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VIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C (Lc 6,39-45) 27 FEBBRAIO 2022

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 6,39-45)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Con parole rudi, certamente per far penetrare meglio il suo insegnamento nei nostri cuori duri, Gesù ricorda una delle
componenti fondamentali della vita cristiana: essere discepoli. Chi vuole condurre da solo la propria vita è un cieco che conduce un cieco; il buon frutto si trova su di un albero solido, e si è sempre cattivi giudici di se stessi se qualcuno non ci aiuta. Il maestro è Gesù, e noi siamo i suoi discepoli, cioè coloro che si lasciano istruire da lui, che riconoscono la sua autorità sovrana e si fidano delle sue parole. Ma beato colui che, sulla terra, ha saputo scoprire i portavoce di questa autorità, i maestri che non sono di ostacolo all’unico maestro, ma che attualizzano, concretizzano la sua parola, le sue esigenze, ma anche il suo amore attento. Vi sono i maestri secondo l’istituzione, quelli che la Chiesa ci dà, e riconosce come tali. E vi sono quelli che, nascosti, si lasciano riconoscere dai cuori preparati. Ogni uomo deve, nel corso di tutta la sua vita, riconoscersi discepolo di Gesù: seguirlo, obbedirgli e quindi ascoltarlo, al fine di mettere in pratica il suo insegnamento che ci conduce alla vita.

VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C (Lc 6,27-38) 20 FEBBRAIO 2022

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 6,27-38)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.
E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio». Parola del Signore.

VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C (Lc 6,27-38) 20 FEBBRAIO 2022
RIFLESSIONI

Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
La raccomandazione di Gesù riguarda la pace interiore, la pace nelle avversità, la necessità per ogni cristiano di fare del bene a tutti. Anche a quelli che non meritano nulla per i loro errori, tanto che il Signore precisa: “Dio è benevolo verso gli ingrati e i malvagi”. È un Padre che dimentica subito i peccati dei figli quando i figli chiedono perdono umilmente.
Molti cristiani poco esperti nella vita spirituale e altri che stravolgono intenzionalmente il Vangelo, vogliono immaginare un Padre lontano dalle vicende dei suoi figli e indifferente alle loro sofferenze. È una menzogna mirata a distogliere i credenti da Dio, perché Dio è Amore.
Lo dice Gesù nel Vangelo di oggi con parole chiare e commoventi.
I suoi insegnamenti sono la via maestra per trovare la vera pace interiore e per arrivare alla propria realizzazione. Molti pensano alla loro realizzazione sociale, solo a quella. Non è sbagliato pensare anche a questo per vivere dignitosamente, ma la nostra vera realizzazione è vivere secondo la volontà di Dio.
Egli non chiede a nessuno cose impossibili, se rileggete lentamente la Parola di oggi si trovano indicazioni che non possono venire dagli uomini sul comportamento da adottare in ogni circostanza. Gli uomini ragionano esattamente al contrario di quanto chiede Gesù, vogliono agire sempre in modo egoistico e indipendente dal Vangelo.
Gesù invita tutti ad amare senza limiti: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso”.
Questo deve avvenire principalmente in famiglia, comunque verso tutti bisogna mostrare molta comprensione. Chiaramente la comprensione non significa dimenticare come agisce quel familiare o quel collega, se compie del male o del bene. Si comprende quel familiare o l’amico conoscendo i suoi limiti, cosa porta nel cuore, se c’è bontà o indifferenza.
Ma si deve amare ogni essere umano, non parlo di un amore a convenienza, è un amore misericordioso che desidera il bene di tutti.
È difficile vivere questa Parola anche nelle famiglie di credenti, le persone tartassate da qualche familiare ateo o anticlericale si trovano sempre disprezzate per la loro Fede e non riescono neanche a partecipare alla Santa Messa. Gesù dice: “Pregate per coloro che vi trattano male”.
Pregate e non maledite, sarà Lui a risolvere le vostre sofferenze.
Poi, ci indica la regola d’oro sconosciuta da molti cristiani: “E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro”. Nel mondo ci sono miliardi di egoisti che pretendono ogni forma di aiuto da amici e parenti, ma poi dimenticano anche gli aiuti ricevuti dai buoni genitori o dai familiari e amici pieni di bontà.
Noi credenti dobbiamo amare senza aspettare alcuna risposta proporzionata. Dobbiamo pensare bene di tutti dimenticando il male ricevuto, perché il cristiano ama sempre e lascia a Dio il compito di giudicare le vicende. A noi Gesù dà questo insegnamento:
“Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati”.
Questa pagina è ricca di insegnamenti. Parla da sola, insegna la Verità e indica alcuni comportamenti che possono mettere in pratica solamente i veri seguaci del Signore.
Queste parole di seguito dimostrano la vera difficoltà di chi vuole diventare un buon cristiano ed amare anche quanti non lo meritano. Amarli non implica la frequenza o il saluto, se rifiutano di salutarvi non avete alcuna responsabilità. Voi siate sempre disponibili al saluto.
«… amate i vostri nemici,
fate del bene a quelli che vi odiano,
benedite coloro che vi maledicono,
pregate per coloro che vi trattano male».
Oggi fate un esercizio di meditazione e rileggete il Vangelo, soffermandovi su ogni frase e cercate di coglierne alcuni significati.

GESU'

VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C (Lc 6,17.20-26) 13 FEBBRAIO 2022

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 6,17.20-26)
Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone,
Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete.
Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo.
Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi, perché avete gia la vostra consolazione.
Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.
Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti.» Parola del Signore.

RIFLESSIONI

“Beati voi poveri, perché vostro è il Regno di Dio”
Questa gioia di dimorare nell’amore di Dio incomincia fin da quaggiù. È quella del Regno di Dio. Ma essa è accordata su di una via scoscesa che richiede una totale fiducia nel Padre e nel Figlio, e una preferenza data al Regno. Il messaggio di Gesù promette innanzi tutto la gioia, questa gioia esigente ; non si apre essa attraverso le beatitudini ? “Beati, voi poveri, perché vostro è il Regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete”. Misteriosamente, il Cristo stesso, per sradicare dal cuore dell’uomo il peccato di presunzione e manifestare al Padre un’obbedienza integra e filiale, accetta di morire per mano di empi, di morire su di una croce. Ma …d’ora innanzi, Gesù è per sempre vivente nella gloria del Padre, ed è per questo che i discepoli furono stabiliti in una gioia inestinguibile nel vedere il Signore, la sera di Pasqua (Lc 24, 41). Ne deriva che, quaggiù, la gioia del Regno portato a compimento non può scaturire che dalla celebrazione congiunta della morte e della risurrezione del Signore. È il paradosso della condizione cristiana, che illumina singolarmente quello della condizione umana: né la prova né la sofferenza sono eliminate da questo mondo, ma esse acquistano un significato nuovo nella certezza di partecipare alla redenzione operata dal Signore, e di condividere la sua gloria. Per questo il cristiano, sottoposto alle difficoltà dell’esistenza comune, non è tuttavia ridotto a cercare la sua strada come a tastoni, né a vedere nella morte la fine delle proprie speranze. Come lo annunciava il profeta: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia” (Is 9, 1-2).

