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12 SETTEMBRE IL NOME DI MARIA

Dopo il nome di Gesù non v’è nome più dolce,
più potente, più consolante che quello di Maria;
nome dinanzi a cui s’inchinano riverenti gli Angeli,
la terra si allieta, l’inferno trema.

IL NOME DI MARIA

PREGHIERA

O potente Madre di Dio e Madre mia Maria,
è vero che non sono degno neppure di nominarti, ma Tu mi ami e desideri la mia salvezza.Concedimi, benché la mia lingua sia immonda, di poter sempre chiamare in mia difesa il tuo santissimo e potentissimo nome, perché il tuo nome è l’aiuto di chi vive e la salvezza di chi muore.Maria purissima, Maria dolcissima, concedimi la grazia che il tuo nome sia da oggi in poi il respiro della mia vita. Signora, non tardare a soccorrermi ogni volta che Ti chiamo, poiché in tutte le tentazioni e in tutte le mie necessità non voglio smettere di invocarti ripetendo sempre: Maria, Maria.
Così voglio fare durante la mia vita e spero particolarmente nell’ora della morte, per venire a lodare eternamente in Cielo il tuo amato nome: “O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria”.Maria, amabilissima Maria, che conforto, che dolcezza, che fiducia, che tenerezza sente l’anima mia anche solo nel pronunciare il tuo nome, o soltanto pensando a Te! Ringrazio il mio Dio e Signore che Ti ha dato per mio bene questo nome così amabile e potente.O Signora, non mi basta nominarti qualche volta, voglio invocarti più spesso per amore; voglio che l’amore mi ricordi di chiamarti ad ogni ora, in modo tale da poter esclamare anch’io insieme a Sant’Anselmo: “O nome della Madre di Dio, tu sei l’amore mio!”.Mia cara Maria, mio amato Gesù, i vostri dolcissimi Nomi vivano sempre nel mio ed in tutti i cuori. La mia mente si dimentichi di tutti gli altri, per ricordarsi solo e per sempre di invocare i vostri Nomi adorati.Mio Redentore Gesù e Madre mia Maria, quando sarà giunto il momento della mia morte, in cui l’anima dovrà lasciare il corpo, concedetemi allora, per i vostri meriti, la grazia di pronunciare le ultime parole dicendo e ripetendo: “Gesù e Maria vi amo, Gesù e Maria vi dono il cuore e l’anima mia”.
(Sant’Alfonso Maria de’ Liguori)

Scrive il Manzoni:

IL NOME DI MARIA

Tacita un giorno a non so qual pendice Salia d’un fabbro nazaren la sposa; Salia non vista alla magion felice D’una pregnante annosa;E detto: “Salve” a lei, che in reverenti Accoglienze onorò l’inaspettata, Dio lodando, sclamò: Tutte le genti Mi chiameran beata.Deh! con che scherno udito avria i lontani Presagi allor l’età superba! Oh tardo Nostro consiglio! oh degl’intenti umani Antiveder bugiardo!Noi testimoni che alla tua parola Ubbidiente l’avvenir rispose, Noi serbati all’amor, nati alla scola Delle celesti cose,Noi sappiamo, o Maria, ch’Ei solo attenne L’alta promessa che da Te s’udia, Ei che in cor la ti pose: a noi solenne È il nome tuo, Maria.
A noi Madre di Dio quel nome sona: Salve beata! che s’agguagli ad esso Qual fu mai nome di mortal persona, O che gli venga appresso?Salve beata! in quale età scortese Quel sì caro a ridir nome si tacque? In qual dal padre il figlio non l’apprese? Quai monti mai, quali acqueNon l’udiro invocar? La terra antica Non porta sola i templi tuoi, ma quella Che il Genovese divinò, nutrica I tuoi cultori anch’ella.In che lande selvagge, oltre quei mari Di sì barbaro nome fior si coglie, Che non conosca de’ tuoi miti altari Le benedette soglie?O Vergine, o Signora, o Tuttasanta, Che bei nomi ti serba ogni loquela! Più d’un popol superbo esser si vanta In tua gentil tutela.Te, quando sorge, e quando cade il die, E quando il sole a mezzo corso il parte, Saluta il bronzo, che le turbe pie Invita ad onorarte.Nelle paure della veglia bruna, Te noma il fanciulletto; a Te, tremante, Quando ingrossa ruggendo la fortuna, Ricorre il navigante.La femminetta nel tuo sen regale La sua spregiata lacrima depone, E a Te beata, della sua immortale Alma gli affanni espone;A Te che i preghi ascolti e le querele, Non come suole il mondo, né degl’imiE de’ grandi il dolor col suo crudele Discernimento estimi.Tu pur, beata, un dì provasti il pianto, Né il dì verrà che d’oblianza il copra: Anco ogni giorno se ne parla; e tanto Secol vi corse sopra.Anco ogni giorno se ne parla e plora In mille parti; d’ogni tuo contento Teco la terra si rallegra ancora, Come di fresco evento.Tanto d’ogni laudato esser la prima Di Dio la Madre ancor quaggiù dovea; Tanto piacque al Signor di porre in cima Questa fanciulla ebrea.O prole d’Israello, o nell’estremo Caduta, o da sì lunga ira contrita, Non è Costei, che in onor tanto avemo, Di vostra fede uscita?Non è Davidde il ceppo suo? Con Lei Era il pensier de’ vostri antiqui vati, Quando annunziaro i verginal trofei Sopra l’inferno alzati.Deh! a Lei volgete finalmente i preghi, Ch’Ella vi salvi, Ella che salva i suoi; E non sia gente né tribù che neghi Lieta cantar con noi:Salve, o degnata del secondo nome, O Rosa, o Stella ai periglianti scampo, Inclita come il sol, terribil comeOste schierata in campo.

8 Settembre Nascita della Madonna

Oggi festeggiamo la nascita della nostra Mamma Celeste.
Viviamola nella gioia, nella pace, nella fiducia, nel filiale abbandono e nella preghiera

LE GIOVANI RONDINELLE SI PREPARANO A PARTIRE, PER I PAESI CALDI.

LA TERRA, ORMAI, ARSA E BRULLA SI PREPARA PER UNA NUOVA PRIMAVERA.

TUTTO L’UNIVERSO, SEMBRA RALLENTARE LA SUA CORSA

((…L’ETERNO PADRE…))

NEL SUO BENEPLACITO, PENSA ALLE SUE CREATURE

((…IL SIGNORE…))

DALL’ALTO DEI CIELI, PONE LO SGUARDO,

SU UNA FAMIGLIA A LUI FEDELE DALLA QUALE NASCE UNA FANCIULLA:

((…MARIA…))

L’8 SETTEMBRE ((…NATIVITA’ DELLA MADONNA…))

Una bambina speciale è nata tra noi. Cresce come l’aurora, e illumina il mondo intero, immerso nelle tenebre e nell’ombra della morte.

Su di Lei spera il cielo e la terra. Da Lei a suo tempo

((…NASCERA’ IL MESSIA…))

Salve Maria Bambina, Vergine Madre del Figlio ora, la Tua giovane vita riposa nella culla,

un giorno, ti sollevai in piedi sotto la croce nel profondo del Tuo dolore.

Oh mio Dio, Santo e Trino,

io amo meditare la Tua esistenza come amo cantare la TUA bambina Maria Benedetta,

che è Tua figlia ed anche TUA pura Sposa e Madre di TUO Figlio.

Maria nacque a Nazareth da devoti genitori di nome Gioacchino ed Anna. Gioacchino della stirpe di Davide (Lc. 1,32) ed Anna della stirpe di Aronne (Lc. 1,5;1,36) pur essendo piccoli proprietari erano di modeste condizioni economiche, tuttavia, erano ricchi in santità e virtù.

Maria Bambina fu offerta al tempio per l’educazione e il culto, venne allogiata in edifici adiacenti al tempio, dove vivevano donne addette alla cura degli arredi (Es. 38,8) e alla preghiera (Lc. 2,36).

Il tronco di Jesse ha prodotto un ramo, e il ramo un fiore

e su questo fiore si è posato lo

Spirito Divino

La Vergine Madre di Dio è il ramo, e suo figlio il fiore

e su questo fiore si è posato lo

Spirito Divino

La nascita della nuova Eva

Rallegrati, padre Adamo, ma soprattutto tu, o madre Eva, esulta. Voi che foste i progenitori di tutti gli uomini, ma ne foste pure uccisori, e, cosa più triste, prima uccisori che progenitori. Consolatevi entrambi per questa figlia, e per tale figlia; ma Eva maggiormente, che fu la prima causa del male, e ne trasfuse l’obbrobrio in tutte le donne. Sta per venire il tempo in cui tale obbrobrio sarà tolto, e l’uomo non avrà più motivo di lamentarsi della donna; cercando infatti, imprudentemente di scusare se stesso, non aveva esitato ad accusarla crudelmente dicendo: “la donna che hai dato, mi ha offerto di quel frutto, e io ne ho mangiato” (Gen 3,12). Perciò corri, o Eva, da Maria, corri, madre dalla figlia; risponda la figlia per la madre, essa tolga la vergogna della madre, essa sia soddisfazione al padre per la madre, perchè ecco, se l’uomo è caduto per causa della donna, d’ora in poi, non si rialzerà se non per merito di una donna.
Che cosa dicevi Adamo? La donna che mi hai dato, mi ha offerto di quel frutto, e io ne ho mangiato. Sono queste parole piene di malizia che aumentano, più che togliere, la colpa. Tuttavia la Sapienza vinse la malizia quando Dio trovò nel tesoro inesauribile della sua pietà quell’occasione di perdono che aveva inutilmente tentato di far nascere te quando ti interrogò. Ecco, ti viene data una donna in cambio di un’altra donna, una donna prudente invece di quella sciocca, umile, al posto di quella superba, la quale ti porge, in cambio del frutto della morte, il sapore della vita, e invece dell’amarezza di un cibo velenoso ti procura la dolcezza di un frutto. Cambia pertanto le tue parole di scusa iniqua in parole di ringraziamento, dicendo: “Signore, la donna che mi hai dato mi ha offerto il frutto della vita, e io ne ho mangiato, e divenne nella mia bocca più dolce del miele, perchè per esso mi hai ridato la vita”. Ecco, per questo fu mandato l’Angelo alla Vergine.

O Vergine mirabile e degnissima di ogni onore! o donna sopra ogni altra veneranda e meravigliosa, che ha riparato il male dei progenitori e ridato la vita ai loro discendenti!

