Archivi del mese: novembre 2015

GESÙ RACCONTA LA PARABOLA DELLE MINE

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I DSCEPOLI DI GESU’ PENSAVANO CHE IL REGNO DI DIO DOVESSE MANIFESTARSI DA UN MOMENTO ALL’ALTRO
DAL VANGELO SECONDO LUCA (Lc 19,11-28)

In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il Regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”. Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”. Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”». Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Parola del Signore

COMMENTO

Erano molti ad immaginare con la venuta di Gesù la realizzazione del Regno di Dio ma di natura temporale. Anche tra gli Apostoli era periodicamente presente questa convinzione, probabilmente per l’influenza di qualcuno del gruppo molto interessato a creare un vero esercito per sconfiggere i dominatori romani.

Il Signore, ripetevano, dopo avere abbattuto il potere oppressore di Roma, avrebbe fatto ingresso trionfante nella città santa. Essi, inoltre, speravano che, quando fosse arrivato quel momento, avrebbero occupato dei posti di prestigio nel Regno.

Questa loro speranza, così lontana dalla realtà, esprimeva una mentalità diffusa in molti ambienti ebraici dell’epoca. Per sradicare questo errore, Gesù espose questa parabola.

La parabola tratta di un uomo di nobile stirpe che partì per un paese lontano per ricevere l’investitura regale. I re dei territori dipendenti dall’Impero Romano ricevevano il potere regale dalle mani dell’imperatore e spesso erano costretti a recarsi a Roma.

Nella parabola l’illustre personaggio lasciò l’amministrazione del paese a dieci uomini di sua fiducia e partì per ricevere l’investitura. Consegnò loro dieci mine e la mina non era una moneta di conio, ma un’unità di conto: il suo valore equivaleva a trentacinque grammi d’oro.

Un vero tesoro consegnò ad ognuno dei dieci. Questi uomini ricevono un mandato: “Impiegatele fino al mio ritorno”.

Si trattava di far fruttare quel tesoro che avevano ricevuto ed essi adempirono all’incarico: si prodigarono per il loro signore per anni…

E questo è quanto continua a fare il cristianesimo dal giorno della Pentecoste, dopo che ebbe ricevuto il dono immenso dello Spirito Santo, inviato da Gesù e con esso l’infallibile Parola di Dio …

In questi venti secoli è stato fatto molto nella, si è lavorato anche bene, ma non sono mancati errori e cedimenti. Sempre ci sono stati uomini che hanno mostrato regresso, paure, incertezze, anche se non manca, al tempo stesso, coraggio e generosità.

La vita che abbiamo ricevuto in dono è un tempo per far fruttare i beni divini. Tocca a noi ora, a ogni cristiano, far rendere il tesoro di Grazie che il Signore ha lasciato nelle nostre mani. Questo è il nostro mandato finché il Signore non torni per ciascuno nel momento della morte.

Dobbiamo darci da fare con impegno perché il Signore sia presente in tutte le realtà umane.

Nella parabola Gesù inserisce una frase che si riferisce a se stesso, riguardo quei cittadini di quel paese che “Lo odiavano e gli mandarono dietro un’ambasciata a dire: Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”.

Gesù dovette inserire con dolore questa frase nel racconto, perché si riferisce a se stesso: è Lui l’uomo illustre che parte per terre lontane.

Raccontando questa parabola Gesù provava molta amarezza, vedeva negli occhi di molti farisei un odio crescente e il rifiuto più assoluto.

Quanto più manifestava bontà e misericordia, tanto più aumentava l’incomprensione che trapelava da molti volti. Dovette risultare ben duro al Maestro un’opposizione così decisa e violenta, che culminerà, qualche tempo dopo nella Passione.

Nella parabola Gesù premia quanti hanno obbedito e corrisposto alla sua volontà, mentre punisce severamente chi ha sotterrato i doni divini per vivere disordinatamente. Così i più buoni e onesti ricevono maggiore Grazia, i superficiali ed incuranti della loro Fede perdono anche quello che avrebbero potuto ricevere in futuro. Questo significa:

“A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha”.