati uomini che hanno mostrato regresso, paure, incertezze, anche se non manca, al tempo stesso, coraggio e generosità.

La vita che abbiamo ricevuto in dono è un tempo per far fruttare i beni divini. Tocca a noi ora, a ogni cristiano, far rendere il tesoro di Grazie che il Signore ha lasciato nelle nostre mani. Questo è il nostro mandato finché il Signore non torni per ciascuno nel momento della morte.

Dobbiamo darci da fare con impegno perché il Signore sia presente in tutte le realtà umane.

Nella parabola Gesù inserisce una frase che si riferisce a se stesso, riguardo quei cittadini di quel paese che “Lo odiavano e gli mandarono dietro un’ambasciata a dire: Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”.

Gesù dovette inserire con dolore questa frase nel racconto, perché si riferisce a se stesso: è Lui l’uomo illustre che parte per terre lontane.

Raccontando questa parabola Gesù provava molta amarezza, vedeva negli occhi di molti farisei un odio crescente e il rifiuto più assoluto.

Quanto più manifestava bontà e misericordia, tanto più aumentava l’incomprensione che trapelava da molti volti. Dovette risultare ben duro al Maestro un’opposizione così decisa e violenta, che culminerà, qualche tempo dopo nella Passione.

Nella parabola Gesù premia quanti hanno obbedito e corrisposto alla sua volontà, mentre punisce severamente chi ha sotterrato i doni divini per vivere disordinatamente. Così i più buoni e onesti ricevono maggiore Grazia, i superficiali ed incuranti della loro Fede perdono anche quello che avrebbero potuto ricevere in futuro. Questo significa:

“A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha”.

PADRE NOSTRO

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PADRE NOSTRO

Non dire: PADRE
se ogni giorno non ti comporti da figlio.
Non dire: NOSTRO
se vivi soltanto del tuo egoismo.
Non dire: CHE SEI NEI CIELI
se pensi solo alle cose terrene.
Non dire: VENGA IL TUO REGNO
se lo confondi con il successo materiale
Non dire: SIA FATTA LA TUA VOLONTA’
se non l’accetti anche quando è dolorosa.
Non dire: DACCI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO
se non ti preoccupi della gente che ha fame.
Non dire: PERDONA I NOSTRI DEBITI
se non sei disposto a perdonare gli altri.
Non dire: NON CI INDURRE IN TENTAZIONE
se continui a vivere nell’ambiguità.
Non dire: LIBERACI DAL MALE
se non ti opponi alle opere malvagie.
Non dire: AMEN
se non prendi sul serio le parole del
PADRE NOSTRO.