S. Bernardo (1091-1153): lodi della Vergine Maria – omelia 2

5 Settembre Santa Teresa di Calcutta (Agnes Gonxha Bojaxiu) Fondatrice.

Madre Teresa resterà come l’incarnazione più convincente, nella nostra epoca, del genio della carità evangelica; tutti l’hanno capita, i cristiani delle varie confessioni, i laici di ogni paese, gli indù come i musulmani. Quando, a metà degli anni Settanta, apriva a San Gregorio al Celio la prima casa romana delle sue suore, scelse per loro il pollaio dei monaci camaldolesi, una costruzione bassa, in mattoni bucati e lamiere, con il pavimento in cemento. «Le mie sorelle sono povere e abituate a tutto, vengono dall’India. Il pollaio sarà più che sufficiente», tagliava corto con chi trovava la cosa un po’ scomoda. Povere. Come era povera lei, che aveva scelto di condividere in tutto e per tutto la condizione dei più poveri, dei diseredati, di chi dalla vita non aveva avuto altro che miseria, smacchi e sofferenza.Pier Paolo Pasolini, dopo averla incontrata a Calcutta nel 1961, scrisse: «Dove guarda, vede». All’origine della sua genialità nell’amore c’era il vedere, prima di altri, il fratello che era nel bisogno e di soccorrerlo subito, senza giudicare, senza lasciarsi bloccare dalle frontiere. O anche dalla mancanza di mezzi.È stata a volte criticata perché nei suoi ospizi non c’erano abbastanza medici e medicine. Ma nelle situazioni disperate nelle quali si è avventurata, non avrebbe concluso granché se avesse dovuto aspettare di avere l’attrezzatura giusta per soccorrere qualcuno.Madre Teresa, al secolo Agnes Gonxha Bojaxhiu, era nata il 26 agosto 1910 a Skopje, in Albania. Quando il papà, Nikola, morì improvvisamente, la famiglia visse momenti di grandi difficoltà economiche. Fu brava la mamma, Drane, ad allevare Agnes e i suoi quattro fratelli con fermezza e amore, orientando la loro formazione religiosa. Agnes trovò sostegno anche nella vivacità della parrocchia del Sacro Cuore, gestita dai gesuiti, nella quale era attivamente impegnata.A diciott’anni, desiderosa di fare la missionaria, lasciava la casa e il paese, diretta in Irlanda, dove veniva accolta, con il nome di suor Mary Teresa, nell’istituto delle «Suore di Loreto». Qualche mese dopo venne mandata in India, a Calcutta, dove completò la sua formazione alla vita religiosa, facendo prima i voti temporanei, seguiti da quelli perpetui, e inserendosi nelle attività dell’istituto fino a diventare, nel 1944, direttrice di una scuola per ragazze, il St. Mary.I primi vent’anni della sua vita religiosa li trascorse così, senza scossoni, insegnando alle ragazze, maturando anche una sua spiritualità forte, che aveva nella preghiera e nell’amore per le consorelle e per le allieve i suoi punti di forza. Ma aveva anche l’occhio attento a ciò che succedeva intorno. E non era granché bello, anzi inquietava non poco.Intanto il Signore, con illuminazioni interiori, la andava preparando a quella che sarà la sua straordinaria avventura. Al centro delle rivelazioni proprio quello che inquietava madre Teresa: l’indifferenza assoluta della gente verso i poveri, che in gran numero languivano nelle baraccopoli e lungo le vie della città.Durante un viaggio in treno, nel 1946, le parve di sentire più chiara la voce di Gesù che la invitava ad abbandonare tutto per porsi al servizio di quei poveri. Madre Teresa accolse l’invito e segnò quell’episodio che avrebbe cambiato la sua vita, come «il giorno della decisione».Le ci volle del tempo per ottenere il permesso di lasciare le Suore di Loreto, ma alla fine, era il 1948, fu libera di seguire la propria vocazione e di entrare nel mondo dei poveri. Indossò il sari, la tunica bianca delle donne indiane, con in più le strisce blu che orlavano il velo, e la croce appuntata sulla spalla. Con il nuovo abito, che segnava anche il cambiamento della sua vita, si recò a Patna dalle Suore mediche missionarie per seguire un breve corso di infermeria. Rientrata a Calcutta, si sistemò provvisoriamente presso le Piccole sorelle dei poveri.Il 21 dicembre 1948 andò per la prima volta nei sobborghi: visitò famiglie, lavò le ferite di bambini, si prese cura di un anziano malato che giaceva sulla strada. Si imbatté anche in una donna agonizzante, distesa su un marciapiede: era così debole che topi e formiche le stavano rosicchiando il corpo. Da giorni era lì, in attesa della morte, ma nessuno l’aveva soccorsa. Madre Teresa la raccolse e la portò al vicino ospedale, dove le dissero che era troppo malata e troppo povera per essere curata.Calcutta era piena di gente che finiva così. Teresa capì che non poteva più restare a guardare, doveva fare qualcosa. Chiese, e le fu concesso, di occupare parte di un ex tempio indù diventato covo di mendicanti e criminali di ogni risma. Madre Teresa lo trasformerà nella prima «Casa dei moribondi».Le baraccopoli — con i loro poveri ai quali dare speranza, con i bambini abbandonati da curare e amare, con i moribondi da accompagnare nel passo estremo… — divennero la terra di missione, sua e di altre donne che via via decideranno di condividere la sua vita e il suo impegno. Insieme diedero vita alla Congregazione delle Missionarie della Carità, che il 7 ottobre 1950 veniva riconosciuta ufficialmente nell’arcidiocesi di Calcutta, e nel febbraio del 1965 diventava di diritto pontificio.Agli inizi del 1960 cominciò l’emigrazione delle Missionarie della Carità in altre regioni dell’India. Successivamente, incoraggiate in particolare da Paolo VI, aprivano una casa in Venezuela. Ad essa seguirono numerose altre fondazioni in ogni parte del mondo, ovunque ci fossero poveri abbandonati cui portare l’aiuto e il conforto della fraterna solidarietà e la certezza che Dio li amava. Negli anni Ottanta, dopo la caduta delle varie cortine, madre Teresa aprì case di missione anche nei paesi comunisti, inclusa l’ex Unione Sovietica, l’Albania e Cuba. È stata la prima a inserire delle suore negli ospedali sovietici, dopo l’esplosione di Cernobyl, e la prima a mettere piede in Albania, quando il paese era ancora sotto il regime comunista. Persino in Vaticano, nella casa del papa, aprì una mensa per i poveri.Madre Teresa affiancò alla prima congregazione altre istituzioni, come i Fratelli Missionari della Carità, le Sorelle e i Fratelli contemplativi, i Padri Missionari della Carità e gruppi di collaboratori laici. Tutto per rispondere meglio alle esigenze dei poveri.Tanto impegno e proliferare di iniziative non potevano passare inosservati. Le immagini di questa donna minuta e con il tempo sempre più curva, avvolta nel bianco sani, china a confortare un moribondo o a curare piaghe infette, ad accarezzare bambini lacerati dall’abbandono e dall’indifferenza… fecero il giro del mondo, sollevando l’ammirazione di tanta gente, che cominciò a interessarsi delle sue opere e della sua vita, ad ascoltare i suoi messaggi, resi con parole semplici che esaltavano la vita, che invitavano al suo rispetto in ogni momento, dal concepimento alla morte. Parole semplici e a volte anche forti che scuotevano e dividevano.L’ammirazione si tradusse anche in riconoscimenti importanti come il Premio indiano Padmashri, assegnatole nel 1962, e il Premio Nobel per la Pace, conferitole nel 1979. Ricevette riconoscimenti e attenzioni «per la gloria di Dio e in nome dei poveri».Negli ultimi anni, nonostante seri problemi di salute, continuò a guidare la sua congregazione e a rispondere alle necessità dei poveri e della chiesa. Morì a Calcutta il 5 settembre 1997. Il mondo intero, che aveva seguito il suo lento spegnersi, la pianse, mentre il governo indiano le rendeva onore con i funerali di Stato. Sepolta nella Casa Madre delle Missionarie della Carità, la sua tomba fu ben presto luogo di pellegrinaggi e di preghiera. «L’intera vita e l’opera di madre Teresa — ha detto Giovanni Paolo II nel proclamarla beata — offrirono testimonianza della gioia di amare, della grandezza e della dignità di ogni essere umano, del valore delle piccole cose fatte fedelmente e con amore, e dell’incomparabile valore dell’amicizia con Dio». Questa è madre Teresa: il genio femminile sposato alla carità evangelica, che guida la chiesa verso i poveri.Il 20 dicembre 2002 il papa Giovanni Paolo II approvò i decreti sulle sue virtù eroiche e sui suoi miracoli, è stata beatificata il 19 ottobre 2003.

29 Agosto martirio di San Giovanni Battista

 Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello.
Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere.
***

Nell’anno xv del regno di Tiberio Cesare, Giovanni Battista dal deserto venne alle rive del Giordano, nelle vicinanze di Gerico, per predicarvi il battesimo di penitenza, in preparazione alla venuta del Messia. Tutta Gerusalemme e i paesi circonvicini andavano in massa ad ascoltarlo e molti si convertivano alle sue parole, confessando i loro peccati e ricevendo il battesimo di penitenza.
Un giorno che Giovanni, come d’uso, battezzava ed istruiva i peccatori, anche Gesù di Nazareth venne alle rive del Giordano. Il Battista, alla vista di Gesù, interiormente illuminato, riconobbe in lui il Messia aspettato, onde non voleva battezzarlo, stimandosi indegno anche di sciogliergli i legacci dei calzari. Tuttavia Gesù insistè e Giovanni dovette accondiscendere. In quel tempo Erode Antipa, figlio di Erode il Grande, conviveva con Erodiade, moglie di suo fratello. Giovanni, all’udire tale mostruosità, riprese il re di quella colpa, dicendogli francamente che non gli era lecito vivere con la moglie di suo fratello. Erode, sdegnato e istigato da Erodiade, lo fece rinchiudere in una tetra prigione del castello di Macheronte. Non contenta Erodiade di vederlo in prigione, voleva anche farlo morire. Erode però si opponeva, temendo una sommossa, perché Giovanni era venerato dal popolo come un profeta.
Qualche tempo dopo, tuttavia, Erodiade ebbe l’occasione tanto desiderata e propizia per soddisfare il suo odio contro il Precursore di Cristo. Mentre Erode celebrava il suo compleanno e teneva un banchetto a tutta la corte, Salome, figliola di Erodiade e nipote di Erode, si presentò nella sala del convito e si pose a danzare. Ciò piacque a tutti, tanto che Erode le promise di concederle qualunque cosa avesse domandato, fosse anche la metà del regno. Salome a queste parole, non sapendo cosa domandare, corse da sua madre e questa le ordinò di chiedere la testa di Giovanni. Salome ritornò in fretta dal re e lo pregò di farle portare subito in un bacile la testa del santo Precursore. Erode, benché sorpreso ed afflitto da questa domanda, ordinò di accontentarla. La fanciulla come ebbe tra le mani quel sacrosanto capo, lo portò a sua madre, la quale, a tal vista, esultò di gioia e si dice che per vendicarsi della libertà con cui il Santo aveva disapprovato i suoi disordini, trafisse con un ago quella sacra lingua.
La morte del Battista avvenne tra la fine dell’anno 31 e il principio del 32 dopo la nascita di Gesù Cristo.
PRATICA.
La castità trasforma gli uomini in angeli: e chi è casto, è un angelo in carne (S. Ambrogio).
PREGHIERA.
Nella veneranda festività del tuo santo Precursore e martire Giovanni Battista, deh! Signore, facci sentire gli effetti della tua misericordia.

28 agosto Sant’ Agostino Vescovo e dottore della Chiesa

(LA) « Fecisti nos ad te et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te. »
(IT) « Ci hai creati per Te, [Signore,] e inquieto è il nostro cuore fintantoché non trovi riposo in Te. »

Agostino nacque a Tagaste in Africa da famiglia benestante. Il padre, Patrizio, era pagano, ma sua madre Monica era un’ardente cristiana.

Verso la fine dell’anno 370 si portò a Cartagine per studiare rettorica. Trovava nello studio un’attrattiva sì grande, che era costretto a farsi violenza per lasciarlo; ma le cognizioni che acquistava non gli servivano che a nutrire l’orgoglio.

I manichei, conosciuta la sua bramosia per gli studi, solleticarono la sua vanità e l’indussero ad abbracciare la loro dottrina. Nauseato però dalle loro ciance, li abbandonò e si recò a Roma. Da Roma andò a Milano, per insegnare eloquenza.

Monica, addolorata della partenza del figlio, lo raggiunse. Una sera il giovane si sentiva afflitto nello spirito e provava un grande bisogno di spargere lacrime. Si ritirò nel giardino, sotto la chioma di un ombroso fico, e diede libero sfogo al pianto. Sentiva la sua anima coperta di peccati e se ne rammaricava. Ad un certo momento gli parve di sentire nel giardino una cantilena come di fanciullo che diceva: Prendi e leggi, prendi e leggi! Aprì il libro delle lettere di S. Paolo e lesse: Non nei condii e nelle ubriachezze, non nelle morbidezze e nelle disonestà si trova la pace… Bastò questo perchè scosso dalla grazia divina si risolvesse a darsi senza riserva al servizio di Dio.

Ritornato in Africa, ad Ippona, si diede a vita ascetica. Qualche tempo dopo fu consacrato prete e poi vescovo.

Allora ebbe inizio la sua grande attività contro gli eretici. Ario, Nestorio, Donato, Pelagio tentavano di sfaldare la chiesa.

Contro di essi combatterono i grandi Padri della Chiesa: Atanasio, Gregorio Nazianzeno, Cirillo di Gerusalemme, Cirillo di Alessandria, Giovanni Crisostomo, Ambrogio, Gregorio Magno, ma sopra tutti il grande Agostino. Ben duecentotrentadue sono le sue opere. Nell’anno 400 scrisse il De libero arbitrio per confutare le dottrine manichee. Nel 411 e 412 diresse un’epistola ai cattolici sull’Unità della Chiesa contro i Donatisti. Contro Pelagio scrisse il trattato Della natura e della grazia nel quale dimostra la necessità della grazia divina per sostenere la volontà indebolita dal peccato originale. A quest’opera si riannoda l’altra De gratia et libero arbitrio. Quando poi finalmente il Pelagianesimo veniva condannato da Papa Zosimo, S. Girolamo ormai vecchio, entusiasta per la grande vittoria riportata dai cattolici, per merito specialmente di S. Agostino, non esitò a scrivergli: Salve! Ti onora l’universo! I cattolici ti venerano e ti ammirano come il nuovo fondatore dell’antica fede!

Non vanno poi dimenticate le opere colossali: La Città di Dio e l’altro libro De Trinitate contro Ario.

Nell’anno 430, allorchè i Vandali invasa l’Africa assediavano Ippona, Agostino esalò l’ultimo respiro: era il 28 agosto.

Fu pure il fondatore degli Agostiniani e la sua è una delle quattro regole fondamentali dello stato religioso.

PRATICA. Leggiamo un tratto delle Lettere di San Paolo.

PREGHIERA. Sii propizio, Dío onnipotente, alle nostre suppliche, e poiché ci infondi la speranza, concedici benigno per intercessione del tuo beato confessore e vescovo Agostino, l’abbondanza della tua misericordia. 