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C (Lc 5,1-11) 6 FEBBRAIO 2022

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 5,1-11)
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Prima di essere la pietra su cui Cristo avrebbe fondato la sua Chiesa, Pietro-Simone è stato colui che ha percorso per intero il cammino pieno di passione impulsiva ed insieme di incertezze verso il suo Signore. Egli è stato in questo modo colui che ha percorso, prima di noi, l’itinerario che a ciascuno di noi è chiesto di percorrere.
Simone era un pescatore: ciascuno ha il suo lavoro e a ciascuno può capitare di faticare nel buio di tante notti e di non prendere nulla.
Ma interviene quella Presenza che chiede di lavorare sulla sua parola, cioè di vivere la propria esistenza all’interno di quell’avvenimento potente che è Cristo Signore e allora il nostro lavoro e la nostra esistenza trovano una fecondità mai prima conosciuta. In questo stesso momento ciascuno di noi percepisce la propria distanza da quell’abbraccio misericordioso ed insieme la propria estrema vicinanza.
Non saremo chiamati a fare altre cose, ma a farle per un altro scopo. Così Pietro continuerà ad essere pescatore, ma da allora in poi sarà pescatore di uomini.

IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C (Lc 4,21-30) 30 Gennaio 2022

 

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 4,21-30)
In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Perché gli uomini rifiutano il profeta che parla in nome di Dio? Perché avvertono in lui un personaggio “scomodo”, che li sveglia dal loro quieto vivere e condanna le vie sbagliate che percorrono, invitandoli a cambiare vita e a mettersi sulla strada indicata dal vangelo e dal modello di Cristo.
A Nazaret rifiutano Gesù, perché chiedeva un cambiamento radicale di vita, di abitudini, di mentalità. Allora trovano tanti pretesti per sfuggire all’ammonimento del profeta.
Il mondo ha bisogno di profeti del vangelo. Oggi più di ieri. Anch’io sono invitato a essere profeta, cioè a testimoniare il vangelo con la vita e la parola, in tutte le situazioni di ogni giorno: famiglia, lavoro, scuola, letture, conversazioni, impegno di carità, attenzione all’uomo, ecc. Debbo chiedermi: chissà se la gente che mi avvicina riceve da me uno stimolo al bene?
Ma prima ancora mi pongo questa domanda: come accolgo Gesù, che ogni giorno m’invita alla conversione? I miei criteri di giudizio, di scelta, non entrano in crisi quando leggo il Vangelo? È una verifica che dovrei fare con serietà, nella preghiera. Altrimenti, a cosa serve dirsi cristiano, se poi rifiuto tante volte ogni giorno l’invito di Gesù alla conversione?

DIO E' AMORE

III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO O DELLA PAROLA DI DIO ANNO C

(Lc 1,1-4; 4,14-21)

Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 1,1-4; 4,14-21)
Gesù entrato nella sinagoga e si alzò a leggere.
E disse: Oggi si è compiuta questa Scrittura.
23 Gennaio 2022

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 1,1-4; 4,14-21)
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Parola del Signore.

RIFLESSIONI
La liturgia è intelligente. Al resoconto del discorso di Gesù alla gente del suo paese di Nazaret, antepone il prologo del Vangelo.
L’evangelista Luca intende essere uno storico perché vuole che i cristiani si rendano conto “della solidità degli insegnamenti” ricevuti e siano convinti dell’importanza decisiva per la storia di tutti gli uomini della vita di Gesù. Per questo soltanto lui pone all’inizio della narrazione del ministero pubblico di Gesù un discorso programmatico che precisi subito lo scopo che Gesù si prefigge.
È il “manifesto” di Gesù. Eccolo: egli opera con la potenza di Dio, difatti lo Spirito è su di lui.
La sua non sarà un’opera umana, meno che mai politica, ma la rivelazione del progetto di Dio. La sua missione è quella di accogliere misericordiosamente tutti gli uomini per liberarli. È il compimento della profezia di Isaia che Gesù si appropria.
A Nazaret, quel sabato, Gesù annunciò il tempo nuovo che non avrebbe più avuto per protagonista l’uomo, ma “Dio fatto uomo”.
La gente della sinagoga una cosa udì allora con chiarezza: l’inizio di “un anno della grazia del Signore”.
In sostanza il Vangelo dice: non sono gli ordinamenti umani a salvare l’umanità, sarà lo Spirito del Signore. In questa affermazione c’è, se si vuole, tanto pessimismo, purtroppo fin troppo documentato dalla storia; ma c’è anche, e più grande, tanta speranza, perché ci assicura che lo Spirito è su Gesù e, perciò, su tutti quelli che fanno comunione con Gesù.
E questo riguarda l’oggi: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi ascoltate”. L’oggi storico di Gesù diventa, per la forza dello Spirito, l’oggi liturgico della Chiesa, il nostro di ogni Messa.
La predica di Nazaret diventa oggi storia nostra. Se ascoltiamo!

BATTESIMO DEL SIGNORE ANNO C (LC 3,15-16.21-22) 9 GENNAIO 2022

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (LC 3,15-16.21-22)
In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Lo Spirito Santo giunge ad attestare in modo solenne la divinità di Gesù nel momento in cui ha compiuto, come un uomo qualsiasi, il gesto penitenziale, essendosi sottoposto al battesimo di Giovanni. Durante la sua vita terrena, Gesù non si mostrerà mai tanto grande come nell’umiltà dei gesti e delle parole. Importante lezione questa, per noi che vediamo le cose in modo tanto diverso. Seguire Cristo significa intraprendere questo cammino di umiltà, cioè di verità. Cristo, vero Dio e vero uomo, ci insegna la verità del nostro essere.
Feriti dal peccato, purificati dal battesimo, noi oscilliamo fra i due estremi, entrambi attraenti, del male e della santità. E questo si vive nella quotidianità più umile. Ad ogni passo possiamo scegliere Dio e il suo amore, o, viceversa, rifiutarlo.
Seguire le orme di Gesù, significa assicurarsi un cammino che, nonostante sia stretto e sassoso, conduce alla vita eterna, alla vera beatitudine.