24 Agosto San Bartolomeo Apostolo

L’apostolo S. Bartolomeo era galileo e probabilmente pescatore come la maggior parte degli Apostoli. Scelto da Gesù, ebbe anch’egli la felice sorte di nutrire l’anima sua delle parole di vita che uscivano dal labbro benedetto del Divin Maestro per tutto il tempo della sua predicazione, e di essere testimonio dei suoi miracoli.Insieme con gli altri Apostoli, predicò il Vangelo nella Giudea, operando miracoli e cacciando i demoni dagli ossessi. Nel giorno di Pentecoste ricevette egli pure la pienezza dello Spirito Santo, dopo di che annunziò intrepidamente il S. Vangelo agli Ebrei e soffrì come gli altri Apostoli obbrobri e battiture per amore di Gesù Cristo.Rigettato dai Giudei, S. Bartolomeo si portò prima nella Libia, poi nell’Arabia, nelle Indie Orientali e nell’Armenia Maggiore. La sua parola, congiunta ad una vita mortificata e allo spirito di preghiera, operò un bene immenso.Celebre è specialmente la conversione del re Polimio e della regina sua consorte.Però tanto zelo eccitò la gelosia e il furore degli idolatri, i quali, spinti da odio diabolico, tramarono contro di lui. Per meglio riuscire nel sacrilego intento, attirarono dalla loro parte il fratello del re, Astiage, che incatenato il santo Apostolo lo condannò ad essere scorticato vivo.Mentre essi compivano quest’opera, San Bartolomeo scongiurava il Signore perchè volesse perdonare ai suoi carnefici. I manigoldi, dopo avergli tolta la pelle, Io decapitarono.Il corpo del santo Apostolo venne seppellito in Al.. banopoli, ove restò fino a quando l’imperatore Ottone II lo fece trasportare a Roma.Gli fu edificata una chiesa nell’Isola Tiberina e il suo corpo si trova sotto l’altar maggiore, in un sarcofago di porfido.

PREGHIERA.

O Dio onnipotente ed eterno, che in questo giorno ci concedi di celebrare la festa del tuo beato Apostolo Bartolomeo e per questo ci riempi di santa gioia, deh! da’ alla tua Chiesa d’amare ciò che egli credette e di praticare ciò che insegnò.

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RIFLESSIONI

Ecco davvero un israelita in cui non c’è falsità!

Un elogio di Gesù nella festa di san Bartolomeo. Ne troviamo altri nei Vangeli e sono tutti significativi. In questo caso, nel primo capitolo del Vangelo di Giovanni sono descritte le chiamate dei primi cinque discepoli. In una successione espressiva sono riportate diverse situazioni umane e troviamo anche una rivelazione progressiva proprio della figura di Gesù. Tra queste spicca quella di Natanaèle, l’apostolo poi identificato con Bartolomeo e proprio a lui il Signore affida la sua auto-rivelazione più completa. Gesù nell’elogiare questo discepolo valorizza la ricerca sincera di chi tenta di trovare il Signore con tutto il cuore e con tutta la mente. Natanaèle è un fine conoscitore delle Sacre Scritture vuole capire la figura di Gesù proprio alla luce dell’insegnamento dei profeti. Sono tutte indicazioni valide anche per noi; l’esortazione ad approfondire la conoscenza di Gesù con la lettura della Bibbia: come diceva San Giròlamo, esperto traduttore della Bibbia ebraica, che dice che l’ignoranza delle Sacre Scritture è ignoranza di Cristo stesso. Gesù vuole premiare, in qualche modo il modo giusto per ricercarlo nel modo giusto: con la lettura della Bibbia.
Gesù proclamando le beatitudini aveva annoverato tra i beati i puri di cuore, motivando: perché vedranno Dio. Natanaèle, l’apostolo che oggi festeggiamo, viene definito dal Signore un vero israelita in cui non c’è falsità. Dove non c’è falsità c’è purezza di cuore, la virtù che consentirà all’apostolo di incontrare il Signore e lo indìce a fare la sua bella confessione di fede: “Rabbì, tu sei il figlio di Dio, tu sei il re d’Israele”. Ecco come Bartolomeo ha trovato il suo Dio e il suo re nella persona del Cristo. Gesù in premio della sua fede gli predìce la risurrezione: «In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo». Ci viene così offerto uno splendido esempio di come incontrare il Signore e poi seguirlo in piena fedeltà. Occorre alimentare la fede, accettare la mediazione di chi può condurci verso Cristo (è Filippo ad indicare il Messia a Natanaele), lasciarsi guardare e riconoscere da lui. Vedere in fine in Lui la risposta ultima a tutti i nostri interrogativi. Natanaele, che era un intellettuale onesto, un vero israelita, comprende la novità di Cristo e ne professa esplicitamente la superiorità, riconoscendolo figlio di Dio. Oggi ci sprona non solo di ricercarlo ma anche di proclamare la nostra fede: tu sei il figlio di Dio, tu sei il re d’Israele.

22 Agosto Beata Vergine Maria Regina

L’undici ottobre 1954, S. S. Pio XII istituì la festa della Regalità di Maria, da celebrarsi ogni anno in tutto il mondo il giorno 31 maggio; fu poi trasferita al 22 agosto, giorno ottavo dell’Assunzione, per sottolineare il legame della regalità di Maria con la sua glorificazione corporea.Con tale festa il Papa ha voluto sigillare, con la sua autorità, la voce dei monumenti antichi e delle preghiere liturgiche e il senso del popolo cristiano, che attribuirono perennemente alla Vergine la dignità regale.Non si tratta quindi di una nuova verità proposta al popolo cristiano, perché il fondamento e le ragioni della dignità regale di Maria, abbondantemente espresse in ogni età, si trovano nei documenti antichi della Chiesa e nei libri della sacra liturgia.Infatti fin dai primi secoli della Chiesa il popolo cristiano ha elevato preghiere e inni di lode e di devozione alla Regina del Cielo, sia nelle circostanze liete, sia, e molto più, nei periodi di gravi angustie e pericoli; nè vennero meno le speranze riposte nella Madre del Re Divino, Gesù Cristo; e la fede dí coloro che sempre credettero che la Vergine Maria, Madre di Dio, presiede all’universo con cuore materno, spesse volte fu premiata con grazie elette e divini favori.Il primo e più profondo motivo della dignità regale di Maria consiste nella sua maternità divina. Poichè Cristo, per l’unione ipostatica è, anche come uomo, Signore e Re di tutta la creazione, così Maria, « la Madre del Signore », partecipa, benchè in modo analogo, alla dignità regale del suo Figlio.A buon diritto quindi S. Giovanni Damasceno scrive: « Maria è veramente diventata la Signora di tutta la creazione, nel momento in cui divenne Madre del Creatore; e lo stesso Arcangelo Gabriele può dirsi l’araldo della dignità regale di Maria ».La Beatissima Vergine è Regina non soltanto come conseguenza della maternità divina, ma anche per la parte singolare che, per volontà di Dio, ebbe nell’opera della Redenzione. Infatti come Cristo è nostro Signore e Re anche per il fatto che ci ha redenti col suo prezioso Sangue, così Maria, in modo analogo, è pure nostra Regina, perchè prese intima parte, come nuova Eva, all’opera redentrice di Cristo, novello Adamo, soffrendo con Lui ed offrendolo all’Eterno Padre.E’ certo che in senso pieno, proprio e assoluto, soltanto Gesù Cristo, Dio e Uomo, è Re; tuttavia anche Maria, sia come Madre di Cristo Dio, sia come socia nell’opera del Divin Redentore e nella lotta contro i nemici e nel trionfo ottenuto su di essi, partecipa alla sua dignità regale.Infatti da questa unione con Cristo Re deriva a Lei tale splendore e sublimità da superare l’eccellenza di tutte le cose create: da questa stessa unione con Cristo nasce quella regale potenza per cui Ella può dispensare i tesori del regno del Divin Redentore; infine dalla stessa unione con Cristo ha origine la inesauribile efficacia della sua materna intercessione presso il Figlio e presso il Padre.Nessun dubbio pertanto che Maria SS.ma sopravanzi in dignità tutta la creazione e abbia su tutti il primato, dopo il suo Figliuolo.Se il mondo oggi lotta senza tregua per assicurare la pace, l’invocazione del regno di Maria è più efficace di tutti i mezzi terreni per ottenere questo scopo.Pertanto tutti i fedeli cristiani si sottomettano all’impero della Vergine Madre di Dio, la quale mentre dispone di un potere regale, arde di un materno amore.PRATICA: Magnifichiamo con legittimo orgoglio di figli la regalità di Maria e proponiamo di riconoscere nella Vergine la nostra vera Madre e Regina. Proponiamo di avvicinarci con maggior fiducia al trono di grazia e di misericordia della Regina e Madre nostra, per chiedere soccorso nelle avversità, luce nelle tenebre, conforto nel dolore e nel pianto, e soprattutto per ottenere in terra quella pace che è il pegno della beatitudine eterna del Paradiso. PREGHIERA: « …Vergine Augusta Padrona e Regina, proteggimi sotto le tue ali, custodiscimi, affinché non trionfi in me l’iniquità. 

15 AGOSTO ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore.
Perché ha guardato l’umiltà della sua serva.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca (Lu 1,39-56)

Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Dopo l’annuncio, Maria è partita verso la montagna di Giudea per andare a trovare Elisabetta. Colma dello Spirito Santo, Elisabetta l’ha benedetta. L’ha proclamata “Madre del mio Signore”. Fonte di gioia. Beatitudine vivente della fede. Maria ha risposto con il cantico del Magnificat . Parole ispirate, che lasciano intravedere il suo cuore. Esse sono per noi il suo “testamento spirituale”. Identificandosi con Maria, la Chiesa di tutti i tempi continua a cantare tutti i giorni il Magnificat come suo proprio cantico.
Celebriamo oggi il mistero dell’Assunzione. Alla fine del suo passaggio sulla terra, la Madre del Redentore, preservata dal peccato e dalla corruzione, è stata elevata nella gloria in corpo e anima vicino a suo Figlio, nel cielo. La tomba vuota di Maria, immagine della tomba vuota di Gesù, significa e prelude alla vittoria totale del Dio della vita sulla morte, quando alla fine del mondo farà sorgere in vita eterna la morte corporale di ognuno di noi unita a quella di Cristo. L’Apocalisse ci mostra “un segno grandioso del cielo”: la Donna che ha il sole per mantello, e una corona di stelle. Invincibile con la grazia di Dio di fronte al nemico primordiale. “Figura e primizia della Chiesa”. Primizia nel dolore della maternità al servizio della Redenzione. Primizia nel destino della gloria. Da lì, nel focolare della Trinità, Maria ci aspetta tutti per vivere e cantare con lei la nostra riconoscenza alla Grazia di Dio. La beatitudine divina e umana della Salvezza. Il suo eterno Magnificat.
Di saluto in saluto, di gioia in gioia. Maria, col suo saluto, accende la gioia di Elisabetta che percepisce il tocco del Bambino; a sua volta il saluto di Maria è partito da quello rivoltole dall’Angelo; una catena di gioia che si allunga a tutti. Maria parte in fretta a portare il saluto. La grazia, che è il tocco dell’amore di Dio, spinge a toccare gli altri. L’amore di Dio produce quello per il prossimo.L’amore cambia le persone. Elisabetta si fa consapevole di partecipare al mistero, ma anche Maria, solo ora, prorompe nel Magnificat. I bambini, in grembo, modificano l’identità delle madri a motivo della relazione intima che si estende. Elisabetta per prima chiama MariaMadre del Signore; un nome bellissimo che sarà per sempre.Maria si alzò e andò in fretta. È verbo di pasqua (alzarsi) quello che porta ad amare, a dire bene e a portare pace fin nelle viscere di una madre. Elisabetta è figura dell’umanità che attende di essere visitata. Maria la trova già raggiunta dal segno amorevole di Dio che è la sua maternità tardiva, ma l’incontro con Maria ne è la conferma assoluta. Nel loro scambio sono ambedue importanti, non c’è solo una che ama e l’altra lo riceve, in gioiosa reciprocità. Più che visitazione, questa è la pagina dell’incontro, dell’abbraccio.Il canto di Maria contiene le parole d’amore della sposa per lo sposo. E noi apparteniamo al popolo che è la Chiesa, sposa di Cristo. Il canto è segno del Dio che cresce nel corpo e nell’anima di Maria, felice di essere stata trovata nella sua piccolezza umile, ma guardata dal Signore. Infinita umiltà, ma parole forti: Dio è salvatore e, in Maria, riscatta l’umiliazione di Eva: con il concepimento di Gesù, Maria schiaccia la testa al serpente.Dopo lo sguardo su Dio, Maria si volge alle generazioni, a tutti gli uomini di tutti i tempi che riconosceranno l’opera di Dio, la grandezza del suo dono. Anche Gesù allargherà la benedizione della Madre alle folle dei suoi discepoli.Discepola e maestra della Parola, Maria sceglie le parole dalla Scrittura e legge quello che le succede attraverso le parole ascoltate. Se lo facessimo anche noi sarebbe beatitudine in ogni situazione.

11 Agosto Santa Chiara d’Assisi

S. CHIARA D'ASSISI

Santa Chiara d’Assisi ci può senza dubbio aiutare nel cammino di conversione, nella comprensione del messaggio del Vangelo.

La sua vita è stata straordinaria, senza dubbio come tanti altri Santi, ma Lei seguendo San Francesco è stata grande nell’amore al Vangelo puro, non per niente fu la prima pianticella del ramo femminile del francescanesimo. La guida di San Francesco l’aiutò a intraprendere la Via dell’unica Verità, anche questo ci indica che senza una buona guida spirituale è molto difficile mantenersi fedeli al Vangelo.

Una breve biografia.

Nacque ad Assisi nel 1194 e morì nella stessa città l’11 agosto 1253.

«Ha appena dodici anni Chiara, nata nel 1194 dalla nobile e ricca famiglia degli Offreducci, quando Francesco d’Assisi compie il gesto di spogliarsi di tutti i vestiti per restituirli al padre Bernardone. Conquistata dall’esempio di Francesco, la giovane Chiara sette anni dopo fugge da casa per raggiungerlo alla Porziuncola.

Il Santo le fa indossare il saio francescano, per poi condurla al monastero benedettino di San Paolo, a Bastia Umbra, dove il padre tenta invano di persuaderla a ritornare a casa.

Si rifugia allora nella Chiesa di San Damiano, in cui fonda l’Ordine femminile delle “povere recluse” (chiamate in seguito Clarisse) di cui è nominata badessa e dove Francesco detta una prima Regola.

Chiara scrive successivamente la Regola definitiva chiedendo ed ottenendo da Gregorio IX il “privilegio della povertà”.

Per aver contemplato, in una Notte di Natale, sulle pareti della sua cella il presepe e i riti delle funzioni solenni che si svolgevano a Santa Maria degli Angeli, è scelta da Pio XII quale protettrice della televisione.

Erede dello spirito francescano, si preoccupa di diffonderlo, distinguendosi per il culto verso il SS. Sacramento che salva il convento dai Saraceni nel 1243».

10 Agosto San Lorenzo Martire a Roma, 10 agosto 258

TESTO:-

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 12,24-26)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità, in verità Io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono Io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Nacque ad Osca in Spagna nel 226 da nobilissimi e santi genitori. Tanti furono i doni che ricevette nei Sacramenti del Battesimo, Cresima ed Eucaristia, che sembrò prevenuto dalla grazia; mentre era ancora bambino s’astenne sempre da ogni divertimento puerile e fu a tutti modello di docilità e santa innocenza. Ricevuta la prima istruzione in patria, passò a Saragozza per apprendere lettere, ed in questa celebre Università i suoi progressi furono sì rapidi e meravigliosi, che era ritenuto il migliore di tutti gli allievi. In questo tempo il Vescovo di quella città, vedendo in lui un tal candore di vita, gli conferì gli ordini dell’Ostiariato, del Lettorato ed Esorcistato.Trovandosi nella penisola Iberica il futuro Papa Sisto II, allora arcidiacono della Chiesa Romana, avendo udito parlare delle virtù di Lorenzo, lo condusse seco a Roma, ove personalmente ebbe cura della sua formazione. All’età di 17 anni, per il suo progresso nella scienza e nella virtù, fu dal Pontefice Fabiano ordinato accolito, sei anni dopo suddiacono e quindi diacono: aveva 27 anni. Nel 258, essendo stato eletto alla Cattedra di Pietro Sisto II, Lorenzo divenne arcidiacono della Chiesa Romana, càrica che corrisponde alla attuale dignità cardinalizia.Ma mentre la Chiesa lavorava e si espandeva ognor più fra i pagani, specie per l’infuocata predicazione di Lorenzo, si scatenò la persecuzione di Valeriano che al dire di San Dionisio fu delle più terribili.Lorenzo fu imprigionato e torturato. Poco tempo dopo anche S. Sisto venne preso e condannato al carcere. Mentre il Pontefice veniva barbaramente trascinato dalla soldatesca, gli si fece incontro Lorenzo che col volto bagnato di lacrime incominciò ad esclamare: « Dove vai, o Padre, senza il tuo figlio? Per dove ti incammini, o santo sacerdote, senza il tuo diacono? ». Sisto gli rispose: « Io non ti lascio né ti abbandono, o figlio, ma a te spettano altri combattimenti… Dopo tre giorni mi seguirai… Prendi le ricchezze ed i tesori della Chiesa e distribuiscili a chi tu meglio credi ».Lorenzo fece diligente ricerca di quanti poveri e chierici potè trovare nei quartieri di Roma e distribuì loro tutte le ricchezze. Poscia, salutati per l’ultima volta i Cristiani, si portò da Valeriano che già l’aveva fatto chiamare, ed all’intimazione di recargli i beni della Chiesa, promise che entro tre giorni glieli avrebbe mostrati. Percorse le vie della città, raccolse un gran numero di poveri e glieli condusse dicendo: « Ecco qui i beni della Chiesa! ». Ma quell’uomo irritato gridò: « Come hai tu ardito beffarti di me?… Io so che tu brami la morte… Ma non credere di morire in un istante poichè io prolungherò i tuoi tormenti ». Ordinò infatti che Lorenzo fosse posto su una graticola di ferro rovente ed arrostito lentamente. Ma nel cuore del Martire ardeva un incendio ben maggiore! Quando fu bruciato da una parte, il carnefice ordinò che lo rivoltassero, ed avendo gli aguzzini ubbidito, il Martire con volto sereno disse: « Ora potete mangiare, perchè la mia carne è già cotta abbastanza ».Nuovi insulti uscirono dalla bocca del prefetto, ma il Martire, cogli occhi rivolti al cielo si offriva al Signore invocando su Roma la divina misericordia, per incoraggiare ancora una volta i Cristiani presenti. Tra questi spasimi spirò la sua grande anima. Era il 10 agosto 258.

PRATICA.
Sopportate con pazienza e rassegnazione le sofferenze della vita ed offritele a Dio per la propagazione della fede. 

PREGHIERA.
Dacci, te ne preghiamo, Dio onnipotente, la grazia di estinguere le fiamme dei nostri vizi, tu che desti al beato Lorenzo la forza di superare il fuoco dei suoi tormenti.

 

25 Luglio San Giacomo il Maggiore Apostolo.

S. GIACOMO IL MAGGIORE APOSTOLO

S. Giacomo il Maggiore fu uno dei dodici Apostoli.

Nacque in Galilea circa dodici anni prima di Gesù. Era fratello di S. Giovanni, figlio di Zebedeo pescatore in Betsaida, sul lago di Tiberiade e di Salome, discepola di Gesù. L’appellativo « maggiore » gli venne dal fatto che la sua chiamata fu antecedente a quella dell’altro S. Giacomo, figlio di Alfeo, che fu detto perciò « minore ».

Chiamato all’apostolato da Gesù stesso, lo segui generosamente, abbandonando le reti e la barca del padre. Questa generosità gli fruttò una speciale benevolenza da parte del Divin Maestro sì da aver parte alle più intime confidenze di Lui: assistette con S. Pietro e S. Giovanni alla risurrezione della figlia di Giàiro, alla tua Trasfigurazione, partecipando pure molto da vicino all’agonia di Gesù nell’orto del Getsemani.

Essendo anch’egli uomo soggetto alle miserie, con S. Giovanni, come narra il Vangelo, consigliò sua madre Salome di domandare a Gesù che essi potessero entrare nel suo regno, e sedere alla destra e alla sinistra di Lui. Ed il Divin Maestro volto a loro disse: « Potete voi bere il calice che sto per bere, ed essere battezzati col battesimo col quale io sarò battezzato? ».

« Si, lo possiamo », risposero in fretta i due Apostoli. Ma Gesù replicò che in effetto essi avrebbero bevuto il suo calice, ma quanto all’essere collocati nei primi posti nel regno dei cieli era cosa spettante al Padre suo.

Disceso lo Spirito Santo nella Pentecoste, S. Giacomo fu uno dei più zelanti predicatori del Vangelo. Tanto da spingersi fino in Spagna. Quivi lasciò un’impronta tale che molti secoli dopo, quando i Mori invasero quella terra mettendola a ferro e a fuoco, S. Giacomo era universalmente invocato.

Dalla Spagna tornato in Gerusalemme verso il 43, per ordine del re Erode Agrippa che voleva rendersi grato ai Giudei, fu fatto incarcerare e poi decapitare.

L’eroica confessione della sua fede convertì il soldato che l’aveva condotto ai giudici, il quale perciò ebbe anch’egli la grazia di morire martire. Il suo corpo, mèta di continui pellegrinaggi, riposa nella basilica di Compostela in Spagna.

PRATICA.
In ogni sventura vediamo noi pure la mano di Dio che ci porge il calice, e diciamo prontamente: «O Signore, sia fatta sempre la tua santa volontà».

PREGHIERA.
O Signore, santifica e custodisci il tuo popolo, affinchè, muniti dell’assistenza del tuo apostolo Giacomo, possiamo piacerti con una degna vita, e servirTi con tranquillità di spirito.

6 AGOSTO LA TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE GESU’ CRISTO

8 TRASFIGURAZIONE

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 9,28-36)

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 
Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». 
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto. Parola del Signore.

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RIFLESSIONI

La Trasfigurazione non era destinata agli occhi di chiunque. Solo Pietro, Giacomo e Giovanni, cioè i tre discepoli a cui Gesù aveva permesso, in precedenza, di rimanere con lui mentre ridava la vita ad una fanciulla, poterono contemplare lo splendore glorioso di Cristo. Proprio loro stavano per sapere, così, che il Figlio di Dio sarebbe risorto dai morti, proprio loro sarebbero stati scelti, più tardi, da Gesù per essere con lui al Getsemani. Per questi discepoli la luce si infiammò perché fossero tollerabili le tenebre della sofferenza e della morte. Breve fu la loro visione della gloria e appena compresa: non poteva certo essere celebrata e prolungata perché fossero installate le tende! Sono apparsi anche Elia e Mosè, che avevano incontrato Dio su una montagna, a significare il legame dei profeti e della Legge con Gesù.
La gloria e lo splendore di Gesù, visti dai discepoli, provengono dal suo essere ed esprimono chi egli è e quale sarà il suo destino. Non si trattava solo di un manto esterno di splendore! La gloria di Dio aspettava di essere giustificata e pienamente rivelata nell’uomo sofferente che era il Figlio unigenito di Dio.

Questo sei agosto vogliamo ancora fissare lo sguardo sulla bellezza di Dio.

Dio è bellissimo. Farne esperienza è quanto di più straordinario possa accadere nella vita di un uomo. Dio è bellissimo: ne fanno esperienza i tre che salgono sulla verde collina di Galilea. Il nostro mondo ha bisogno urgente di bellezza: ne hanno bisogno le nostre grigie e anonime periferie. Ne ha bisogno la nostra anima, nutrita di bellezza. Bellezza che non è una questione estetica ma di armonia assoluta: ciò che è sommamente bello è anche sommamente buono, vero e giusto. La verità del vangelo ci stupisce e ci affascina e ci spinge ad immaginare un mondo diverso, nuovo, dove Dio è l’orizzonte di riferimento. È bellissimo, Dio. Il nostro cristianesimo, purtroppo, ha accantonato questa semplice verità, facendo prevalere altri aspetti nella nostra appannata predicazione(è giusto credere in Dio, è doveroso…). La trasfigurazione rimette le cose in ordine: se crediamo in Dio è perché abbiamo scoperto che non esiste nulla di più bello. Più bello della più bella gioia che possiamo sperimentare, di un innamoramento, di una passione, di un’emozione, credere è il gesto più importante che possiamo fare.

1 Agosto Sant’ Alfonso Maria de’ Liguori Vescovo e dottore della Chiesa

I saggi rifulgeranno come lo splendore del firmamento;
coloro che insegneranno a molti la giustizia
brilleranno come stelle per sempre. (Dn12,3)santo5096big

Nacque il 27 settembre del 1696 a Napoli dalla nobile famiglia De’ Liguori. Ricevette dai suoi buoni genitori un’educazione santa ed energica, a cui il piccolo Alfonso non mancò di corrispondere, conservando per tutta la vita una predilezione speciale ed un vivo sentimento di riconoscenza verso sua madre.

Con uno studio accurato ed indefesso ottenne la laurea di avvocato a soli sedici anni. Dopo avere esercitato con brillante successo la sua professione per parecchi anni, per un errore commesso involontariamente nel trattare mia causa in tribunale rimase talmente scosso, che decise di abbandonare il mondo per seguire la voce di Dio che lo chiamava al sacerdozio. Tale cambiamento non era facile; numerose difficoltà gli si paravano innanzi: era nobile, di ottime qualità, abile nella professione, amava con grande affetto la sua famiglia ed era da essa riamato; ma egli rimase immobile nel suo proposito.

Divenuto sacerdote, si esercitò nella predicazione popolare e nell’insegnamento del Vangelo. A tutti rivolgeva la sua parola semplice, caritatevole, senza ricercatezza, e per predicare il Vangelo ai poveri, fondò la congregazione religiosa dei Redentoristi.

Fu autore di molteplici opere letterarie, teologiche e di celebri melodie natalizie, tra cui la famosissima “Tu scendi dalle stelle”, derivato come versione in italiano dall’originale “Quanno nascette Ninno”

Nel 1762, a 66 anni, fu eletto vescovo di S. Agata dei Goti. Esercitò l’episcopato con grande zelo, facendo di tutto per estirpare il male e salvare le anime. Dopo tredici anni, colpito da gravi malattie, domandò ed ottenne di essere esonerato dall’episcopato e ritornare nel suo istituto. Ebbe a sopportare terribili prove anche nella vecchiaia. Morì il 1 agosto del 1787 alla veneranda età di 91 anni.