EPIFANIA DEL SIGNORE ANNO C (Mt 2,1-12) 6 GENNAIO 2022

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 2,1-12)
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Siamo in cammino custodi della rivelazione del mistero di Dio
Andiamo al di là del ricordo e la tradizione
La solennità dell’Epifania rischia di essere vissuta da noi come il ricordo della scenetta dei re Magi che arrivano a Betlemme, guidati dalla stella cometa, e fecero un grande viaggio per adorare il bambino Gesù. Nei nostri presepi i bambini mettono le statuette dei Magi, viviamo una dolce emozione e poi tutto finisce li.
Come per il Natale con Babbo Natale, così la Befana viene a imporsi come un parallelo festivo alla solennità religiosa, con la gioia di tutti i bambini, che in Italia, ricevono la calza delle caramelle. Finita l’epifania, sono finite le feste natalizie, si consumeranno gli ultimi pandori e panettoni e si ritornerà al duro ritmo di vita di ogni giorno.
Andiamo oltre il ricordo e la tradizione! La parola “Epifania” significa “rivelazione”, “manifestazione”. Siamo qui per celebrare una misteriosa manifestazione, puntando il nostro sguardo al bambino Gesù.
Siamo in cammino e custodiamo i misteri più profondi della rivelazione di Dio nella nostra storia.
I magi rappresentano tutti i popoli stranieri, che non appartengono al popolo di Israele. Il popolo di Israele invece è rappresentato attraverso l’immagine della città di Gerusalemme. Gerusalemme è avvolta di luce e per questa luce tutti i popoli, immersi nelle tenebre, fanno una processione verso di essa.
Nel Vangelo Gerusalemme appare avvolta nelle tenebre di un turbamento: «Il re Erode, all’annuncio dei magi che cercavano il re dei Giudei che è nato, rimase turbato e con lui tutta Gerusalemme» I magi non appartengono al popolo di Israele, vengono da oriente. Noi ci identifichiamo in loro, perché non siamo del popolo di Israele. Rappresentano tutti i popoli e quindi anche noi.
L’apostolo Paolo ci aiuta ad andare più in profondità. Paolo parla di una misteriosa rivelazione (Epifania), non manifestata agli uomini delle precedenti generazioni, ma rivelata a tutti i cristiani (i santi) nel presente per mezzo dello Spirito Santo. In cosa consiste questa misteriosa rivelazione? «I pagani (gentili) sono chiamati in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo.
Guardando allora alla figura dei magi, ci domandiamo: chi siamo noi cristiani?
Siamo persone in cammino, in costante atteggiamento di ricerca e di conversione. Sentiamoci camminanti, pellegrini, ricercatori della verità come lo furono i magi! Non rinunciamo al nostro camminare, non accontentiamoci di quattro nozioni di catechismo, di una partecipazione tradizionale ai sacramenti, di un senso di appartenenza liquido nei confronti della nostra comunità, di una preghiera superficiale.
Siamo in cammino come i magi, custodi di due grandiosi misteri che sono simbolizzati nei tre doni: la mirra, l’incenso e l’oro. Li abbiamo ricevuti per tradizione, ma sono preziosissimi e li vogliamo offrire a Gesù in adorazione tutte le volte che veniamo in chiesa per celebrare l’Eucarestia. Si perché Maria, senza la figura di Giuseppe, nel Vangelo, rappresenta la Chiesa che genera oggi il Figlio al mondo.
Siamo custodi del mistero della morte, sepoltura e risurrezione di Gesù e del mistero della cristificazione di tutte le situazioni del mondo.
La mirra ci ricorda il mistero della morte di Gesù, perché quello era l’unguento usato per imbalsamare i morti e dare degna sepoltura ai corpi. Nel dono della mirra rendiamoci conto che siamo custodi del mistero della morte di Gesù.
L’incenso ci ricorda il profumo della risurrezione, il profumo del giardino dove sta la tomba vuota. Nel dono dell’incenso profumato rendiamoci conto che siamo custodi del mistero della risurrezione di Gesù.
L’oro ci ricorda la regalità del Cristo risorto, ci ricorda che tutto si ricapitola in Cristo, tutto è cristificato, tutto è stato creato per mezzo di Lui e in vista di Lui. La risurrezione di Gesù non è un ricordo, non è un far rinascere nel nostro cuore gli insegnamenti di Gesù per poi tentare di applicarli nella vita. La risurrezione di Gesù è reale. Gesù vive, è il signore della nostra storia e della storia dell’umanità, e noi viviamo per lui, con lui, in lui.
Siamo custodi del mistero della Santa Trinità che si rivela al mondo.
Attraverso la morte e risurrezione di Gesù, si svela tutta la grandezza del mistero della Santa Trinità. La mirra ci ricorda il mistero della morte di Gesù…
L’incenso ci ricorda anche la nube dello Spirito Santo che copre con la sua ombra la Vergine Maria e genera il Verbo di Dio nel suo grembo con tutta la sua potenza. La stessa potenza dello Spirito dà la vita eterna al corpo martirizzato di Gesù, che era stato messo nel sepolcro.
L’oro ci ricorda la gloria del Padre, che si rivela tutta nel mistero della venuta del Verbo di Dio fatto carne, morto e risorto per noi, e si riversa, con il dono dello Spirito Santo, nella vita di ciascuno di noi, perché la gloria di Dio sia anche l’uomo vivente, l’uomo riscattato e rispettato nella sua dignità di figlio amato del Padre.
Siamo coscienti di questa custodia?
Se il mistero della morte e risurrezione di Gesù non incide affatto nella nostra vita quotidiana, non siamo come i magi, non siamo più in ricerca, in cammino e non abbiamo nulla da offrire al Signore Gesù quando veniamo ad adorarlo.
Facciamo ancora fatica a comprendere che tutto è cristificato, che Gesù risorto è vivo e presente anche nelle situazioni di dolore, di sofferenza, di guerra, nelle disgrazie. Ma continuiamo a camminare e sperare che la luce risplenda all’orizzonte, quando siamo nelle tenebre e nei turbamenti della vita.
Se il mistero della Santa Trinità non ci attrae e non facciamo nulla per contemplarlo con la preghiera orante della Parola di Dio, non abbiamo nulla da offrire al Signore Gesù quando veniamo ad adorarlo. Facciamo ancora tanta fatica a comprendere che ogni essere umano è figlio amato del Padre, che la gloria di Dio è l’uomo vivente. Ma da questa comunione con il mistero della Trinità Santa che si rivela a noi per mezzo di Cristo, fondiamo tutte le nostre azioni di carità, di condivisione, di accoglienza, di rispetto dei poveri di questo mondo.

II DOMENICA DOPO NATALE ANNO C (Gv 1,1-18) 2 GENNAIO 2022

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 1,1-18)
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

L’evento dell’incarnazione del Verbo è la rivelazione perfetta e insuperabile del mistero di Dio. È nella “storia del Verbo” (san Bernardo) che l’uomo può vedere la gloria di Dio e così la vita eterna è già donata all’uomo, mentre ancora vive nel tempo.
Il disegno misterioso di Dio sull’umanità ora è pienamente svelato: a chi accoglie il Verbo fatto carne viene donato il potere di diventare figlio di Dio. L’uomo è chiamato a divenire partecipe della stessa filiazione divina del Verbo: ad essere nel Verbo Incarnato figlio del Padre. E il Padre genera nel Verbo Incarnato anche ogni uomo e in lui vede e ama ogni persona umana. È la suprema rivelazione della dignità di ogni persona umana, della singolare preziosità di ogni uomo.

MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO (Lc 2,16-21) 1 GENNAIO 2022