Illustre per virtù e miracoli, il Sommo Pontefice Gregorio XVI lo annoverò nel catalogo dei Santi; e Pio IX lo dichiarò Dottore della Chiesa universale.

Fra le continue occupazioni della sua vita sacerdotale ed episcopale, trovò modo di scrivere numerosissime ed importanti opere, fra le quali è celebre la Teologia Morale in diversi volumi. Altre opere meno importanti sono: Verità della fede, Vittoria dei Martiri, Trionfi della Chiesa. In quasi tutti gli scritti si prefisse lo scopo di difendere l’infallibilità pontificia e la Verginità di Maria, onde ebbe il merito d’aver preparato la definizione e la propagazione di questi due dogmi, che avvenne circa un secolo dopo per opera di Pio IX. Molto popolari e utili alle anime sono: Il gran mezzo della preghiera, Le visite al SS. Sacramento, Le glorie di Maria, L’apparecchio alla morte, La via della salute. 

29 Luglio Santa Marta di Betania

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Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!
Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà.

Marta era sorella di Lazzaro e di Maria. Era questa una famiglia molto distinta e caritatevole che Gesù molto amava e sovente onorava con la sua presenza.
A Marta era affidata la cura delle faccende domestiche. Ella mostrava ogni impegno per servire bene Gesù, e S. Luca narra che una volta, vedendo che la sorella Maria non l’aiutava nelle sue faccende, si lamentò dolcemente col Maestro Divino dicendo:
«Signore, non t’importa che la mia sorella mi lasci sola a servire?». Ma Gesù, pur non biasimando la sua sollecitudine, le disse: «Marta, Marta, tu ti affanni e t’inquieti di troppe cose. Una sola cosa è necessaria».
Alla morte del fratello Lazzaro le due sorelle rimasero molto contristate e non c’era chi potesse consolarle nel loro dolore. Fosse almeno stato presente Gesù! Egli, avvisato, non era ancora ritornato. Ma quattro giorni dopo, ecco arrivare il Maestro. «Marta, narra l’evangelista S. Giovanni, appena seppe della venuta di Gesù, gli andò incontro, mentre Maria se ne stava in casa a piangere. Disse a Gesù: Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto. Ma anche ora so che tutto quello che domanderai a Dio, te lo concederà. Gesù le disse: Tuo fratello risorgerà. Rispose Marta: Lo so che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno. E Gesù: Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se morto vivrà e chi vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo? Ella rispose: Si, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il figliuolo di Dio vivo, che sei venuto in questo mondo».
Gesù, per rinfrancare la fede di Marta e di Maria e per mostrare ai Giudei ch’egli era veramente padrone della vita e della morte, giunto al sepolcro, disse ai circostanti: « Togliete la pietra ». E a Marta che gli osservava: «Signore, già puzza, perchè da quattro giorni è lì». Gesù rispose: «Non ti ho detto che se credi. Vedrai la gloria di Dio?». Gesù richiamò in vita Lazzaro, e «molti Giudei, conclude l’Evangelista, venuti da Maria e da Marta, avendo visto quanto aveva fatto Gesù, credettero in Lui». Non si può certo descrivere la gioia delle due sorelle nel riavere vivo il loro amato fratello che tanto avevano pianto. Esse per tutta la vita serbarono al Redentore la più viva gratitudine.
Molto probabilmente Marta fu presente al Calvario con sua sorella Maria, e con lei vide il Salvatore risorto. Dopo l’Ascensione di Gesù al cielo, Marta, con la sorella Maria ed il fratello Lazzaro, fu dai Giudei gettata in mare, perchè venisse sommersa dalle onde; ma la nave miracolosamente protetta e guidata giunse incolume nel golfo di Marsiglia. In questa città S. Marta fondò una comunità di vergini che governò santamente, finchè ricca di meriti, il 29 luglio dell’84, passò al gaudio sempiterno. Le sue reliquie si venerano a Tarascona, sul Rodano.

Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo.

Nel Vangelo secondo Giovanni vi sono tante confessioni di fede. Tutti però conducono all’ultima, quella finale, che è poi lo scopo di tutto: “Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome” (Gv 20,30-31).
C’è come un crescendo in Giovanni. Ogni testimone che segue aggiunge qualcosa a ciò che è stato detto in precedenza e così si avanza verso la perfezione della conoscenza di Gesù Signore. Questa progressione o completezza la troviamo tutta nel primo capitolo: “Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. – Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio». – Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. – Filippo trovò Natanaele e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». – Gli replicò Natanaele: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo»” (Cfr Gv 1,29-51). Alla fine della vita pubblica di Gesù Marta riassume le testimonianze precedenti e le esprime in una sola formula: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Leggiamo il testo:
E molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Cosa manca a questa confessione di fede per essere perfetta? Manca ciò che vi aggiunge Giovanni: “… Perché credendo, abbiate la vita nel suo nome”. Non basta dire che Gesù è il Figlio di Dio, il suo Unigenito, che si è fatto carne, che abita in mezzo a noi. Occorre aggiungere che la vita è nel suo nome e che essa ci è data mediante la professione della fede nella sua verità completa. Cristo Gesù è la vita del mondo, la luce, la grazia, la pace, il pane della vita, l’acqua che disseta. È tutto questo in quanto vero Dio e vero uomo. Non basta allora la fede di Marta per essere salvati. Essa è ancora non perfetta. È perfetta nella verità personale di Cristo Gesù. È ancora da rendersi esplicita nella relazione di Gesù con ogni uomo. Questa relazione è di vita eterna, salvezza, risurrezione, pace, grazia, verità, ogni altro dono celeste. Cristo è la via per cui tutto il Cielo passa nel nostro cuore. Questa fede oggi si è persa. Molti sono i predicatori che asseriscono una verità dell’uomo senza Cristo ed anche una possibilità di vita. Questo è impossibile. Perché solo Lui è la vita, la grazia, la verità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, fateci di fede perfetta.

26 Luglio Santi Gioacchino e Anna

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I GENITORI DI MARIA

“Facciamo l’elogio degli uomini illustri” dice il Siracide, ma sappiamo ben poco dei genitori di Maria: anche per loro si verifica la legge del segreto, del silenzio, del nascondimento che Dio ha applicato alla vita di Maria e alla maggior parte della vita storica di Gesù.
I Vangeli apocrifi parlano delle loro difficoltà ed è logico pensare che certamente Dio li ha chiamati a partecipare al mistero di Gesù, di cui hanno preparato l’avvento; però ora rimane loro solo la gioia e la gloria di essere stati genitori della Madonna. E un incoraggiamento alla nostra fiducia: Dio è buono e nella storia dell’umanità, storia di peccato e di misericordia, ciò che resta alla fine è la gioia, è il positivo che egli ha costruito in noi.
Gioacchino e Anna sono stati prescelti in un popolo eletto sì, ma di dura cervice, perché in questo popolo fiorisse Maria, meraviglioso fiore di santità, e da lei Gesù. E la più grande manifestazione dell’amore misericordioso di Dio.
Diciamo al Signore la nostra riconoscenza e la nostra gioia: noi siamo coloro che hanno la beatitudine di vedere “quello che molti profeti e giusti hanno desiderato vedere”.
La parola definitiva di Dio è stata pronunciata in Cristo e noi possiamo contemplare il suo mistero, ancora nella fede, ma già compiuto in lui.

23 Luglio Santa Brigida Di Svezia

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Santa Brigida nacque in Svezia nel 1303. Sposata in giovane età, ebbe otto figli che educò con cura esemplare. Associata al Terz’Ordine di san Francesco, dopo la morte del marito, si diede a una vita più ascetica, pur rimanendo nel mondo. Fondò allora un ordine religioso e, messasi in cammino verso Roma, fu per tutti esempio di grande virtù. Intraprese pellegrinaggi a scopo di penitenza e scrisse molte opere in cui narrò le esperienze mistiche da lei stessa vissute. Morì a Roma nel 1373.

Oggi la Chiesa celebra la memoria di Santa Brigida da Svezia, una delle protettrici della nostra Europa. A lei affidiamo il difficile periodo che stiamo vivendo, ritornando all’essenziale che è la fede.
Ieri Maria maddalena e oggi santa Brigida: la Chiesa ha bisogno di riscoprire il carisma femminile che tanto ha caratterizzato certi momenti luminosi della sua storia. Brigida ha una storia straordinaria: sposa a 14 anni, dopo avere avuto otto figli ed essere rimasta vedova, vive un periodo di solitudine e preghiera durante il quale riceve della rivelazioni personali. Cristo le chiede di fondare un nuovo ordine monastico misto: due comunità, una maschile e una femminile, con un unico luogo di preghiera e, scandalo nello scandalo, con un unico abate. Donna. Ovviamente la regola incontrerà innumerevoli resistenze e non potrà mai essere vissuta così come Brigida l’aveva concepita. Trasferitasi a Roma, passerà diversi anni ad evangelizzare: di lei ancora hanno un ottimo ricordo a Napoli, dove convincerà la regina e la corte ad assumere atteggiamenti più consoni alla vita cristiana. Pellegrina a Gerusalemme, Brigida vivrà l’ultimo periodo di vita annunciando la riforma della Chiesa. Chiediamole, davvero, di aiutare la Chiesa contemporanea ad essere un po’ meno maschilista e a lasciare emergere lo specifico del mondo femminile nella nostra pastorale.

22 Luglio Santa Maria Maddalena

Raccontaci, Maria che hai visto sulla via

Raccontaci, Maria: che hai visto sulla via?
La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 20,1-2.11-18)
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto».
Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”».
Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto. Parola del Signore.

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RIFLESSIONI

Accanto alla Vergine Madre, Maria Maddalena fu tra le donne che collaborarono all’apostolato di Gesù (Lc 8, 2-3) e lo seguirono fino alla croce (Gv 19, 25) e al sepolcro (Mt 27, 61). Secondo la testimonianza dei vangeli, ebbe il privilegio della prima apparizione di Gesù risorto e dallo stesso Signore ricevette l’incarico dell’annunzio pasquale ai fratelli (Mt 28, 9-10); Gv 20, 11-18). La sua memoria è ricordata il 22 luglio nel martirologio di Beda e dai Siri, dai Bizantini e dai Copti.

Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino
Il cristiano non è un adoratore di verità assolute, immutabili, eterne. Sarebbe questa la peggiore delle idolatrie. Adorerebbe una verità senza il suo Autore, il suo Creatore, il suo Dio. Lui è il cercatore inquieto nel cuore e nello spirito di Cristo Gesù, fonte unica del suo amore, della sua verità, della sua giustizia, della sua speranza. Non si può credere in una verità. Né la verità la si può adorare. Si deve credere in una persona. La persona nella quale si crede va cercata, bramata, desiderata. Verso essa sempre tendere, finché non sia divenuta vita della nostra vita, spirito del nostro spirito, anima della nostra anima. La vita si compie in questa fede e in questa ricerca.

Maria di Màgdala non cerca la verità di Cristo, se è risorto, non è risorto. Lei cerca Lui. È Lui il suo amore, la sua vita, la sua speranza, la sua gioia. A Lei non serve una verità in più su Cristo. A Lei serve Cristo in persona. È Lui che vuole trovare, incontrare, con Lui parlare, a Lui manifestare il suo cuore, a Lui svelare la sua anima. Quando avrà incontrato Cristo, sarà Lui a dirle ogni verità sulla sua persona. Questa ricerca di Cristo è stata, è alquanto trascurata. Ci accontentiamo di una qualche verità aggiornata. Siamo soddisfatti quando diciamo frasi ad effetto sulla sua religione. Senza la costante, inquieta, sempre agli inizi ricerca di Cristo, la nostra religione sarà un vuoto cosmico.
Sempre Gesù si lascia trovare da chi lo cerca con cuore inquieto, senza pace, senza mai darsi per vinto. Maria di Màgdala vede il Signore. Giovanni nel suo Vangelo la pone come modello della vera ricerca di Gesù. È questa infatti la vera religione: una costante, ininterrotta, perseverante ricerca dell’amato della propria anima. Senza questa ricerca, non saremo mai persone capaci di vera salvezza. Abbiamo un cuore vuoto e con esso non si può parlare del Vangelo, non si può dare Cristo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri cercatori di Gesù.

XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C

http://www.iosonolalucedelmondo.it/il-vangelo-del-giorno/     MARTA E MARIA

Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose,
ma una cosa sola è necessaria.
Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 10,38-42)
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». Parola del Signore.

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Il Signore non cerca servitori ma amici.
Mentre erano in cammino, una donna di nome Marta lo accolse nella sua casa.
Ha la stanchezza del viaggio nei piedi, il dolore della gente negli occhi. Allora riposare nella frescura amica di una casa, mangiare in compagnia sorridente, è un dono, e Gesù lo accoglie con gioia.
Quando una mano gli apre una porta, lui sa che lì dentro c’è un cuore che si è schiuso. Ha una meta, Gerusalemme, ma lui non “passa oltre” quando incontra qualcuno, si ferma. Per lui, come per il buon Samaritano, ogni incontro diventa una meta, ogni persona un obiettivo importante.
A Betania il maestro è accolto da donne che non venivano accolte come discepole dai maestri del tempo. Entra nella loro casa: la casa è scuola di vita, il luogo dove la vita nasce e si conclude, dove celebra le sue feste più belle, dove Dio parla nel quotidiano, nei giorni delle lacrime e in quella della danza dei cuori. E il Vangelo deve diventare vero non ai margini della vita, ma nel cuore di essa.
Maria, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Sapienza del cuore di donna, intuito che sceglie ciò che fa bene alla vita, ciò che regala pace, libertà, orizzonti e sogni: la Parola di Dio
Mi piace immaginare Maria di Betania e Gesù totalmente presi l’uno dall’altra: lui a darsi, lei a riceverlo. E li sento tutti e due felici, lui di aver trovato un cuore in ascolto, lei di avere un rabbi tutto per sé. Lui totalmente suo, lei totalmente sua.
A Maria doveva bruciare il cuore quel giorno. Da quel momento la sua vita è cambiata. Maria è diventata feconda, grembo dove si custodisce il seme della Parola, apostola: inviata a donare, ad ogni incontro, ciò che Gesù le aveva seminato nel cuore.
Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose. Gesù, affettuosamente, rimprovera Marta. E lo fa contraddicendo non il servizio, ma l’affanno; non contestando il cuore generoso, ma l’agitazione.
Quelle parole ripetono a tutti noi: attento a un troppo che è in agguato, a un troppo che può sorgere e ingoiarti, che affanna, che toglie libertà e distoglie dal volto degli altri.
Marta – sembra dirle Gesù – prima le persone, poi le cose. Non sopporta che sia confinata in un ruolo di servizio, affogata nei troppi impegni: tu, le dice, sei molto di più; tu puoi stare con me in una relazione diversa. Tu puoi condividere con me pensieri, sogni, emozioni, conoscenza, sapienza, Dio.
«Maria ha scelto la parte migliore», si è liberata e ha iniziato dalla parte giusta il cammino che porta al cuore di Dio, dall’ascolto. Perché Dio non cerca servitori, ma amici; non cerca delle persone che facciano delle cose per lui, ma gente che gli lasci fare delle cose, che lo lasci essere Dio.

16 Luglio Beata Vergine Maria del Monte Carmelo.

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La solennità della Beata Vergine del Carmine si celebra il 16 luglio, in ricordo dell’apparizione e della consegna dello scapolare a S. Simone.

Oggi è onorata la Vergine Maria, madre e decoro del Carmelo. Oggi i suoi figli diletti ne ricordano i benefici. Oggi la stella del mare brilla dinanzi ai figli quale segno di sicura speranza e di consolazione.

Celebrando la solennità della beatissima Madre di Dio e supplichiamo con fiducia Cristo Signore e diciamo:

Per la Madre del Carmelo ti preghiamo, ascoltaci.

Signore che hai detto: “Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli”.
– fa’ che imitiamo in povertà di spirito Maria, tua serva, e meritiamo di diventare ricchi di Te solo.

Signore che hai detto: “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”,
– fa’ che imitando la purità della Vergine, possiamo contemplare sempre il volto del Padre.

Signore che hai detto: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”.
– fa’ che, pellegrini nella notte della fede, aderiamo a Te con Maria, beata per la fede, e crediamo sempre al tuo amore per noi.

Signore che hai detto: “Bisogna sempre pregare, senza stancarsi”.
– insegnaci a pregare, affinché perseverando unanimi nella preghiera con Maria, custodiamo sempre nel cuore la Tua parola e l’annunciamo ai fratelli.

Signore che hai detto: “Vi do un comandamento nuovo: amatevi come io vi ho amati”.
– fa’ che, collaboratori con Maria all’opera della Redenzione, non esitiamo a dare la vita per i fratelli e siamo un cuor solo e un’anima sola.

Signore che dalla croce, indicando Maria, hai detto a Giovanni: “Ecco tua Madre”.
– fa’ che riconosciamo Maria come madre della grazia, la riceviamo come l’Apostolo, vivendo nell’intimità con Lei.

Signore che hai detto: “Voglio che coloro che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io”.
– Concedi che tutti i fedeli possano gioire senza fine con te e con lei nella gloria del Padre.

Benedetta sei tu, figlia, davanti a Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra. Davvero la tua lode non cadrà dal cuore degli uomini, che ricorderanno per sempre la potenza di Dio. Dio dia esito felice a tua perenne esaltazione, ricolmandoti di beni, in riconoscimento della prontezza con cui hai esposto la vita di fronte all’umiliazione della nostra stirpe e hai sollevato il nostro abbattimento, comportandoti rettamente davanti al nostro Dio.

14 Luglio San Camillo de Lellis Sacerdote Protettore di: malati, ospedali, personale ospedaliero

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14 Luglio San Camillo de Lellis Sacerdote Protettore di: malati, ospedali, personale ospedaliero

Annunziato da un sogno nasceva il 25 maggio del 1550 a Bucchianico nella diocesi di Chieti San Camillo de’Lellis.

Perdette la madre in giovane età e presto anche il padre e quindi si spiega come il piccolo Camillo, abbandonato a se stesso, abbia avuto una giovinezza assai libera fino a quando il Signore lo chiamò a mutar vita nell’anno 1574.

Appena l’età glielo permise, si diede al mestiere già esercitato da suo padre e che per S. Camillo’ fu fatale. Appassionandosi infatti ognor più al gioco, e in esso arrischiando grosse somme, il poveretto si trovò ridotto in breve alla povertà più estrema. Abbandonò quindi il mestiere delle armi e per sostentarsi si ridusse a far il manovale in un convento di Cappuccini. Il guardiano, vedendolo di buona indole, gli fece una paterna ammonizione, che Camillo ascoltò con umiltà. Gettatosi poi ai piedi del frate, promise di riparare il male compiuto. Infatti dopo alcuni giorni di riflessione e di preghiera, chiese di essere ammesso tra i figli di S. Francesco e potè vestire l’abito dei Cappuccini.

Ma una ferita riportata da soldato al collo del piede, resa sempre più molesta per l’urtare continuo che vi faceva l’abito, lo costrinse ad abbandonare il convento.
Fu duro pel fervoroso novizio deporre quell’abito, Abbandonare quel luogo, ma rimessosi interamente alle disposizioni della Divina Provvidenza si recò a Roma. Qui era il campo del suo apostolato.

Sotto la direzione di S. Filippo Neri passò al servizio degli incurabili nell’ospedale di S. Giacomo e lì maturò l’idea di fondare una Congregazione di religiosi con l’unico scopo di servire gl’infermi. Perciò, benchè di età già avanzata, circa il 1580 si mise a frequentare con i fanciulli i primi corsi di studi. I condiscepoli, giovani e spensierati, lo deridevano, ma Camillo fu costante ed ebbe la gioia di divenire sacerdote.

Le sue maniere affabili e dolci gli attirarono alcuni altri sacerdoti ed il Santo potè dar principio alla vagheggiata Congregazione dei Chierici Regolari ministri degli infermi.

Non è facile dire il bene che questi religiosi hanno fatto e fanno nella Chiesa: S. Filippo Neri li diceva non uomini, ma angeli in carne, tant’era la loro delicatezza e premura cogli infermi.

Il cuore di S. Camillo esultava vedendo tanti dolori leniti e tante anime soccorse proprio negli estremi momenti, ed era sempre il primo al letto degli infermi per prodigare le sue cure sapienti. Il Signore premiò questo zelo col dargli il dono dei miracoli e della profezia che il Santo usò per alleviare le miserie umane.

Consumato dalle privazioni e dalle fatiche, e colpito contemporaneamente da cinque diversi penosissimi mali da lui chiamati « le misericordie del Signore », passò a ricevere il premio della sua laboriosa vita il 14 luglio del 1614 in età di 64 anni.

Benedetto XIV l’iscrisse nell’albo dei Santi, e Leone XIII lo dichiarò celeste patrono di tutti gli ospedali.

PRATICA.
Benefichiamo, visitiamo, solleviamo i poveri nelle loro pene, per poter udire nel giorno del giudizio da Gesù le consolanti parole: «Ebbi fame e mi saziaste, ebbi sete e mi deste da bere, fui ignudo e mi vestiste, infermo e carcerato e mi visitaste… venite ora al premio che vi ho preparato».

PREGHIERA.
O Dio, che decorasti S. Camillo della prerogativa di una singolare carità, a favore delle anime sofferenti, deh! infondici per suoi meriti lo spirito del tuo amore, affinchè nell’ora della nostra morte meritiamo di vincere il nemico e di giungere alla corona celeste. 

11 Luglio San Benedetto da Norcia Abate, patrono d’Europa

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S. Benedetto, padre del monachismo d’Occidente, restauratore dello spirito cristiano dei suoi tempi, nacque a Norcia, nell’Umbria, dalla nobile famiglia Anicia nel 480. Inviato a Roma per addottorarsi nelle discipline liberali, tosto si ritirò dal mondo. Prese dimora nello speco di Subiaco ove rimase per tre anni nascosto e ignoto a tutti, conducendo vita penitente e angelica. Essendosi sparsa la fama della sua santità, alcuni monaci si posero sotto la sua guida sapiente ed illuminata. Ma la sua condotta era un continuo rimprovero e uno stridente contrasto con la loro vita rilassata. Non volendo essi sottomettersi ai suoi richiami, tentarono di avvelenarlo: però, fatto egli, come era suo costume, il segno della croce, il bicchiere che gli veniva presentato si spezzò.

Allora il nostro Santo si ritirò nuovamente nella solitudine, e accorrendo a lui gran numero di discepoli, dovette costruire dodici monasteri. Si trasferì poi a Montecassino, ove fondò quel celebre monastero, meraviglia di bellezza e di arte, da cui partirono i primi apostoli benedettini. Qui creò la sua nota regola nella quale si organizzava nei minimi particolari la vita dei monaci all’interno di una “corale”, questa filosofia dava nuova ed autorevole sistemazione alla complessa, ma spesso vaga e imprecisa, precettistica monastica precedente. I concetti principali erano due stabilitas loci (l’obbligo di risiedere per tutta la vita nello stesso monastero) e la conversatio(la buona condotta morale, la pietà reciproca e l’obbedienza all’abate), il “padre amoroso” (il nome deriva proprio dal siriaco abba, “padre”) mai chiamato superiore, e cardine di una famiglia ben ordinata che scandisce il tempo nelle varie occupazioni della giornata durante la quale la preghiera e il lavoro si alternano nel segno del motto ora et labora (“prega e lavora”).

S. Benedetto fu dotato da Dio del dono della profezia: predisse. Tra l’altro le gesta e il tempo della morte a Totila, re del Goti. Pochi mesi prima predisse la propria morte: sei giorni innanzi si fece aprire il sepolcro; il sesto giorno, portatosi in chiesa a ricevervi l’eucarestia, spirò tra le braccia dei suoi monaci. La sua anima fu vista salire al cielo su un fulgore di luci mentre un uomo diceva: «Questa è la via per cui Benedetto ascende al cielo». Aveva oltre sessanta anni.

« S. Benedetto, scrive D. Guéranger, è il padre dell’Europa perché egli per mezzo dei suoi figli numerosi come le stelle del cielo e l’arena del mare, ha rialzato gli avanzi della società romana, schiacciata sotto l’invasione dei barbari; ha presieduto allo stabilimento del diritto pubblico e privato delle nazioni, ha portato il Vangelo e la civiltà nell’Inghilterra, nella Germania, tra i popoli del Nord e perfino tra gli Slavi; ha distrutto la schiavitù, insegnata l’agricoltura e salvato infine il deposito delle lettere e delle arti dal naufragio che sembrava inghiottirle senza speranza di salvezza ».

Tanto fu grande il suo spirito di mortificazione ed estrema e delicata la sua purezza, che non esitò a ravvolgersi tra le spine per vincere una violenta tentazione.

Grandissima fu la sua prudenza di legislatore e di direttore di anime: egli è uno dei quattro grandi patriarchi d’Occidente e le sue regole sono tutt’ora adottate e seguite da molte famiglie religiose.

L’ordine religioso fondato da S. Benedetto si estese in tutto il mondo, e diede un numero grandissimo di santi, papi, vescovi e personaggi illustri. Tra i santi benedettini più celebri si annoverano S. Mauro Abate e S. Placido Martire, S. Willibrodo, S. Vifrido, S. Ruberto, S. Bonifazio, S. Gregorio Magno, S. Agostino di Canterbury, per non dire di tanti altri.

PRATICA.
Da questo Santo impariamo la prontezza e l’estrema decisione nello scacciare le tentazioni.

PREGHIERA.
Deh! Signore, ci renda accetti l’intercessione del San Benedetto, affinché quello che non possiamo con i nostri meriti, lo conseguiamo per il suo patrocinio

XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C IL BUON SAMARITANO

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E chi è il mio prossimo?

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 10,25-37

Un dottore della legge si alzò per mettere Gesù alla prova: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso». E Gesù: «Hai risposto bene; fa questo e vivrai». Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: « Va e anche tu fa lo stesso».