AVVENTO

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 2,16-21)
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Cristo, la Madre e il nostro tempo
Oggi principalmente si presta attenzione alla Festa di Capodanno e ci si scambia i voti augurali di bene, pace e prosperità. Il che se vogliamo non è impertinente con la Scrittura e con la liturgia: proprio la seconda Lettura di oggi tratta da un famoso brano di Paolo ai Galati esclama infatti che Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il proprio Figlio, nato da donna, nato sotto la legge… Gesù Bambino, che è il Figlio di Dio fatto uomo è di fatto l’eternità che entra nel tempo, l’ineffabilità di ciò che non è possibile enumerare che assume lo spazio di un numero. Egli è l’Universo metastorico che si sottomette a un periodo della nostra storia nel quale nasce. In Cristo Bambino Dio insomma decide di vivere il nostro stesso tempo, i nostri anni, percorrendo ogni tappa della nostra storia, affrontando tutte le difficoltà che sono proporzionate alle varie età. E’ vero che per Dio e per Cristo suo Verbo mille anni sono come il giorno di ieri che è passato (Sal 89, 4) perché a lui appartengono i secoli e il tempo, ma egli ha voluto esperire il trascorrere dei nostri anni, conoscendo anch’egli la fretta di quado si arriva in ritardo, l’insufficienza delle ore quando ci si impegna su lavori (o studi) da realizzare entro l’indomani, lo scorrere lento delle ore nei periodi di inerzia e di noia. Gesù ha rispettato come tutti le tappe necessarie per la crescita graduale dall’infanzia all’adolescenza alla vita adulta, senza precorrere i tempi ma sapendo attendere e dare tempo al tempo, sperimentando così anche l’impazienza di chi non vede l’ora.
Gesù ha vissuto il nostro tempo per qualificarlo e per darvi senso, per redimerci anche in ordine all’impiego delle nostre giornate: sprecare anche un solo minuto in frivolezze e banalità, vuol dire sottrarre quel minuto all’amore verso il prossimo. Oziare quando si potrebbe essere utili equivale a peccare di omissione. Riposare è doveroso e necessario per ritemprare le forze in vista della missione e del servizio verso gli altri, lo svago e il divertimento risollevano lo spirito e ci rimettono in marcia e proprio la vita stessa del Signore ci ragguaglia come sia possibile valorizzare il tempo anche nella quiete e nel ristoro. Più generalmente, Cristo è egli stesso il nostro tempo, è il nostro orientamento che si evince soprattutto nell’esclamazione Il tempo è compiuto; il regno di Dio è vicino.
Il capodanno ci ragguaglia del fatto che in Gesù Cristo l’eternità è entrata nel tempo e ha assunto tutti i nostri anni, perché ogni anno, anzi ogni nostro momento, possa essere per noi vita eterna. Ci suggerisce quindi di valorizzare ogni istante della nostra vita, di farne tesoro per noi stessi e per gli altri, considerando che in ogni caso siamo provvisori e che ogni giorno potrebbe anche essere l’ultimo…
Sempre Paolo ci ragguaglia del fatto che quando venne la pienezza del tempo Dio mandò il suo Figlio nato da donna, nato sotto la Legge. L’espressione in realtà non ha diretti intenti mariologici, si riferisce alla debolezza, alla fragilità e al carattere di mortalità che Egli ha voluto assumere entrano nella storia. Ciò nondimeno Dio che si faceva uomo nasceva pur sempre in un grembo femminile e quando in esso s’incarnava non cessava di essere Dio. Occorre quindi attribuire un particolare rilievo alla donna che nello Spirito Santo ha concepito il Verbo fatto carne: Maria. Proprio perché concepisce il Dio Bambino può a ben diritto chiamarsi Madre di Dio. Madre cioè del Dio che si fa uomo assumendo il nostro tempo. In questo periodo liturgico del Natale abbiamo considerato in primo luogo il fenomeno di Betlemme, della venuta nella carne di Cristo in un Bambino; di conseguenza la nostra attenzione si è concentrata sulla Famiglia di cui lo stesso Fanciullo è stato Istitutore; adesso si considera la figura della sola Maria, che già Elisabetta definiva Madre del mio Signore (Lc 1, 48). A mio giudizio non sarebbe fuori luogo che anche la figura del padre putativo Giuseppe venisse accostata alle celebrazioni liturgiche succitate, essendo anch’egli membro della Santa Famiglia e svolgendo in essa, sin dall’inizio un ruolo a dir poco fondamentale in ordine alla nascita di Gesù. Ciò che tuttavia merita adesso maggiore considerazione è per l’appunto la Madre attraverso la quale il Verbo diviene carne per abitare in mezzo a noi, che sarebbe inappropriato definire semplicemente Madre di Cristo (come avveniva per i Nestoriani e in un certo qual modo per i Docetisti), meritando ella molto di più in relazione a questo mistero della divina infanzia. Maria è inequivocabilmente Madre di Dio, perché Madre di Colui che da Figlio di Dio si rende Figlio dell’uomo. La sua maternità si estende anche a tutti coloro che sono figli nel Figlio, vale a dire tutti noi, che in questo anno sociale che Cristo decide di percorrere con noi, ci avvarremo della sua potente intercessione.
L’eternità entra nello spazio di un anno, perché ogni anno possa essere vita eterna per tutti.
Auguri di buon anno 2022 a tutti.

AVEMARIA

DOMENICA FRA L’OTTAVA DI NATALE SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE ANNO C (Lc 2,41-51) 26 DICEMBRE 2021

AVVENTO

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 2,41-51)
I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

L’inquietudine e l’incomprensione di Maria e di Giuseppe, nonostante la loro vicinanza a Gesù, nonostante che siano stati preparati da Dio al compito di accompagnare i primi passi della vita di Gesù, ci riportano a quello che è il nostro atteggiamento di fronte all’opera di Dio in noi e intorno a noi. Ogni essere è un mistero per quelli che lo circondano. La sofferenza che nasce da questa solitudine collettiva non trova pace se non nella fede.
Noi siamo vicini gli uni agli altri perché siamo tutti amati di un amore divino. L’amore che ci unisce, lungi dall’abolire il nostro essere diversi gli uni dagli altri, rafforza, anima e sviluppa quanto c’è di originale in noi. Ma solo una carità che venga da Dio può mettere nei nostri cuori una tale disposizione.
Maria e Giuseppe non hanno capito a fondo ciò che Gesù diceva o faceva. Ma hanno accettato, nella fede e per amore, di vederlo compiere la sua vita e adempiere alla sua missione, partecipandovi nell’oscurità della loro fede. Che lezione per noi! Quando non capiamo l’azione del nostro prossimo, perché supera le nostre capacità, dobbiamo saper amare senza capire: solo con un tale atteggiamento tutto diventa possibile.

NATALE DEL SIGNORE – DALLA MESSA DEL GIORNO – ANNO C (Gv 1,1-18) 25 Dicembre 2021

AVVENTO

 
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TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 1,1-18)
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

In principio, prima della creazione, era il Verbo, divino, dinamico e vivo. Era con Dio ed era Dio. Con queste tre brevi affermazioni, eccoci condotti al mistero stesso della Trinità. Ci è stato concesso di vedere che il Verbo divino ha origine nell’eternità di Dio, vive in un’unione particolare e ineffabile con Dio, è Dio stesso, uguale al Padre e non subordinato o inferiore. E questo Verbo, personale e trascendente, è sceso dalla sua dimora celeste perché Dio fosse presente, in carne ed ossa, sulla terra e per insegnarci a conoscere direttamente il Padre, che lui solo aveva visto. Perché il Verbo è da sempre e per sempre il Figlio Unigenito e prediletto di Dio. In Cristo si trovano unite la divinità e l’umanità. In Cristo vediamo la gloria di Dio brillare attraverso la sua umanità. Ma l’identità del Figlio col Padre è espressa nella dipendenza, nell’obbedienza completa rivelata nel sacrificio, nel dono totale di sé. Si intravede qui l’umiltà della Trinità, così come è manifestata nella carne mortale di Cristo.
Parlandoci del suo legame con il Padre, Gesù vuole attirarci a sé per fare di noi i suoi discepoli e figli di Dio. Vuole insegnarci che la nostra vita deve riflettere, nella condizione umana, la vita della Trinità, la vita di Dio stesso, se desideriamo ricevere i suoi doni apportatori di salvezza.