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Rifettiamo

La parabola del buon samaritano disorienta molte convinzioni, manifesta il cuore di chi ama Dio o vuole solo servirsi di Dio e offre la visione della disponibilità dei non credenti, dopo averli considerati sempre molto lontani. Il samaritano aiuta l’uomo mezzo morto per amore di Dio, compie un gesto sicuramente non prevedibile.

I samaritani erano considerati eretici dagli ebrei, il motivo era dovuto al loro distacco dall’ebraismo e avevano creato un loro culto, inoltre avevano tradito la razza ebraica sposando anche non ebrei e per i giudei si trattava di un tradimento irreparabile. L’odio comunque era reciproco.

La lite tra ebrei e samaritani era antica, sostanzialmente questi ultimi non erano inclusi nel patto della Legge, di cui Mosè era stato mediatore al Monte Sinai e lui era un ebreo. Quelli della regione di Samaria si distaccarono successivamente e consideravano parola di Dio i primi cinque libri delle Scritture, il Pentateuco.

Essi osservavano la loro Pasqua e la loro Pentecoste sul Monte Gherizim nel distretto della Samaria invece di recarsi come tutti gli ebrei a Gerusalemme nel tempio. La disputa tra ebrei e samaritani era acerrima, per questo gli Apostoli rimasero sorpresi quando videro Gesù che parlava con una samaritana, la donna più volte sposata, vicino al pozzo di Giacobbe.

Per una maggiore comprensione del testo biblico, leggiamo i primi versetti del capitolo 4 di Giovanni che riguardano questo incontro.

«Quando il Signore venne a sapere che i farisei avevan sentito dire: Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni -sebbene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli-, lasciò la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea. Doveva perciò attraversare la Samaria. Giunse pertanto ad una città della Samaria chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era il pozzo di Giacobbe.

Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: “Dammi da bere”. I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. Ma la Samaritana gli disse: “Come mai Tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?”. I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani.

Gesù le rispose: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è Colui che ti dice: Dammi da bere!, Tu stessa gliene avresti chiesto ed Egli ti avrebbe dato acqua viva”» (Gv 4,1-10).

Abbiamo una spiegazione biblica dell’avversione vicendevole tra ebrei e samaritani, ed era impensabile che uno arrivasse ad aiutare l’altro, proprio nella strada che da Gerico scende a Gerusalemme, percorso ancora oggi pericoloso e fastidioso.

Gesù inserisce nella parabola la figura del samaritano per spiegare agli ebrei che Lo ascoltavano, che si può ricevere aiuto in modo imprevedibile, con un’azione che può rompere gli schemi e far risaltare qualcosa che si considerava impossibile.

Gesù oggi ci dice che Lui agisce quando meno ce lo aspettiamo e quando tutto sembra finito. Gesù proclama che è sempre vicino a noi!

Il samaritano viene chiamato buono quando per nessun ebreo poteva esserlo, proprio perché samaritano.

Però è il samaritano a compiere un gesto che il sacerdote del tempio e il cantore/lettore sempre del tempio, si sono guardati bene dall’attuare. Per gli ebrei era un emarginato mentre il samaritano mise in pratica il Comandamento dell’amore. Conosceva infatti i Comandamenti che Dio diede a Mosè e il suo agire era conseguenza di uno spirito religioso.

Lo stesso gesto di aiutare l’uomo mezzo morto è un atto di pietà grandioso, senza farsi calcoli di convenienza e opportunità. L’uomo ferito poteva essere un brigante gettato a terra, poteva reagire contro lui o lo stesso samaritano poteva essere accusato di avere compiuto l’agguato.

Senza calcoli il samaritano attua la legge dell’amore. Ha tutto da perdere secondo gli uomini, ma davanti a Dio compie un gesto eroico.

Ognuno di noi deve essere un buon samaritano e raccogliere con amore quanti si trovano spiritualmente per terra e non posseggono la capacità di rialzarsi perché feriti a morte. L’intelletto è accecato, la vita interiore sconvolta, la volontà senza guida, i pensieri orientati esclusivamente alle trasgressioni.

Queste persone innanzitutto devono sentirsi amate e mai condannate, come se fossero irrimediabilmente condannate all’inferno.

È Gesù a dirci che il suo intervento può stravolgere una situazione già apparentemente definitiva. Lui può cambiare la vita di persone incorreggibili, ma occorrono anime generose, capaci di pregare molto per essi e, se hanno un amore senza limiti, devono fare anche dei sacrifici per ottenere il miracolo della conversione.

Anche se l’amore a Gesù è primario, il vero amore deve manifestarsi nelle opere, rimane comunque questo il consenso necessario per accedere a livelli spirituali elevati. Il rinnegamento e la rinuncia a quanto non è indispensabile ma sregolato, rimangono assolutamente essenziali per vivere la Parola di Dio.

La domanda posta a Gesù dal dottore della Legge non era inopportuna anche se non pienamente sincera, perché gli ebrei si erano creati 613 leggi, intesi come comandamenti. Alle dieci Leggi date da Dio a Mosè, avevano aggiunto una moltitudine di prescrizioni che arrecavano maggiore sbandamento spirituale.

La domanda nasceva dalla confusione che regnava in tutte queste norme. “E chi è mio prossimo?”.

Non conosceva il prossimo pur essendo un esperto della Legge ebraica, davvero un paradosso. Ma la sua intuizione lo spingeva verso l’interpretazione contraria ai samaritani. Da qui l’inserimento nella parabola del samaritano da parte di Gesù.

Noi non possiamo escludere nessuno dal nostro amore e dalle nostre preghiere. Lo insegna Gesù e la sua Parola è Verità.

“Io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori” (Mt 5,44).

“A voi che ascoltate, Io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano” (Lc 6,27).

“Se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso” (Lc 6,33).

“Amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché Egli è benevolo verso gl’ingrati e i malvagi” (Lc 6,35).

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C

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XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 10,1-12.17-20

Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l’operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite: Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino. Io vi dico che in quel giorno Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città. I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse: «Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli».

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RIFLETTIAMO

Il Vangelo di San Luca e uno dei Vangeli canonici del Nuovo Testamento ed è suddiviso in 24 capitoli. La definizione più bella data a questa redazione è il Vangelo della misericordia per la presenza di alcune parabole straordinarie come quella del figliol prodigo e del buon Samaritano.
Il Vangelo di San Luca è più profondo degli altri tre, la sua narrazione è approfondita e racconta episodi che nessun altro presenta, come molti particolari degli avvenimenti che riguardano la Madonna, San Giuseppe e San Giovanni Battista.

Ancora più importante risulta per i racconti dell’infanzia di Gesù, descrivendo meravigliosamente l’Annunciazione e un avvenimento che riguarda Gesù a dodici anni, quando si fermò nel Tempio ad istruire gli sbalorditi dottori della Legge.

È il Vangelo che presenta tre bellissime preghiere: il Magnificat, il Benedictus ed il Nunc dimittis.

Questa redazione di San Luca è completa perché inizia con la narrazione delle nascite miracolose di Giovanni Battista e di Gesù, e con uno stile semplice e intenso descrive la vita di Gesù, soffermandosi in molti punti interessanti e catechetici del suo ministero.

Si sofferma abbastanza sulla predicazione di Gesù e mette in risalto con rifinita maestria i suoi miracoli e gli esorcismi praticati su moltissimi indemoniati. Racconta la rivelazione di Gesù della sua Divinità sul monte, quando apparvero Mosè ed Elia ed avvenne la sua trasfigurazione.

La lettura del Vangelo di San Luca è determinante per conoscere inizialmente l’Uomo Gesù per poi arrivare a identificarlo con Dio.

Questo esercizio lo avranno fatto molti pagani. Anche per questo il Vangelo presenta con molta delicatezza i tratti virtuosi di Gesù, mostrandolo come l’Uomo in cui si trova la spiegazione di tutto.

Presenta Gesù pieno di bontà e con una amabilità diversa se non opposta a quella umana.

Il brano del Vangelo di oggi ci presenta con precisa periodicità il richiamo di Gesù alle messe. Per messe in questo caso si intende quanto si raccoglie come frutto di un’attività, è il raccolto abbondante di grano nella circostanza data da Gesù.

Quando le spighe sono giunte a maturazione si passa alla mietitura, è il tempo della messe, intendendo un raccolto abbondante.

Il campo è il mondo e in esso vi è abbondantissima mietitura pronta da raccogliere ma mancano gli operai! Ed è compito nostro pregare il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Gesù dà un avvertimento che vale soprattutto in questi tempi: vi mando come agnelli in mezzo a lupi. L’atteggiamento che bisogna mostrare è quello che ha utilizzato il Signore, rimanendo agnelli nella bontà e in tutte le virtù che però mettono paura ai lupi e li fanno fuggire.

Sono indicazioni date agli Apostoli che dobbiamo accogliere per agire con una Fede forte, valida ad ottenere grandi miracoli.

XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C Ti seguirò dovunque tu vada

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XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C

Ti seguirò dovunque tu vada

Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del i loro nidi,
ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 9,51-62)

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio. Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece và e annuncia il Regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il Regno di Dio». Parola del Signore.

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Quello che appare nella società è l’aumento di molti personaggi poco interessati al bene comune e protesi verso l’affermazione di una visione egoistica e settaria. Questo preoccupa ma non ci scoraggia, anche se si accordano e cercano di manipolare tutto, noi abbiamo una grande Fede. È la nostra bussola. Ci guida verso la Verità tutta intera.

“Verrà lo Spirito di Verità e vi guiderà alla Verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future” (Gv 16,13).

La mancanza della verità è diventata una regola in questo mondo, tutto viene alterato e quanto appare, molto spesso è solo finzione.

Gesù viene sempre più emarginato e questa operazione programmata coinvolge di continuo sempre più persone. Molti cristiani ignorano la finalità di molte azioni che vengono presentate come un miglioramento della società e anche della Chiesa, ma sono credenti privi di una formazione spirituale adeguata.

I samaritani si rifiutarono di accogliere Gesù ma avevano una motivazione religiosa. Oggi Gesù viene emarginato per motivi politici,  economici e sociali, è in atto un complotto contro Lui e i cristiani devono avere chiaro quanto continua ad evolversi contro il Cristianesimo.

“Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme”.

La società odierna è in cammino verso luoghi privi di Dio, si allontana dalla Chiesa e trascura la vita spirituale.

Molti credenti sono in buonafede perché non hanno avuto modo di conoscere la sana dottrina, c’è una responsabilità comunque, c’è anche un mancato interesse da parte di chi dovrebbe dedicare maggiore tempo alla santificazione delle anime.

Già le Chiese aperte sarebbero una gioiosa sollecitazione a fare una visita a Gesù sacramentato, a chiedere aiuto all’Unico che ha il potere di rendere possibile ciò che umanamente è impossibile.

È spontaneo per molti fare promesse anche quando capiscono di non poterle rispettare. Spesso si propongono una condotta di vita migliore, ma non è sufficiente il proposito. Anche quel tale che incontrò Gesù disse: “Ti seguirò dovunque tu vada”. Una ottima disponibilità senza dubbio, ma era un proposito convinto?

Per Gesù quelle parole nascondevano una debolezza profonda, l’incapacità di osservare quanto diceva emotivamente quel tale.

La risposta di Gesù un po’ enigmatica, respinse quanto detto dall’uomo e gli spiegò che per seguirlo doveva prima mettere da parte le certezze umane: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo”.

Camminando incontrò un altro uomo e lo trovò spiritualmente pronto ma egli non aveva ancora spezzato gli affetti umani. “Seguimi”. Un comando perentorio, non più prorogabile, purtroppo quell’uomo non è riuscito a mettere al primo posto Dio, anche nella circostanza che ha spiegato.

“Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre”.

Una richiesta legittima, ma se aveva compreso chi era Gesù, non poteva più preoccuparsi di chi non era più in vita. Cosa avrebbe comportato di spirituale e di benefico al padre, la sua presenza al funerale del padre? Nulla. Anzi, l’obbedienza al Signore avrebbe sicuramente arrecato del bene all’anima del padre.

“Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece và e annuncia il Regno di Dio”.

Camminando incontrò ancora un altro uomo e questi disse: “Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia”.

Non aveva compreso di trovarsi al bivio tra la gloria eterna e la mediocrità pericolosa della vita umana. Anche lui ha messo al primo posto i familiari senza preoccuparsi di Dio. Non si può poi pretendere che Dio si ricordi degli uomini che Lo trascurano o ignorano.

La risposta di Gesù frantuma le illusioni di tutti coloro che hanno abbandonato il cammino spirituale e sono ritornati a vivere come prima della conversione o della Consacrazione al servizio di Dio.

“Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il Regno di Dio”.

XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C

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Chi sono Io secondo la gente? Ma voi chi dite che Io sia?

Dal Vangelo secondo Luca (Lu 9,18-24)

Pietro, prendendo la parola, rispose: «Il Cristo di Dio».

Dal Vangelo secondo Luca (Lu 9,18-24)
Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con Lui, pose loro questa domanda: «Chi sono Io secondo la gente?». Essi risposero: «Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi Profeti che è risorto». Allora domandò: «Ma voi chi dite che Io sia?». Pietro, prendendo la parola, rispose: «Il Cristo di Dio». Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno. «Il Figlio dell’Uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno». Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà.

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La prima affermazione che ci obbliga a riflettere sulla Persona di Gesù è che Lui “si trovava in un luogo solitario a pregare”.

Gesù era la preghiera incarnata, un Uomo autentico traboccante di infinito Amore, il Dio eterno che si è rivestito di un Corpo per farsi vedere.

Non pregava perché si trovava in un luogo solitario, Egli era sempre in preghiera, in comunione perenne con il Padre, uniti dallo Spirito di entrambi. Un solo Spirito rendeva sempre presente il Padre al Figlio, rendeva presente il Figlio al Padre.

Solo Gesù beneficiava della visione beatifica ininterrotta del Padre.

La visione beatifica nella dottrina cattolica, è la percezione immediata della natura divina di cui godono i Beati in Paradiso. Gesù viveva in Palestina, era però anche Dio, quindi solo Lui poteva fruire di questa ininterrotta comunione con il Padre.

Gesù pregava ogni istante, senza avere bisogno dei Salmi che conosceva perfettamente per averli ispirati come Dio, a Davide e ad altri.

Pregava anche quando dormiva, ogni suo gesto e ogni sua parola erano emanazione di preghiera, intesa come un dialogo amoroso tra Figlio e Padre, anche senza parole perché servivano poco le parole a Loro che comunicavano con il pensiero.

Vediamo qual è il vero significato di preghiera.

Gesù da perfetto religioso osservava tutto quanto era prescritto dalla Legge, quindi recitava le preghiere del mattino e della sera, le diciotto Benedizioni durante la giornata. Diceva le preghiere ma Lui innanzitutto pregava, perché tra pregare e preghiere c’è una significativa differenza.

Gesù pregava.

Più che recitare parole Lui era la preghiera, e pregava perché viveva di Amore, un sentimento non comprensibile da nessun essere umano, ma nella vita terrena di Gesù era un legame trascendente con suo Padre. Neanche i più grandi Santi hanno mai potuto comprendere il sentimento amoroso tra Gesù e suo Padre, solo Dio lo conosce.

Nel Vangelo di Luca troviamo che Gesù nei momenti particolari della sua missione era sempre in preghiera. Si ritirava in luoghi solitari e pregava con un trasporto unico. Pregava nel senso che dialogava con il Padre, apriva il suo Cuore innocente al Padre e riferiva tutto.

Anche se non c’era alcuna necessità di esporre al Padre quanto avveniva nel suo apostolato, perché il Padre tutto vedeva e conosceva, Gesù cercava il silenzio soprattutto per ringraziare il Padre, autore principale della redenzione del genere umano.

Nel silenzio della notte, soprattutto, Gesù dialogava con il Padre, mentre durante il giorno -rimanendo perennemente nella visione beatifica-, insegnava e dialogava molto con i discepoli per far accogliere la nuova mentalità del Vangelo.

Bisogna entrare in questo dialogo con Gesù per pregare con il cuore, fino a percepirlo vicino a noi anche quando non preghiamo con le parole ma preghiamo con la vita, perché immersi nelle faccende giornaliere. Tutto deve diventare preghiera, ogni gesto, parola e opera.

Ma questa certezza della sua presenza è avvertita solo da quanti sono avanti nella vita spirituale.

Tutti gli altri continuano a recitare preghiere e non riescono ad entrare in comunione con il Signore, sono distratti dai beni materiali.

“Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”.

Questa è la condizione posta da Gesù per seguirlo veramente, e rimane impossibile compiere il cammino spirituale senza un sincero rinnegamento verso le cose che inorgogliscono e che fanno piacere ai sensi, ai sette vizi.

Vogliamo ricordare i vizi capitali?

Superbia.

Avarizia.

Lussuria.

Ira.

Gola.

Invidia.

Accidia.

“Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà”.

È impegnativo fare questo, è evidente, ma proprio qui si misura l’amore verso Dio e la scelta di diventare un cristiano autentico.

Nessuno si trasforma in poco tempo in un buon cristiano, però lo stesso proposito di cambiare mentalità e rinascere nello Spirito di Dio, è già una vittoria, e sarà sempre più gratificante per la propria realizzazione. Infatti, la vera realizzazione di una persona è l’osservanza dei Comandamenti.

Questo cammino diventa più facile se si chiede aiuto alla Madre di Gesù. Ella è la Maestra di perfezione e di santità.

La recita della preghiera a Lei più cara è il Santo Rosario recitiamolo con devozione e Amore!

X DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C

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X DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C
Un grande profeta è sorto tra noi

Dal Vangelo secondo Luca (Lc7,11-17)

Dio ha visitato il suo popolo

In seguito si recò in una città chiamata Nain e facevano la strada con Lui i discepoli e grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: «Non piangere!». E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Giovinetto, dico a te, alzati!». Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed Egli lo diede alla madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo». La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.

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Con la risurrezione del fanciullo abbiamo una dimostrazione dell’Onnipotenza di Gesù, e solo di Gesù possiamo dire che è davvero “il più grande”.

Nel Cristianesimo neanche uomini che hanno vissuto eroicamente si sono sentiti i più grandi… Il motivo è stato di sentirsi sinceramente piccoli dinanzi all’Onnipotente Dio di Gesù Cristo.

San Francesco d’Assisi e San Pio da Pietrelcina, tanto per citarne due, mai si sono considerati i più grandi, al contrario riconoscevano pubblicamente di essere miseri davanti a Dio. Dicevano pubblicamente parole di smisurata umiltà personale, e più crescevano davanti a Dio più vedevano tutti i loro limiti.

I Santi e veri eroi sanno di essere fragili creature.

Il miracolo di oggi è toccante, ci dà tanti Potremo organizzare incontri di preghiera e catechesi proprio sui miracoli di Gesù e le meravigliose parabole.

Il miracolo della risurrezione del fanciullo ci dice che Gesù ci aspetta sempre all’angolo della strada che percorriamo, come avvenne durante il corteo funebre a Nain. Il Signore si avvicinò alla bara e la toccò, «mentre i portatori si fermarono. Poi disse: “Ragazzo, dico a te, alzati!”. Il morto si mise seduto e cominciò a parlare».

Riflettiamo sull’Onnipotenza di Gesù, Lui che fa risorgere i morti dominando la morte, oltre che la natura e la malattia!

Gesù ci è sempre vicino e quando non ci accorgiamo di Lui, vuol dire che siamo troppo presi dalle cose del mondo. Ma chi si accorge del Signore che attende il passaggio dei peccatori morti spiritualmente, viene toccato e rinasce, ricomincia una nuova vita e tutto diventa bello. Ogni istante della vita è una nuova e continua gioia e la pratica delle virtù rende migliori.

Solo seguendo Gesù conosciamo la vera vita, il suo senso, diamo ad ogni cosa il giusto significato e riusciamo a dominare i sensi.

Festa del Sacro Cuore di Gesu’

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SE

Se brami guarire dalle tue ferite, Gesù è il medico.

Se il bruciore della febbre ti asseta, Egli è la fonte.

Se le colpe ti rimordono, Egli è il perdono.

Se hai bisogno di aiuto possente, Egli è la forza.

Se la morte ti fa paura, Egli è la vita.

Se aneli alla patria celeste, Egli è la via.

Se le tenebre ti sgomentano, Egli è la luce.

Se hai fame di certezza, Egli è la verità.

Se ti occorre il cibo che sazia, Egli è il pane che nutre in eterno”.

(Matteo 11- 28)

Così dice il Signore:
<<Venite a Me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e Io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il Mio peso leggero>>.

Corpus Domini Solennità del corpo e sangue di Cristo

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Corpus Domini Solennità del corpo e sangue di Cristo

« Così Dio amò il mondo, da darci il suo Figlio Unigenito ».

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga. Parola di Dio

LA SANTISSIMA TRINITA’

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LA SANTISSIMA TRINITA’

Gv 16,12-15

Tutto quello che il Padre possiede è mio; lo Spirito prenderà del mio e ve lo annuncerà.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà Lui, lo Spirito della Verità, vi guiderà a tutta la Verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà». Parola del Signore.

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RIFLESSIONI

Due affermazioni di Gesù nel Vangelo di questa domenica sono da valutare con maggiore attenzione. La prima è in realtà l’annuncio di quanto vuole rivelare agli Apostoli ma deve rimandare queste rivelazioni perché essi non sono capaci di comprenderle, quindi di “portarne il peso”. Però Gesù li avvisa che la sua rivelazione non è ancora terminata, oltre a quello che comunicherà in questa circostanza, verrà lo Spirito a guidarli.

“Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso”. Gesù si rivela gradualmente anche ad ognuno di noi, questo dipende dalla nostra comunione con Lui, dalla capacità di comprendere la sua volontà. Lui ci conosce perfettamente e non si rivale se la porta del cuore è chiusa, attende la nostra apertura, la disponibilità sincera.

C’è nel cammino di conversione un percorso da compiere, non si improvvisa la vita spirituale, si acquisisce con i nostri sforzi.

L’altra frase che richiede una particolare attenzione riguarda l’azione dello Spirito, Gesù però prima dice: “Quando verrà Lui…”, quindi deve prima visitarci con la sua Luce, invece agli Apostoli si manifestò in modo meraviglioso nella Pentecoste e da quel momento diventarono creature nuove. Dobbiamo chiederci se il Divino Spirito agisce in noi, ma per Lui agire dobbiamo permetterglielo, quindi l’anima deve stare in Grazia di Dio.

Gesù vuole che ogni cristiano abbia abbondante Spirito Santo, è Lui che santifica le anime e le eleva dalla condizione umana. Lo Spirito Santo non viene in noi solo perché Lo invochiamo, questo non è sufficiente, oltre l’invocazione è indispensabile avere l’anima accogliente, deve essere distaccata dai vizi e dagli idoli terreni.

“Lo Spirito della Verità, vi guiderà a tutta la Verità”. Questa frase esprime l’autentica situazione in cui si trova un credente, se egli possiede questo Spirito Divino potrà raggiungere la Verità, quindi riuscirà a discernere il bene dal male e a comprendere i buoni dai falsi profeti. Senza questo Spirito il credente non è capace di capire nulla della realtà invisibile, si illude se profetizza invano e parla di ciò che è solo suo.

Non basta conoscere la Teologia o avere letto molti libri di spiritualità, è indispensabile vivere quanto si legge, non deve diventare lettera morta. Quando si compiono sforzi ascetici e ci si libera gradualmente dell’inclinazione a peccare, lo Spirito comincia a trovare spazio per entrare nell’anima e iniziare l’opera di santificazione. Senza questi sforzi è solo illusione voler capire le cose di Dio o discernere la verità su determinati fatti.

Gesù oggi agli Apostoli in pratica dice che non hanno capito tutto e non possono portare il peso per sapere dell’altro. Per la quinta volta Gesù ripete questo a loro, dopo che per tre anni erano stati con Lui ed avevano respirato il Paradiso. Come può allora un credente lontano dal Cuore di Gesù comprendere le Verità di Dio?

Nella solennità della Santissima Trinità troviamo almeno la spiegazione di quanto possiamo capire: Gesù ci svela che Dio è Trinità, è piena comunione. Dio è unico ma esiste una perfetta comunione tra le tre Persone, il Padre che è l’Amante, il Figlio che è l’Amato, lo Spirito che è l’Amore.

Il Padre ama il Figlio, il Figlio ama il Padre, questo Amore diventa una Persona: lo Spirito del Padre e del Figlio.

Sono talmente uniti da essere Uno nell’essenza ma Trino nelle Persone, un solo Dio presente in tre Persone che fra loro sono uguali. Tutto quello che si attribuisce all’una viene attribuita alle altre. Quando si parla di Creatore non è solamente il Padre, ma anche il Figlio e lo Spirito.

Quando si vuole parlare con Dio, cioè quando si vuole pregare, ci si può rivolgere personalmente al Padre o al Figlio o allo Spirito Santo, perché ognuno di essi è Dio, e parlando con ognuna delle tre Persone Divine, ci si rivolge con tutto Dio!

Quindi le tre Persone Divine (simboleggiate anche dai tre cerchi) non sono tre dei, ma un Dio solo, hanno una sola Natura Divina (simboleggiata dal grande triangolo). All’interno della Santissima Trinità il Verbo o Figlio è il Pensiero di Dio. Gesù ha due Nature ed è il Verbo eterno che si è fatto Carne. Come Parola Egli è l’intelligenza di Dio, è il Verbo, all’origine di tutte le cose.

San Giovanni per questo nel prologo del suo Vangelo scrive: “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di Lui, e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste” (Gv 1,1-3).

Non ci è concesso di andare oltre ciò che la ragione ci permette di intuire, la Fede ci assicura che la Parola di Gesù è infallibile.

Su questa terra noi possiamo conoscere veramente Dio solo con la Fede, credendo nella sua Parola. In Paradiso poi Lo comprenderemo pienamente, perché “Lo vedremo faccia a faccia“. La Trinità è un mistero, una verità superiore ma non contraria alla ragione, che crediamo perché Dio l’ha rivelata.