IV DOMENICA DI AVVENTO ANNO C (Lc 1,39-45) 19 DICEMBRE 2021

AVVENTO

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In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Oggi il vangelo ci rivela come si sono realizzati la venuta del Messia e il mistero della redenzione che essa contiene.
La persona di Maria, la sua fede, il suo “sì”, la sua maternità, sono le vie scelte da Dio per fare visita ai suoi e portare la salvezza a tutti gli uomini. Il centro dell’avvenimento evangelico di questo giorno si sviluppa, dunque, attorno a Maria: lei è la più profonda e più radicale via dell’Avvento. Si capisce la ragione della visita a sua cugina Elisabetta nel messaggio dell’angelo (Lc 1,36). Ella si dirige rapidamente verso il villaggio in Giudea, perché la grazia ricevuta da sua cugina Elisabetta, che diventerà mamma, la riempie di gioia. Il suo saluto ha un effetto meraviglioso su Elisabetta e sul bambino. Tutti e due si impregnano di Spirito Santo. Elisabetta sente il bambino sussultare dentro di sé, come fece tempo prima Davide davanti all’arca dell’Alleanza, durante il suo viaggio a Gerusalemme (2Sam 6,1-11). Maria è la nuova arca dell’Alleanza, davanti alla quale il bambino esprime la sua gioia. Dal bambino l’azione dello Spirito è trasmessa anche ad Elisabetta, cosa che la conduce a riconoscere la Madre del suo Signore. Sotto l’ispirazione dello Spirito, conosce il mistero del messaggio dell’angelo a sua cugina Maria, e la riconosce “felice” in ragione della fede con la quale ella l’ha ricevuto. La testimonianza di Elisabetta è la più antica testimonianza della venerazione della prima Chiesa per la Madre del Salvatore.

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III DOMENICA DI AVVENTO ANNO C – GAUDETE (Lc 3,10-18) 12 DICEMBRE 2021

AVVENTO

Questa domenica è chiamata «Gaudete» dall’inizio dell’introito della Messa, che viene tratto dalla Lettera di San Paolo ai Filippesi: «Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino» (4,4-6).

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 3,10-18)
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

L’annuncio profetico di Giovanni Battista trova un’eco in quelli che lo ascoltano. Vanno da lui per domandargli: “Cosa dobbiamo fare?”. Giovanni si rifà alla tradizione dei profeti e risponde che la condizione necessaria è il compimento del comandamento dell’amore del proprio prossimo, espressione reale dell’amore di Dio. Giovanni non esige la durezza della vita che egli conduce, non disapprova neanche le attività proprie ai laici che vanno verso di lui. Tuttavia, egli sa indicare a ognuno quello che deve convertire in se stesso, e come realizzare i propri doveri verso il prossimo, e nello stesso tempo indicare loro chiaramente dove risiedono l’ingiustizia e l’errore che devono essere superati.
Quando gli si domanda se egli è il Messia, Giovanni Battista risponde di no, e non accetta alcun legame alla sua persona, nessuna adesione personale qualunque essa sia. Con umiltà proclama che il Messia si trova sulla terra, che lui solo possiede il battesimo vero. Questo non si farà con l’acqua, ma con lo Spirito Santo e il fuoco, per tutti coloro che vorranno vivere la conversione completa. Solo il Messia potrà riunire il frumento e bruciare la paglia in un rogo, dettare il giudizio della misericordia. Giovanni non è neanche degno di slegare i suoi sandali; a lui, Giovanni, è stato solo chiesto di preparare il cammino del Signore.

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II DOMENICA DI AVVENTO ANNO C Lc 3,1-6. 5 DICEMBRE 2021

AVVENTO

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 3,1-6)
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:
«Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

La seconda domenica di Avvento presenta la figura di Giovanni Battista come segno della venuta della salvezza di Dio. La storia vive qui il suo culmine: il momento più atteso e più desiderato, il momento dell’annuncio del regno di Dio che comincia: il Messia sta per arrivare.
Nella tradizione dei grandi profeti dell’Antico Testamento, la parola di Dio è rivolta a Giovanni nel deserto. Giovanni – figlio di Zaccaria – diventa così profeta e precursore del Messia.
Malgrado le paure e il terrore che ispira, il deserto è, nella memoria religiosa del popolo di Israele, il luogo di riunione, dove Dio ha parlato al cuore del suo popolo, il luogo dove Dio è stato più che mai il pastore del suo gregge.
Del deserto Giovanni denuncia e ricorda l’identità religiosa più particolare del suo popolo: il Dio d’Israele è fedele al suo legame e mantiene le sue promesse di salvezza.
Convoca di nuovo i suoi nel deserto, per annunciare loro l’arrivo del Messia. Ma Dio si aspetta sempre dall’uomo un minimo di collaborazione ed esigerà da lui un battesimo di conversione, la purificazione dei suoi peccati, e lo sforzo di superare gli ostacoli che gli impediscono di vedere l’alba della salvezza.

13 CUORI

I DOMENICA DI AVVENTO ANNO C. (Lc 21,25-28.34-36) 28 NOVEMBRE 2021

 AVVENTO
AVVENTO

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 21,25-28.34-36)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Il Vangelo di Luca è indirizzato ai cristiani della sua epoca ma anche a quelli di tutti i tempi, che devono vivere nella fede del Signore in mezzo al mondo. Sono parole di consolazione e di speranza, di fronte alle tribolazioni e alle tristezze della vita.
Gli stessi avvenimenti che disorientano gli uomini saranno per i cristiani il segno che l’ora della salvezza si avvicina. Dietro tutte le peripezie, per quanto dolorose possano essere, essi potranno scoprire il Signore che annuncia la sua venuta, la sua redenzione, e l’inizio di una nuova era.
La venuta del Signore non è considerata come una cosa vicina nel tempo. I cristiani devono pensare che la storia duri a lungo, fino alla creazione definitiva del Regno di Dio. È necessario dunque che essi abbiano un’attitudine paziente di fronte alle avversità, e perseverante nel cammino che li conduce alla vita piena.
Così, il vangelo mette in guardia contro il pericolo di rilassarsi nel quotidiano. Bisogna restare vigili, in preghiera, e chiedere forza, perché ogni affanno terreno smussa i cuori, distrae il pensiero e impedisce di vivere, senza angoscia né sorpresa, l’attesa gioiosa del Signore che è misericordia e vita nuova.

XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL’UNIVERSO (Gv 18,33-37) 21 NOVEMBRE 2021

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 18,33-37)
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».

Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Per festeggiare Cristo, re dell’universo, la Chiesa non ci propone il racconto di una teofania splendente. Ma, al contrario, questa scena straziante della passione secondo san Giovanni, in cui Gesù umiliato e in catene compare davanti a Pilato, onnipotente rappresentante di un impero onnipotente. Scena straziante in cui l’accusato senza avvocato è a due giorni dal risuscitare nella gloria, e in cui il potente del momento è a due passi dallo sprofondare nell’oblio. Chi dei due è re? Quale dei due può rivendicare un potere reale (Gv 19,11)? Ancora una volta, secondo il modo di vedere umano, non si poteva che sbagliarsi. Ma poco importa. I giochi sono fatti. Ciò che conta è il dialogo di questi due uomini. Pilato non capisce niente, né dei Giudei, né di Gesù (Gv 18,35), né del senso profondo del dibattito (Gv 18,38). Quanto a Gesù, una sola cosa conta, ed è la verità (Gv 18,37). Durante tutta la sua vita ha servito la verità, ha reso testimonianza alla verità. La verità sul Padre, la verità sulla vita eterna, la verità sulla lotta che l’uomo deve condurre in questo mondo, la verità sulla vita e sulla morte. Tutti campi essenziali, in cui la menzogna e l’errore sono mortali. Ecco cos’è essere re dell’universo: entrare nella verità e renderle testimonianza (Gv 8,44-45). Tutti i discepoli di Gesù sono chiamati a condividere la sua regalità, se “ascoltano la sua voce” (Gv 18,37). È veramente re colui che la verità ha reso libero (Gv 8,32).

Sacro Cuore di Gesù

XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B (Mc 13,24-32) NOVEMBRE 2021

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 13,24-32)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Quando si chiede ad un bambino che cosa sia per lui la fine del mondo, risponde in termini di catastrofe e di annientamento, così come suggeriscono la bomba atomica e l’inquinamento. Ma quando si interroga Gesù sulla fine dei tempi, risponde in termini di pienezza e di ritorno. Egli afferma con forza che il Figlio dell’uomo ritornerà; non, come è già venuto, per annunciare il regno (Mc 1,15) e il tempo della misericordia (Gv 3,17), ma perché tutto si compia (1Cor 15,28). Allora ognuno troverà il proprio posto (1Cor 14,2-3) e otterrà la sua ricompensa in funzione delle proprie opere (Mt 16,27). La predicazione di Gesù è carica di questa preoccupazione: aprire gli occhi agli uomini sui segni premonitori di questa fine del mondo che non sarà una caduta nel nulla, ma un ingresso nella gloria. Ma ciò che resta e resterà nascosto, è la data di questo istante. Questo è un segreto del Padre. Egli non l’ha ancora svelato. Ecco perché la Parola (il Figlio) non lo sa. Il Padre non ha ancora espresso questo pensiero, per via della sua pazienza infinita e della sua bontà illimitata (2Pt 3,9). Inutile insistere (At 1,6-7) e chiedere: “Perché?”. Per il momento, questo non ci riguarda e non è nemmeno utile per noi saperlo. La sola cosa che conta è sapere che questo ritorno di Cristo ci sarà e che bisogna prepararsi ad esso, altrimenti ci si ritroverà irrimediabilmente esclusi dal Regno (Mt 25,11-12; Lc 13,25).

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XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B (Mc 12,38-44) 7 NOVEMBRE 2021

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 12,38-44)
In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Il Vangelo di oggi ci fa vedere come dobbiamo unire nella nostra vita di cristiani l’umiltà, la povertà, la carità. All’inizio il Signore ci mette in guardia contro la tentazione di cercare la stima degli uomini, come gli scribi, che perfino nel culto ne vanno in cerca: “Amano avere i primi seggi nelle sinagoghe, ostentano di fare lunghe preghiere” e non pensano che il vero culto a Dio è l’umiltà. Certo, non è un male desiderare la stima degli altri, è normale, però se il nostro agire è mosso solo dalla ricerca della stima non ne siamo più degni. Se amiamo “ricevere saluti nelle piazze, avere i primi posti nei banchetti”, siamo egoisti e superbi e nel rischio di “ricevere una condanna grave”: sono parole di Gesù.
La carità che piace a Dio è piena di umiltà, priva di ogni autocompiacimento. Dobbiamo stimare molto tutte le azioni nelle quali carità e umiltà sono unite, perché in esse la carità è custodita dall’umiltà e l’umiltà non è vuota, ma serve alla carità. In questa pagina della Scrittura vediamo con quale delicatezza il Signore fa l’elogio di questa donna povera e vedova, due attributi che nella società del tempo attiravano disprezzo. Io ricordo di aver ascoltato le lamentele di una vedova che, avendo fatto un’offerta modestissima perché era molto povera, era stata disprezzata ed era veramente desolata. Le raccontai questa scena del Vangelo, mostrandole che il Signore non misura le offerte secondo la quantità di denaro, ma secondo la generosità del cuore e guarda con maggior amore quelli che danno con umiltà, senza ricevere la ricompensa della stima altrui. Li stima di più di quelli che possono dare molto e ricevono una ricompensa immediata nella gratitudine, negli onori che si tributano ai ricchi generosi. E ricordo che questa donna fu veramente consolata, al pensiero di essere così ben capita dal Signore stesso. Due spiccioli di una povera vedova valgono di più davanti al Signore di una somma grandissima data da un ricco che nell’offrire non si priva di nulla: “Tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.
Questa è proprio l’elemosina che è “assai meglio che accumulare tesori, libera dalla morte, purifica dai peccati” perché e un atto di carità vera.
Chiediamo al Signore che nelle nostre azioni ci sia sempre l’unione della carità e dell’umiltà, perché esse siano sempre gradite ai suoi occhi.

Lunedì Della XXXI Settimana del Tempo Ordinario Anno B Tutti i Santi Mt 5,1-12. 1 Novembre 2021

 

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 5,1-12)
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Gesù sale sul monte, cioè entra nel cuore di Dio, nel cuore di Dio porta anche i suoi discepoli, dal cuore di Dio dona la nuova legge, le Beatitudini. Esse però sono per l’uomo più incomprensibili dei geroglifici dell’antica scrittura. Anche se una persona è riuscita a decifrare qualcosa di esse, la sua decriptazione non serve a nessuno. Vale solo per essa. Ogni altro ha bisogno della sua personale interpretazione e della sua attuale, momentanea, odierna traduzione. Nessuno può leggerle per un altro e neanche le può vivere come le ha vissute o comprese un altro.
Maestro capace di interpretare i geroglifici delle Beatitudini, che le può decriptare, tradurre, adattarle ad ogni anima è lo Spirito Santo. Lui viene, legge ogni beatitudine e con saggezza eterna indica ad ogni cuore come viverle nell’attualità del tempo, nelle mutate circostanze storiche, nella variabilità dei luoghi, nelle situazioni concrete in cui esso verrà a trovarsi. Ogni beatitudine ogni giorno dallo Spirito Santo va letta e ogni giorno applicata all’anima secondo perfetta attualità, nel rispetto della purissima volontà di Dio, dal cui cuore esse sono sgorgate.
Come unico è il cuore, unica la vita, unico il carisma, unica la persona, così unica sarà la lettura e l’applicazione che lo Spirito del Signore farà per ogni anima. La storia attesta che nessuno di quanti sono stati condotti, guidati, ammaestrati dallo Spirito di Dio ha vissuto le Beatitudini uguale ad un altro. Attesta altresì che anche quanti hanno deciso di seguire le orme tracciate dal loro maestro umano, questo o quell’altro santo, ognuno ha vissuto, vive e vivrà le beatitudini donando ad esse sempre una modalità personale. L’imitazione nella forma è solo per quanti non sono condotti e guidati dallo Spirito Santo. Non vi è alcuna ripetizione nella vita secondo le Beatitudini.
Il primo che ha decriptato le Beatitudini è stato lo stesso Gesù, con il Discorso della Montagna. Esso però non risolse il nostro problema della quotidiana decriptazione. Al negativo esso è chiaro. Quando però si tratta di superare la giustizia degli scribi e dei farisei, allora solo lo Spirito di Dio può farci da maestro. Nessuno potrà da solo leggere, spiegare, applicare alla sua vita questa nuova legge di Gesù Signore. Essa è troppo alta da essere consegnata allo spirito dell’uomo e alla sua intelligenza. Troppo profonda perché vi si possa immergere lo sguardo. Troppo divina per essere spiegata da un cuore umano. Noi siamo fatti di terra e per di più di terra di peccato. Sempre dovrà essere invocato lo Spirito Santo perché illumini gli occhi a vedere il visibile per noi. La personalizzazione delle Beatitudini è la sua opera perenne.
Le Beatitudini non proibiscono qualcosa perché non la si faccia. Manifestano invece un nuovo modo di essere. Si tratta di una modalità senza modalità, di un limite senza limite, di un’opera senza alcuna opera, perché è l’essere stesso che è chiamato a vivere, ad esprimersi, manifestarsi, rivelarsi in tutto il suo nuovo splendore. Quali opere deve compiere il povero in spirito, il mite, quelli che sono nel pianto? Le Beatitudini portano l’uomo dal mondo della carne a quello dello spirito, dal mondo dell’uomo al mondo di Dio, dalla terra lo portano nel cielo. La vita nuova delle Beatitudini è vita che inizia ma che mai potrà giungere ad un termine, perché il termine è infinito. Le Beatitudini ci chiedono di essere perfetti in tutto come Dio è perfetto e misericordioso.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci miti e umili come Gesù.

XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B (Mc 12,28-34) 31 OTTOBRE 2021

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B (Mc 10,17-30) 10 OTTOBRE 2021

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 12,28-34)
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio».
E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Bisogna considerare lo scriba del passo del Vangelo di Marco con grande benevolenza. Spesso Gesù accusa gli scribi di interessarsi più ai giochi di parole che non ai veri mali dei loro fratelli. Ma nulla di tutto ciò in questo brano. Ecco un uomo che cerca di conoscere. È un uomo alla ricerca di Dio, un uomo che vuole sapere come potere raggiungere Dio con sicurezza. Questo significa la sua domanda su quale sia il comandamento più importante. Gesù gli risponde in modo relativamente prevedibile, ma che va all’essenziale. Da tutta la Legge, ricava il solo comandamento che dà lo spirito della Legge stessa. Questo comandamento è divenuto una preghiera (Dt 6,4-5) che bisogna avere sempre nel proprio cuore, nella propria mente, nelle proprie mani e nella propria casa. Gesù vi aggiunge la necessità di metterlo in pratica, mediante quell’amore per il prossimo che permette a ciascuno di verificare se ama davvero Dio (1Gv 4,20). Lo scriba allora, felice di essere riconfortato nella propria fede, si felicita con Gesù. Ecco l’uomo che si complimenta con Dio, l’uomo che è contento di ritrovarsi in accordo con Dio. Non è commovente questo vecchio saggio che si complimenta con il giovane Rabbì, senza nemmeno sospettare che è con Dio stesso che si complimenta? Gesù ne è commosso. Accoglie con gioia l’osservazione di quest’uomo che è un vero credente, senza risparmio (Gv 1,47). Allora, gli apre il regno. Gesù risponde alle sue lodi con un’osservazione che ciascuno di noi vorrebbe sentirsi fare. Conferma lo scriba nella sua fede e, dandogli una garanzia come non ce ne sono altre, lo rassicura che non si sta sbagliando.

DIO E' AMORE

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B (Mc 10,46-52) 24 OTTOBRE 2021

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B (Mc 10,17-30) 10 OTTOBRE 2021

«Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!».

10,46-52 Mc

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 10,46-52)
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Ci sono anch’io sulla tua strada
«Bar-timeo»: figlio dell’onorevole
Abbiamo sentito pronunciare un nome: «Figlio di Timeo, Bartimeo» (Mc 10,46b).
È l’unica volta nei Vangeli che un povero, «cieco e mendicante, seduto sul ciglio della strada» (Mc 10,46c), al quale nessuno badava, viene presentato con un nome proprio.
Ma questo è un nome particolare, in quanto è la composizione di due parole, una aramaica, “bar”, che significa “figlio”, e l’altra greca, “Timeo”, che significa “onorevole”.
Due culture, quella ebraica e quella greca, sono comprese nello stesso nome, esplicitamente dichiarato (Bartimeo) e al tempo stesso ripetuto nel significato (figlio di Timeo). «Il figlio di Timeo, Bartimeo» può così rappresentare qualsiasi essere umano che, mediante il battesimo, diventa «uno in Cristo», poiché «non c’è più distinzione tra giudeo e greco, schiavo o libero, maschio o femmina» (cfr. Gal 3,26-28).
«Bartimeo» significa letteralmente “figlio dell’onorevole”, cioè il figlio di colui che è degno di essere onorato. Chi merita veramente di essere onorato se non Dio Padre unito al Figlio, nostro Signore Gesù Cristo, per l’azione della gratuità dell’amore che è lo Spirito Santo?
Nel nome «Bartimeo» è celata tutta la dignità della filiazione divina di ogni essere umano.
Tutti, senza distinzione, abbiamo già ricevuto gratuitamente il dono dello Spirito Santo che ci fa figli amati dal Padre, per Cristo, con Cristo e in Cristo.
Per noi cristiani solo il Padre unito al Signore Gesù Cristo nello Spirito Santo è “degno di onore”.
Dio Padre ci offre ogni giorno l’opportunità di incontrare, conoscere, amare e seguire Gesù che passa lungo la strada della nostra vita, così come passò per la strada dove si trovava il cieco e mendicante Bartimeo.
Quando incontriamo, conosciamo, amiamo e seguiamo Gesù, Dio Padre è molto felice, perché il modo migliore per onorarlo e glorificarlo è attraverso l’esperienza della nostra conversione.
Conversione significa passare dalla situazione di essere «seduto sul ciglio della strada», senza Gesù (Mc 10,46b) alla situazione di incontrare personalmente Gesù e decidere di «seguirlo lungo la strada» (Mc 10,52). A quel tempo, prima della morte e risurrezione di Gesù, il cieco e mendicante Bartimeo ebbe l’opportunità di incontrare fisicamente Gesù di Nazaret.
La conversione oggi avviene grazie al dono della comunità cristiana missionaria
Oggi, per ciascuno di noi, l’esperienza della conversione consiste nello scoprire che Gesù Cristo risorto, il Figlio del Padre, c’è sicuramente lungo il cammino della nostra esistenza.
Gesù Risorto parla al nostro cuore e ci dice: «Ci sono anch’io sulla tua strada!»
Gesù risorto passa in modo speciale quando siamo bloccati in una situazione di fragilità della nostra condizione umana o in una situazione di miseria materiale e spirituale e sembra che non possiamo uscire da questa realtà, non possiamo fare un passo andando “oltre” da dove ci troviamo, perché stiamo fermi.

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B (Mc 10,35-45) 17 OTTOBRE 2021

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B (Mc 10,17-30) 10 OTTOBRE 2021

 Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che Io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui Io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo»
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TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 10,32-45)
In quel tempo, 
si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che Tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che Io faccia per voi?». Gli risposero: Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che Io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui Io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che Io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui Io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’Uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Gesù reagisce vivamente di fronte alla minaccia che pesa ancora una volta sulla sua comunità a causa dell’ambizione sfrenata di avere i primi posti, di conquistare il potere. La sua lezione è molto severa, quasi solenne. Egli propone in compenso una nuova economia sociale: quella di una comunità senza potere la cui sola regola è servire, fino a offrire la propria vita per i fratelli, bevendo il calice fino all’ultima goccia. E per tutti i suoi membri, perché tutti sono fratelli. All’immagine del capo che comanda si oppone quella del capo che serve. Ed ecco che i capi avranno paradossalmente un solo compito: servire. Il suo prototipo è il Messia, diventato piuttosto il Figlio dell’uomo, schiavo di tutti gli schiavi, per il riscatto dei quali egli offre quello che possiede e quello che è: tutto. Egli ha appena formulato il suo progetto di comunità, la sua carta “costituzionale”, alla quale tutti i partecipanti devono aderire: ognuno è servitore di tutti.

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XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B (Mc 10,17-30) 10 OTTOBRE 2021

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B (Mc 10,17-30) 10 OTTOBRE 2021

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 10,17_30)
In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». « Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Quest’uomo sembrava avere tutto. Egli era ricco e, in più, obbediva ai comandamenti divini. Si è rivolto a Gesù perché voleva anche la vita eterna, che desiderava fosse come una assicurazione a lunga scadenza, come quella che si ottiene da una grande ricchezza. Gesù aveva già annunciato che per salvare la propria vita bisognava essere disposti a perderla, cioè che per seguirlo occorreva rinnegare se stessi e portare la propria croce (Mc 8,34-35).
L’uomo era sincero e si guadagnò uno sguardo pieno d’amore da parte di Gesù: “Una sola cosa ti manca, decisiva per te. Rinuncia a possedere, investi nel tesoro del cielo, e il tuo cuore sarà libero e potrà seguirmi”. Ma né lo sguardo né le parole di Gesù ebbero effetto. Quest’uomo, rattristato, certo, ha tuttavia preferito ritornare alla sicurezza che gli procurava la propria ricchezza. Non ha potuto o voluto capire che gli veniva offerto un bene incomparabilmente più prezioso e duraturo: l’amore di Cristo che comunica la pienezza di Dio (Ef 3,18-19). Paolo lo aveva capito bene quando scrisse: “Tutto ormai io reputo spazzatura, al fine di guadagnare Cristo… si tratta di conoscerlo e di provare la potenza della sua risurrezione…” (Fil 3,8-10).

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B (Mc 10,17-30) 10 OTTOBRE 2021

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B (Mc 10,2-16) 3 OTTOBRE 2021

Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 10,2-16)
In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Nel contesto della manifestazione del Figlio dell’uomo e dopo il secondo annuncio della passione, Marco espone – come complemento catechetico – l’insegnamento sulla indissolubilità del matrimonio, e i comportamenti richiesti per fare parte del regno di Dio.
Gesù cambia scena (Mc 10,1): va in Giudea. Espone con autorità messianica – non a un gruppo ma al popolo – l’indissolubilità del matrimonio come un principio universale. San Marco non entra nelle discussioni dei rabbini sulla legislazione del divorzio. Coglie con fedeltà le parole di Gesù, senza tener conto della clausola eccezionale trasmessa da (Mt 19,9). Marco, rivolgendosi a comunità di gentili, e andando al di là del mondo giudaico, ricorre alla Genesi (Gen 1,27 e 2,24): nell’unione indissolubile del matrimonio brillano, folgoranti, l’immagine e la somiglianza poste da Dio nell’uomo e nella donna. Gesù spiega e chiarisce la volontà del Creatore.
L’atteggiamento di Gesù con i bambini fa trasparire la fiducia con la quale bisogna ricevere Dio come Padre (Abbà), la protezione e la sicurezza della paternità divina. Alcune tradizioni patristiche hanno scoperto nell’atteggiamento di Gesù con i bambini un’allusione implicita al battesimo dei bambini.

AVEMARIA

XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B (Mc 9,38-43.45.47-48) 26 SETTEMBRE 2021

 

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 9,38-43.45.47-48)
In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.
Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

L’itinerario di Gesù verso Gerusalemme è un susseguirsi di insegnamenti e raccomandazioni; una specie di manuale catechetico, che serve da continuo confronto per la fede, ancora solo incipiente, dei discepoli.
L’interrogativo posto da uno di loro: “Abbiamo visto uno che scacciava i demoni… ma non era dei nostri” descrive bene il rigido schematismo dentro cui, loro come noi, vorremmo imprigionare la libertà dello Spirito, che soffia sempre dove e come vuole.
Non siamo noi cristiani i padroni della salvezza, donataci da Cristo. Sia pure avendo responsabilità e modalità diverse in seno alla Chiesa, noi cristiani abbiamo solo il compito di far incontrare, tra di noi e agli altri, con la nostra testimonianza, la nostra parola e le nostre opere, la persona di Cristo.
La consapevolezza della gratuità del dono di Cristo ci obbliga a valorizzare tutto ciò che, nel mondo, fa presagire e manifesta la sua presenza redentrice, perché Cristo, unico ad avere una risposta esauriente all’inquietudine presente nel cuore dell’uomo, può inviare lo Spirito Santo a illuminare il cuore di ogni persona.
Il nostro desiderio più profondo dovrebbe essere quello di Mosè, quando ha esclamato: “Fossero tutti profeti nel popolo di Dio e volesse il Signore dare loro il suo spirito!”.

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B (Mc 9,30-37) 19 SETTEMBRE 2021

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 9,30-37)
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Il santo battesimo ci ha inseriti nella morte del Signore, ci ha resi conformi al suo sacrificio. Questa è la radice della nostra esistenza cristiana, la sua sorgente profonda: il frutto deve essere l’umiltà, l’esistenza che ne sgorga deve essere un’esistenza donata nel servizio. È questo un punto centrale della vita cristiana. In essa, e dunque nella Chiesa, la logica delle “precedenze” è completamente rovesciata: il primo è colui che si fa il servo di tutti, come Gesù, il cui primato è stato posto dalla sua obbedienza ed immolazione sulla croce. La vera dignità è nella possibilità offerta all’uomo di imitare l’umiltà del Verbo Incarnato. Una conseguenza sconvolgente: il piccolo è il “sacramento” di Gesù e quindi in lui accogliamo il Padre.

DIO E' AMORE

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B (Mc 8,27-35) 12 SETTEMBRE 2021

Gesù per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro:
«Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo».

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 8,27-35)
In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Anche oggi si sentono le voci e i giudizi più contrastanti su Gesù: c’è chi lo ritiene un saggio, un generoso moralista, un protagonista della storia, e c’è anche chi lo calunnia, chi lo odia. Ma la sola, la vera identità di Gesù è quella proclamata da Pietro: “Tu sei il Cristo”. Se riduciamo la fede cristiana al chiuso di un orizzonte umano, per quanto nobile, siamo in errore: Cristo è venuto a portare la salvezza eterna, la speranza soprannaturale, non una dottrina per rendere più tollerabile la convivenza umana, anche se è interessato alla redenzione di tutte le realtà terrene, sempre in funzione della felicità eterna. Non basta riconoscere Gesù come Figlio di Dio: bisogna imitarlo in ciò che egli ha di più specifico, cioè nell’amore alla croce che non è il fine, ma il mezzo necessario per compiere la redenzione. Se vogliamo essere corredentori non possiamo rifuggire la croce, perché solo attraverso di essa, perdendo la nostra vita, la ritroveremo nell’eternità, partecipando alla risurrezione di Cristo.

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B (Mc 7,31-37) 5 SETTEMBRE 2021

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 7,31-37)
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Un sordomuto. Assomiglia molto a noi, quando siamo nel peccato.
Possiamo avere accanto Dio, che ci sussurra le parole più dolci e imperiose. Non lo sentiamo. Possiamo aver vicino le persone più acute e più buone, che desiderano aiutarci. Non prestiamo attenzione. O passiamo davanti a chi ha bisogno di un conforto, di una speranza. È come se fossimo soli al mondo, chiusi nel nostro egoismo.
Ma se il sacramento di Cristo ci raggiunge… Può essere la Chiesa che battezza o ci offre il perdono a nome del Signore Gesù. Le dita, la saliva, l'”apriti” possono essere l’acqua o la mano benedicente che si leva su di noi: “Io ti battezzo”; “Io ti assolvo”.
Allora avviene nuovamente il “miracolo”.
Diventiamo capaci, per grazia, di udire le consolazioni e i suggerimenti e gli imperativi di Dio. Diventiamo capaci di rispondergli con la preghiera e con la vita.
E il prossimo è colui che dev’essere ascoltato e confortato. Nasce la fraternità.
Se ci lasciamo salvare dal Signore. Se aderiamo a lui con tutte le forze.

fiori29